di Gianluca Virgilio
(Continuazione)
1 febbraio 1998
Oggi attendiamo ospiti a pranzo e, in cucina, c’è un gran da fare. Ornella e nonna Giovanna si adoperano per non fare brutta figura a tavola. Giulia vede, come al solito, un cartone animato, e io ho la possibilità di scrivere la mia paginetta di diario, prima dell’arrivo degli ospiti. Sono le ore 9.00 ed è una splendida mattinata invernale, ancora una volta freddissima (temperatura -3), ma piena di luce e di sole.
***
Ieri sera, influenzato dal romanzo della Ortese che sto leggendo, chiedevo a Ornella che cosa pensa che sia la felicità, e lei mi ha risposto che la felicità è fatta di attimi inspiegabili nei quali ci si sente bene, e si è appunto felici. Io all’opposto le ho detto che per me la felicità è retrospettiva, e nasce dalla considerazione del tempo passato in cui si è stati bene, e dal fatto che per questo ci si sente contenti, malgrado i contrasti quotidiani e le dispute passeggere che non lasciano tracce sensibili nella nostra vita. In verità, quei momenti di cui parlava Ornella possono ben coincidere con le circostanza in cui avvengono i miei recuperi memoriali, e quindi io differirei da Ornella solo perché ho bisogno di una prospettiva di lunga durata per considerare la mia felicità (ma ciò vale anche per l’infelicità), mentre Ornella coglie, per così dire, l’attimo, è più istintiva di me. Ciò spiegherebbe anche perché Ornella soffre di improvvise crisi depressive, in cui le pare che tutto il mondo le crolli sul capo, senza possibilità di scampo; e sono crisi improvvise, proprio come i suoi momenti di felicità, mentre io riesco a trasformare i miei momenti di malinconia in occasioni poetiche, il che vuol dire che ne allargo la portata a considerazioni generali sull’esistenza.