di Antonio Errico
In un libro che s’intitola “Pensare/classificare”, quello straordinario scrittore che è Georges Perec suggerisce di ordinare una biblioteca secondo i seguenti modi: alfabetico, per continenti o paesi, per colore, in base alla data di acquisto, secondo la data di pubblicazione, per formato, per generi, per periodi letterari, per lingua, per priorità di lettura, per rilegature, per collane, per resistenza al cambiamento, desuetudine, stabilità. Ma nonostante Perec, bisogna ammettere che uno dei compiti più difficili con cui accade di confrontarsi appena si ha qualche ora di tempo è proprio quello di mettere in ordine i libri. Poi si rinuncia. A un certo punto si rinuncia a svolgere il compito. Si lascia che i libri vadano dove vogliono andare. Liberi come cavalli sbrigliati nella prateria. Tanto liberi che a volte non si ritrovano più. Così non ho ritrovato uno dei più bei romanzi del Novecento scritto da uno dei più grandi scrittori di quel tempo. Il titolo è “Il fuoco greco”; l’autore Luigi Malerba, di cui mi onoro di essere stato amico. Avrei voluto riguardarlo per scrivere queste righe. Ma non potendolo fare, allora mi permetto di suggerire uno qualunque dei suoi romanzi o dei suoi libri di racconti che adesso sono ordinati in un Meridiano di 1710 pagine curato da Giovanni Ronchini con un saggio introduttivo di Walter Pedullà. Il Meridiano ripropone i classici di Malerba: “Il Serpente”, “Salto mortale”, “Il pataffio”, “Testa d’argento”, “Il fuoco greco”, “Le pietre volanti”, “Fantasmi romani”. Ma del “Fuoco greco” quantomeno vorrei ricordare il dialogo tra Lippas e Leone Foca, dove si dice del potere illimitato della scrittura e dello scrittore, che può creare e distruggere in un attimo, con una sola parola, con un tratto di penna. Può consentire ad un’esistenza di sfuggire all’oscurità e alla mortificazione della realtà portandola nella sfera della finzione letteraria.