A chiare lettere. Un dialogo tra scienza e umanesimo. Carteggio Ferdinando Boero – Angelo Semeraro (14 febbraio 2006 – 14 febbraio 2008) 8.

«Se non potete astenervi dal tirarvi le cicche fino alla punta delle dita, come potete illudervi di fare una rivoluzione?!…» ci rampognava il pedagogista ergo moralista Manacorda. Lucio Lombardo Radice era invece più pacione: si subiva la sua porzione di fumo passivo senza batter ciglio. Un tipo un po’ alla Napolitano, che pure conobbi quando nel 1964 ci riunì a Napoli per un seminario sulla riforma universitaria di cui ricordo ancora il tema: didattica e territorio (ahimé, mi fai ricordare che sono proprio vecchio). Le rampogne erano tutte contro Mussi, allora figiciotto rampante delle Frattocchie, che ammorbava l’angusta stanza delle riunioni con le fetentissime “nazionali” senza filtro. Lucio, un comunista pacifista e tollerante, cognato di Ingrao, mancò prematuramente in uno dei suoi faticosi viaggi nell’est dell’Europa. Poco più che trentenne, all’epoca frequentavo la bella gioventù comunista romana ordinando le carte di politica scolastica del pci per l’archivio del Gramsci. Ricordo l’emozione e l’orgoglio di quel numero di RdC su scuola e mezzogiorno che Lucio volle affidarmi. Ricordo il suo stupendo pastore maremmano nella casa dove mi invitò a colazione per parlare del numero. Ho ancora le sue lettere d’incoraggiamento: gli inviti a Capalbio che per mio naturale riserbo glissai. Ma basta così: i ricordi immalinconiscono!    

Di scuola Mussi ha certamente competenza, mentre di università credo abbia solo ricordo della Normale dove incontrò D’Alema, di un anno più avanti. Ma è un combattente, e potrebbe far bene. E poi, non gli hanno messo Modica al fianco? Ci vorrebbe poco del resto, rispetto alle cose non fatte o fatte male di quest’ultimo quinquennio. Politicamente ora se ne sta nel correntone, dunque sbilanciato un po’ più a sinistra (se i punti cardinali hanno ancora un senso nella geografia politica).

Quanto al nostro carteggio, caro Nando, bisognerebbe ora fermarsi e magari rileggerselo un po’ quest’estate, quando ci daremo un po’ di tregua. Aprirlo a un forum? Ma in questo momento io non ho che il mio fòro interiore. Le ultime vicende del c.d. “rilancio” di scienzecom. mi fanno un po’ ridere e un po’ piangere. Tutto quello che si è fatto mi sembra fortemente compromesso. Lo avevo messo in conto, conoscendo l’ambiente e gli uomini che ci rappresentano, ma non potevo fare diversamente per dignità personale e credibilità dell’istituzione stessa agli occhi innanzitutto dei suoi studenti.

Ora ti lascio. E’ l’ora del Posto al sole. Ti è mai capitato di vederne qualche puntata? Affronta e risolve con media saggezza tanti problemi delle belle famiglie italiane.

a.

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 19.05.06

No, non guardo le fiction, caro Angelo. Sono un teledipendente, ma mi piacciono solo le news e i film, oltre ai documentari storici di Minoli e alla mia trasmissione preferita, TV talk, tutti i sabato mattina dalle 7.30 alle nove, sul 3, ovviamente. La qualità delle immagini nelle fiction, e la recitazione, me le fanno apparire insopportabilmente fasulle. Teatrali. L’attore di teatro è enfatico. Lo guardano da grande distanza, e quel che fa deve essere apprezzabile anche da chi sta in ultima fila. Al cinema, invece, ci si può avvicinare con la macchina da presa. Ci sono le sfumature. Il teatro mi è sempre parso fasullo. Anche se hai davanti delle persone vere, mentre il cinema, anche se è su uno schermo, e quindi è fasullo, mi sembra molto più vero. Con le fiction l’effetto fasullo è doppio. C’è lo schermo e sono fasulli. Ma i miei rigetti sono istantanei, ho visto qualche frammento di una o due fiction, e poi basta. Magari qualcuna è diversa da come le vedo io, catalogandole universalmente in una categoria che non sopporto. Ciò non toglie che i messaggi veicolati possano essere validissimi.

