Racconti sovietici 9. Quarantunesimo 8

di Boris Andreevič Lavrenëv

(Continuazione)

Capitolo Ottavo

In cui niente di niente si deve spiegare.

Il sole di marzo, una svolta verso la primavera.

Il sole di marzo sopra il mar di Aral, delizia, carezza sopra un blu vellutato, mordicchia coi denti caldi, liscia, scioglie, come dei nodi al pettine, il sangue umano.

Il terzo giorno il tenente aveva iniziato ad uscire all’aria fresca.

Stava seduto vicino alla baracca, si scaldava al sole dolcissimo, guardandosi attorno con gli occhi gioiosi, risorti, blu, come il blu-mare. Marjutka, nel frattempo, aveva perlustrato tutta l’isola.

L’ultimo giorno ritornò alla baracca verso il tramonto, era molto allegra.

«Ascoltami! Domani traslochiamo!»

«Dove?»

«Lì, in fondo. Saranno da qua più o meno otto verste.»

«Cosa c’è di là?»

«Ho trovato una casupola di pescatori. Un vero palazzo! Asciutta, solida, persino i vetri nelle finestre non sono rotti. C’è una stufa, dei recipienti vari, scheggiati, rotti un po’, ma serviranno lo stesso per tirar avanti la baracca. Ma quello che è più importante, ci sono i giacigli vicino alla stufa. Non si dovrà più stare buttati per terra. Se fossimo arrivati subito lì, sarebbe stato meglio!»

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