Di pubblicazioni sul Salento ricche di fotografie bellissime ne esistono migliaia e continuano a uscirne a decine. Non c’è angolo di questa terra che non sia stato riprodotto in colori smaglianti su pagine patinate. Ma ripercorrerla guidati dalle chine di Piero Pascali, dai suoi ariosi disegni ricchi di particolari e dunque fedeli alla realtà, ma anche caratterizzati da un certo quid fascinoso che colloca le cose quasi fuori dal tempo, significa tentare un viaggio diverso, che incuriosisca il lettore e magari lo spinga a conoscere di più e meglio, ad accostarsi ai luoghi con occhio più attento, a scoprire – quasi a imitazione della poetica pascoliana delle “piccole cose” – qualcosa di nuovo, un aspetto insolito, un particolare nascosto in ciò che sembra già noto.
Questo volume non è una guida turistica, non è un libro di storia o d’architettura o d’ambiente o quant’altro. È un invito.
Vorremmo che, dopo aver sfogliato il libro, a ognuno, turista o residente, venisse voglia di fare un giro in Piazza Dante a Vaste, per esempio, o in via di Mezzo a Poggiardo, o in una qualsiasi viuzza del centro storico dei paesi dell’antica Diocesi di Castro, o avesse il desiderio di percorrere senza fretta la strada che da Vaste conduce a Cocumola fiancheggiata da un mare d’olivi e spettacolari filari di pini italici, o la strada che da Minervino porta a Cocumola snodandosi tra fitti oliveti, o decidesse di fare un giro a caso tra i vasti campi segnati da muretti a secco, saturi di silenzio e di luce. Paesaggi che, a saperli guardare, rimangono per sempre impressi nell’anima.
Per non dire della costa, delle alte falesie frante da grotte, delle cale seminascoste, del mare dai colori che non hanno eguali: elementi ormai divenuti famosi per la loro bellezza e che qui, ritratti a semplice china, suggeriscono con le loro linee tor- mentate vicende di ere e storie di uomini che hanno convissuto con la roccia.
Di tutte queste cose sono fatti i paesi di cui parleremo, i cui territori complessivamente formano una sorta di rettangolo col- locato in maniera sbilenca a sud del Capo d’Otranto, dove la co- sta salentina che si protende a est poco oltre 18°30 dal meridiano di Greenwich piega decisamente verso ovest. Il confine orientale del piccolo territorio in cui “viaggeremo” è l’Adriatico. «Il mare. Senza il quale nessun paesaggio può dirsi compiutamente bello», scrive Stendhal. Compiutamente bello sembra a noi il territorio dei comuni di Minervino di Lecce, Poggiardo, Santa Cesarea Terme, Ortelle, Castro, Diso, Andrano, Spongano, Surano, in alcuni dei quali sorgono frazioni dal nome fascinoso e ricche di angoli incantevoli.
La linea della costa – uno dei tratti costieri in assoluto più belli d’Italia – segna il confine amministrativo orientale dei comuni di Santa Cesarea, Castro, Diso e Andrano, ma anche negli altri cinque centri, che non hanno confini marittimi e sorgono ad alcuni chilometri più lontano dall’Adriatico, è come se si percepisse la presenza del mare: il miracolo è compiuto dalla luce, soprattutto nella primavera-estate. Luce unica, che avvolge alberi, campi e case. I muri degli edifici sembrano ritagliati su una superficie tersa, pura, quasi vibrante. E in certi meriggi silenziosi, quando le auto sembrano scomparse e ogni umana attività cessata, nei borghi deserti, a tendere l’orecchio, pare di sentire davvero la voce del mare.
Tutti i paesi dell’area che abbiamo delimitato hanno avuto nei secoli stretti legami, una fitta rete di scambi: sono le maglie di quella rete che furono la Diocesi e la Contea feudale di Castro, istituita dagli Altavilla nel 1103, e che comprendeva, oltre Castro, sette casali: Marittima, Vignacastrisi, Diso, Ortelle, Vitigliano, Cerfignano e Spongano. Di alcuni secoli più lunga la storia della Diocesi, probabilmente istituita nel 682 da papa Leone II e soppressa nel 1818. Della Diocesi fecero parte Castro, Andrano, Castiglione, Cerfignano, Cocumola, Diso, Marittima, No- ciglia, Ortelle, Poggiardo, Santa Cesarea, Surano, Spongano, Va- ste, Vignacastrisi e Vitigliano.
Anche in Età Contemporanea molti di questi paesi hanno avuto stretti legami amministrativi: si pensi, ad esempio, al fatto che Castro è stata frazione di Diso, Vitigliano dapprima frazione di Ortelle poi di Santa Cesarea, comune formato nel 1913 e a cui fu aggregata anche Cerfignano, staccata da Minervino che, pur non avendo fatto parte della Contea o della Diocesi, per tale motivo abbiamo ritenuto di inserire nel volume. O si pensi al fatto che tra il 1806 e il 1809 il comune di Diso ha avuto come frazioni Marittima (l’unica a esserle rimasta), Castro, Andrano, Castiglione e Vignacastrisi e che Castro è rimasta amministrativamente legata a Diso fino alla metà degli anni Settanta del secolo scorso.
Il nostro piccolo viaggio inizia dunque da un territorio molto omogeneo dal punto di vista storico, culturale, etnologico e ambientale. Intenzione degli autori è quella di proseguire il tour in tutte le città, le cittadine e le contrade della provincia di Lecce utilizzando gli stessi criteri, accompagnati dalla mano lieve di Piero Pascali e dalla speranza che – lo diciamo parafrasando Manzoni, a cui chiediamo perdono – se alla fine di questa storia di linee e parole saremo riusciti a non annoiarvi «vogliatene bene» a chi l’ha raccontata; in caso contrario «credete che non s’è fatto apposta».
(2018)