Mi piacerebbe poter parlare con Mussi. Non per perorare una causa personale. Negli anni scorsi i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale sono stati gestiti in modo mafioso. I fondi destinati alla biologia sono stati saccheggiati dai medici, che pure hanno la loro area. Pensa che su 14 milioni di euro destinati all’area biologica, 4 sono andati a progetti di medicina. Biodiversità e ambiente hanno avuto solo seicentomila euro. Dato che sono un barricadero, e sono nel consiglio direttivo di due società scientifiche, ho scritto una lettera dove si documentano tutte queste malefatte (con allegati dimostrativi) e l’ho fatta firmare dai presidenti di sette società scientifiche. E’ stata la prima volta che quelle società han fatto qualcosa assieme. Ci hanno risposto che avevamo ragione e il risultato è che nella nuova commissione dei garanti (nominata subito prima dell’insediamento del nuovo governo) la biologia è garantita, si fa per dire, da un…. patologo clinico. La volpe a guardia del pollaio.

A questo punto si tratta di fare due scelte. O andare da Mussi o andare dalla magistratura, o tutt’e due. Ma se fossero i politici a risolvere questo problema sarebbe meglio. Il buon Mussi, ovviamente, sarà in tutt’altre faccende affaccendato, anche se qui stiamo parlando del Rilevante Interesse Nazionale, come direbbe Bush.

Mi hai raccontato la tua storia, sui “potenti” locali. E’ una cosa molto comune. Le persone autonome e dal carattere forte trovano molte difficoltà, indipendentemente dalla bontà delle loro proposte. E’ anche la mia storia. Bisogna, lo dico prima di tutto a me stesso, riuscire a praticare l’arte del compromesso. Mi suonano strane queste parole, dette da me. Ma con l’andar del tempo mi rendo conto che bisogna cedere ogni tanto. Ogni tanto bisogna andare indietro per andare avanti. Io ho il difetto di dire sempre quello che penso, e mi sto facendo violenza per non farlo sempre. Sto incontrando queste difficoltà nel network europeo di eccellenza, in cui mi han messo a livello europeo. Mi rendo conto di essere tollerato dai più. Perchè sono un criticone. E vedo persone mediocri, ma accomodanti, che sono molto più ascoltate di me. Alla fine non è quel che dico che indispettisce, ma il modo in cui lo dico. E’ il mio modo, e mi viene da dire che non posso farci niente. Ma invece no. DEVO farci qualcosa. Mi succede la stessa cosa in dipartimento. Alla fine vado più d’accordo con chi mi è lontano per campo di interessi (come con te o con i miei compagni d’avventura dell’ISUFI) che non con quelli che hanno i miei interessi diretti. Che significa tutto questo? Mah! c’è una linea sottile tra essere tolleranti e aperti alle mediazioni e lo scendere a compromessi totali, rinunciando alle proprie convinzioni. Spesso si parte con la prima attitudine e si finisce con la seconda.

E ora ti saluto

n.

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 20.05.06

Caro Nando.

A Mussi potresti semplicemente scrivergli. Se non è cambiato in tutti questi anni potresti perfino attenderti una risposta. Ma non ci giurerei.

Trovo saggi i tuoi consigli sul come stare nelle nostre amate istituzioni. Capisco le difficoltà a tenere sempre una linea di coerenza. Per quanto mi riguarda, da alcuni mesi non partecipo più alla vita della facoltà, del dipartimento e del cdl. Lo so, è una cosa sbagliata e per te inconcepibile. Ma mi fa stare meglio. Le c.d. mediazioni le ho fatte finché ho potuto, e mai per cose mie ma per interessi più larghi. Ma quelli, adusi a mascherare per generale il particulare loro, non ti capiscono. Quanto sarebbe stato più facile fare un po’ di anticamera. Così fan tutti… Farsi dare un po’ di badget, farsi finanziare l’osservatorio interdipartimentale sulle infanzie e le adolescenze che per sette anni ho portato avanti senza mai chieder nulla e che neppure compare tra le attività dell’ateneo. Non mi sarebbe stato negato. Come non mi sarebbe stato negato qualcosa in più per questo nostro corso se mi fossi messo in linea. Perciò non ero la persona giusta. Né passacarte, né complice di una gestione corrotta. A cena con Scalfari al circolo cittadino non ci sono andato. Me ne sono poi scusato con lui e mi auguro che abbia capito le mie ragioni. Se poi non le capite, pazienza. Sai tu cos’è stato, cos’è, quel circolo? Sai da chi è frequentato?  Qualcosa io so. Non è questione di duri e puri, ma non so farmi violenza fino a quel punto. Non so indossare il mascherone sussiegoso delle circostanze. Perciò avanti quelli più capaci: la corte dei miracoli dei faccendieri. Questo è stato il tempo per loro più propizio.

