Alle origini dell’industria pubblica nel Mezzogiorno

di Guglielmo Forges Davanzati

Il Dizionario Italiano De Mauro definisce luogo comune una “affermazione banale e diffusa, frase fatta”. Il luogo comune nasce da un pregiudizio, ovvero da un giudizio formulato prima di e indipendentemente dall’acquisizione di informazioni su una persona o su un evento. La discriminazione, razziale e di genere, è tipicamente una manifestazione di pregiudizio. Il pregiudizio è nemico dell’efficienza perché porta a distribuire risorse secondo valutazioni che prescindono dal contributo effettivo che un individuo dà alla produzione, valutandolo sulla base di caratteristiche extra-economiche (razziali, sessuali). Lo storico israeliano Yuval Noah Harari – nel suo 21 lezioni per il XXI secolo del 2018 – ha correttamente osservato che “non esiste soluzione al problema dei pregiudizi umani che non sia la conoscenza”.

La questione delle cosiddette cattedrali del deserto (i “white elephants” per la pubblicistica inglese del periodo), secondo la definizione che ne diede Luigi Sturzo nel 1958 per denotare grandi e costose imprese finanziate dallo Stato in zone inadatte a ospitarle (Ilva di Taranto, le raffinerie ANIC a Gela e Valle del Basento e l’impianto chimico Montecatini a Brindisi, quelle principali) negli anni dell’intervento straordinario, avviato nei primi anni Cinquanta e definitivamente cessato nel decennio Novanta, si può far rientrare nel novero dei tanti luoghi comuni che riguardano le vicende economiche in generale e italiane in particolare. Rileggere con il dovuto approfondimento la Storia di quegli interventi e delle idee economiche che li produssero è fondamentale per comprendere gli errori di politica economica che si stanno commettendo in Italia e nel Mezzogiorno da molti decenni.

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