di Gianluca Virgilio
(Continuazione)
1 gennaio 1998
Eccomi dunque in un nuovo anno, col rinnovato proposito di continuare la stesura di questo diario, di cui ho sentito la mancanza (vedi un po’ dove si rivela la forza dell’abitudine) a Galatina. E ciò è tanto vero che in realtà non me ne sono astenuto che parzialmente, poiché ho scritto alcuni pensieri in forma aforistica che ora riporto, prima di dire, per sommi capi, che cosa mi è accaduto in questi giorni.
La poesia è paga delle sue parole. Non presenta argomenti e non li richiede. Intelligenti pauca.
La poesia può assumere le più diverse forme, le più inconsuete. Si pensi all’enciclopedico poema dantesco o a quell’antisonetto leopardiano dal titolo l’Infinito.
Che la morte sia una livella, è vero nella misura in cui tutti si è uguali dinanzi alla morte. Ma si vada in un cimitero e si consideri come l’ordine delle tombe, la loro grandezza e proporzione, e la cura di esse, rispecchino fedelmente la gerarchia sociale. Osservazione da me fatta nel cimitero di Galatina.
Rifletto sul mio desiderio di raccogliere libri nella mia bibliotechina della casa paterna di Galatina: una strana risposta alla precarietà della mia vita.