Spero, mi auguro, ho fiducia che qualcosa possa cambiare, perché la devastazione delle istituzioni ha ben individuabili ceti e soggetti. I furbetti del quartierino hanno avuto il via libera ovunque e si sono moltiplicati come ratti in poco più di un lustro. Se cambierà qualcosa è perché non tutti siamo andati a cena con i grembiulini di ogni loggia. E comunque, ora voglio godermi il tempo della cura di sé (ossia di me), che vado insegnando. Cura sui vuol dire rispetto per se stessi, per la propria dignità. Quella non si baratta, a nessun prezzo. E la dignità non s’insegna coi precetti ma col comportamento. Quelli invece vogliono che diventi come loro: ti dicono alle spalle che sei un fesso se non riesci a barattare un posto per tuo figlio in cambio di protezione nei concorsi blindati per l’amante di turno o per qualche famiglio più tonto.

No, caro Nando, noi dobbiamo resistere. Rispettando noi stessi rispettiamo sopratutto i più indifesi, i capaci e meritevoli, come sta scritto nella Carta. Non so se tu ti presti al malcostume delle raccomandazioni. Io l’ho stroncato sul nascere affiggendo in bacheca una lettera di Omodeo rivolta agli insegnanti del 1944. E nessuno più osa farlo.

Ma ora passiamo ad altro perché non voglio confezionarti il mio santino. Ho un caratteraccio, su questo hanno ragione. Del resto se hai carattere, in questo paese, se non assecondi l’andazzo, ti fai presto il vuoto attorno. Ma il caratteraccio chissà perché mi vien fuori d’istinto solo con i furbi e i prepotenti: quelli che tolgono qualcosa agli altri che lavorano in silenzio e onestamente. Lo vedi anche tra i nostri studenti, oltre che tra i colleghi.

Comunque, per passare ad altro, dovresti vederti almeno per una settimana di fila “il posto al sole”. E’ un buon prodotto del sud. Lo produce la rete rai di Napoli con attori professionisti e molti giovani che ruotano e si avvicendano. Se hai perso le 2000 e passa puntate precedenti non importa: ti ambienti presto e capisci al volo cos’è potuto succedere negli ultimi cinque, sei anni di produzione. E ogni tanto senti Eduardo dietro maschere più recenti. Io ho dei trascorsi napoletani, non solo per una breve parentesi d’insegnamento all’Orientale, ma perché vi feci gli studi ginnasiali e liceali dai frati della Bruna. Salivo sul campanile svettante del Carmine che si affacciava sulla piazza di Masaniello e dei martiri dell’89 per leggermi in santa pace i classici bur, che non di rado i solerti Padri mi sequestravano. L’ars amandi di Ovidio finì perfino al rogo. Comunque, potresti rimanere contagiato facilmente anche tu dal “posto al sole”. E’ un prodotto che gronda buon senso educativo. E’ un gran bene, credimi, se il buon senso riesce a soverchiare qualche volta il senso comune. Così la pensava Manzoni (il buon senso c’era, ma se ne stava acquattato, per timore del senso comune).

Ed è un bene pure che rai3 lo conservi da molti anni in prima serata (dalle 20.30 alle 21) per nutrire di buon senso i comportamenti delle famiglie italiane. Tra tanta cagnara è un piccolo pharmakon salutare. Pensa che non di rado onestà e virtù civiche riescono perfino a spuntarla.

A presto

a.

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 22.05.06

Caro Angelo

lo so, non è cosa semplice vivere in un paese che ha iniziato con il diritto romano e è finito col diritto berlusconiano. Dove le regole si fanno e si disfanno a seconda delle necessità dei potenti. Ma è giusto quel che dici. E noi siamo fortunati. Un tempo si perdeva il posto se non si giurava fedeltà, ora tutt’al più, a noi possono isolarci. Ma il posto al sole non ce lo leva nessuno. Tutt’altra vita fanno i giovani che non si sanno districare nei meccanismi, che pensano che basti esser bravi per farsi strada. Stiamo perdendo una generazione, forse più. Ma basta studiare un po’ di ecologia per capirlo. Ormai abbiamo raggiunto un livello di numerosità che rende le nostre popolazioni densità-dipendenti. Un modo astruso per dire che siamo troppi e che per far posto a uno, un altro si deve fare da parte. E’ il momento della capacità portante, dell’equilibrio. Quando il numero massimo di individui con determinate caratteristiche è stato raggiunto, e il sistema non ne può contenere di più. Prima della capacità portante c’è la crescita numerica, poi la curva si stabilizza. Ci han fatto credere che l’equilibrio sia una cosa buona,  in effetti non lo è. E gli economisti, infatti, lo temono. Se la curva non cresce dicono che c’è la recessione. No, c’è l’equilibrio. 

E non è possibile che la curva cresca all’infinito. Noi abbiamo avuto  fortuna. Siamo entrati nel sistema quando la curva cresceva. Ora non più. La nostra generazione ha saturato le possibilità del sistema. Ci saranno altri ingressi quando ci saremo tolti di mezzo. In natura funziona così, e poi Marx (che non ho mai letto) diceva così: crisi ricorrenti, alti e bassi. Miracoli economici e depressioni. Avviene lo stesso nelle popolazioni naturali. Ci sono le specie di grande successo, e quelle che si estinguono. E i grandi successi, poi, sono sempre finiti con le estinzioni. E le estinzioni sono state il motore di nuove speciazioni. In natura ci vogliono milioni di anni, per noi  basta meno. Ma i meccanismi sono gli stessi. Io, se non avessi una figlia, sarei tranquillo. Cazzi loro. Ma ho una figlia. Forse la scamperà, perché si ritroverà ad accedere al mondo del lavoro quando i figli del baby boom saranno in tensione, e si  libererà un mare di posti. Vedremo. Ma può anche succedere che il sistema crolli. Non ci possiamo fare niente. Possiamo solo fare quel che ci pare giusto, e fare al meglio il nostro dovere. Cercando di divertirci nel farlo. Per dire come me la passo, ti devo confessare che ho preso a cuore molte cause personali. Un mio ricercatore è diventato associato e poi ordinario con il mio aiuto. Se lo merita, ma senza l’aiuto non gli avrebbero dato quel che merita. Un mio ricercatore è diventato associato nello stesso modo. Entrambi con concorsi esterni. Ho ancora altri a cui devo tirare la volata, due bravissimi ricercatori, e due bravissimi associati (compreso quello che da ricercatore è diventato associato). Per far questo devo tenere rapporti con gli altri ordinari, sono nei consigli direttivi delle società di zoologia e di ecologia, mi “do da fare”. Loro, i miei colleghi-collaboratori, si divertono a fare ricerca, io cerco i soldi e le opportunità di carriera. Il risultato di quel che faccio mi piace molto. Il farlo non mi piace moltissimo, mi divertivo di più quando ero ricercatore, e facevo tutto io. Però, da solo, non sarei riuscito a fare tutto quello che il gruppo ha combinato, e che io “vedevo e vedo” come necessario. Per raggiungere questi obiettivi (che ci hanno portato ad essere inseriti nel network europeo di eccellenza su biodiversità e funzionamento degli ecosistemi) ho dovuto scendere a qualche compromesso. Non da galera, ma comunque ho fatto cose che non mi convincevano pienamente ma che andavano fatte per raggiungere obiettivi che mi piacevano moltissimo. Il compromesso è un’arte che pratico con estrema riluttanza, anche perchè so che se si intraprende quella strada diventa difficile non continuare a seguirla. Mah! vedremo. quanto al Manzoni, non condivido l’entusiasmo italico per il nostro. Al liceo ho scritto un tema sul concetto di provvidenza del Manzoni, e ho detto che trovavo strano che i problemi di Renzo e Lucia siano stati risolti dalla peste che uccide tutti i cattivi. Di solito non succede così. Quando c’è la peste i ricchi e cattivi si ritirano nel castello  e i poveracci, fuori, schiattano. Come ci insegna Boccaccio, se ben ricordo. Bocciato alla maturità! e tutti i poveretti che sono morti di peste? Che devono dire loro della provvidenza? a quei tempi avevo scoperto gli americani, Hemingway, Steinbeck, e poi Kerouac e altri così. Con loro mi sentivo a casa, mi piacevano. Ma nella scuola non entravano. C’era Manzoni. Io non lo potevo soffrire. Poi ho scoperto che esiste Shakespeare, e Tolstoj, e Dickens, e Cervantes. E noi giù con Pascoli, Carducci e Manzoni. A me piacevano i futuristi (anche se fascisti). Forse l’unica cosa originale che abbiamo fatto in questi due secoli. Gli ermetici? Ma ci sono gli haiku giapponesi. Quando li ho scoperti mi sono sentito truffato: è come ascoltare Zucchero Fornaciari e non sapere chi sia Wilson Pickett.

Ma ora vado a lavorare

n.

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 22.05.06

Eh no!, caro Nando, questa si chiama eterogenesi dei fini, che in nome dell’evoluzione, e delle sue leggi dure e ineluttabili, si oppone a tutte le altre buone ragioni del Sapiens, precipitando nel darwinismo sociale, che – aggiornato al “come siamo diventati ciò che siamo” – significa promuovere sul campo tutti i furbi e i protetti, a danno di un’altra direzione che potrebbe assumere l’umanità, o – se vuoi –  la selezione stessa della Specie Sapiente. In altre parti del nostro carteggio hai sostenuto, e io con te, l’importanza dell’istruzione, del merito. Ma che futuro diamo a quelli che in cambio di una manciata di euro di tasse, promettiamo lauree a 110 e lode per tutti, a basso profilo di studi? Così non si migliora la società e nel mezzogiorno si pietrifica lo stato di dipendenza e subalternità. Mi pare che molti si siano già aduggiati a questo stato di cose, e mi dispiace se anche tu te ne vai da quella parte. Così la vedo io.

a.

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 23.05.06

Caro Angelo,

io potrei fare qualcosa sul significato della teoria dell’evoluzione nella cultura (del tutto nuovo il pensiero evoluzionistico, quando fu proposto da Lamarck e poi da Darwin, non trovi?) e poi parlare un po’ di come le novità possano insorgere e affermarsi nei sistemi biologici. Se questo ti pare un buon tema, mi metto all’opera e te lo consegno in men che non si dica. Mi piace scrivere. E mi piace che mi si assegnino temi da sviluppare, mi fa sentire a scuola. Ho letto Saturday. del tuo McEwan. Bello, ma… se non avessi letto Cani Neri mi sarebbe piaciuto di più. Anche qui il protagonista ha una moglie e ha grandi rapporti con i suoceri, e questi hanno una casa in Francia. Il trucchetto è bello una volta, ma non si può ripetere. E’ subito logoro. Poi ci sono ripetizioni forzate. Per definire il viso della figlia del protagonista il buon Mc usa l’aggettivo elfin. Elfica credo sia la traduzione italiana. Ora, dire che un viso è elfico va bene. Ma non puoi ripetere dopo venti pagine che il viso è elfico. E’ come dire continuamente che tu hai i baffi. Si dice una volta  e basta. E poi c’è la situazione intricata che si risolve con un guizzo, sia in saturday che in cani neri. Non è che il buon Mc ha un modulo e lo applica continuamente cambiando un po’ gli ingredienti? Che poi è anche la tecnica di Crichton. Jurassic Park è bellissimo. Ma poi leggi Congo, Sfera, etc. etc. e sono tutti uguali.

Lo stesso vale con la musica. I Rolling Stones sono bravissimi, ma le canzoni sono tutte uguali. A me piace Zappa perché, pur essendo il suo stile riconoscibilissimo, non c’è una musica zappiana che sia uguale all’altra. Sorprende sempre. Non dico che la sorpresa sia sempre bella, a volte non piace. Ma non si ripete mai, non diventa mai logoro. E alla fine scopri che anche quel che non ti piaceva…ti piace. una volta entrato. Perché anche noi amiamo rassicurarci, ritrovare quel che già sappiamo, avere conferme. Le novità ci danno  fastidio. Ecco, potrei anche parlare di questo, nel “del tutto nuovo”. A noi piacciono le regolarità, gli equilibri. Ci piace che tutto resti come è, e ci piacciono le conferme. McEwan prende spunto dalle sue storielle per esplorare l’animo umano, le sue reazioni al mondo. Questo lo capisco, e ci trovo anche cose interessanti. Magari è un testo di filosofia scritto sotto forma di storiella. Ma allora la storiella deve essere nuova ogni volta. Altrimenti mi stufo. Comunque ho ordinato da Amazon anche il libro che mi hai consigliato, e avrò occasione di vedere se le regolarità si ripetono anche in quello. Spero proprio di no: a me piace essere sorpreso, mi piace pensare: non ci avevo mai pensato. Invece di ritrovare scritto, pari pari, quel che penso.

ciao

n.

(continua)

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