di Antonio Mele / Melanton
Non mi piace il catastrofismo.
Non mi piace essere fra quelli che puntano il dito sempre e soltanto contro ciò che non va. Un conto è la protesta o lagnanza o disapprovazione a ragion veduta (guidata, quanto meno, da un po’ di spirito propositivo e costruttivo), un altro è il mugugno per il mugugno, come se noi fossimo perfetti e gli altri tutti imbecilli o inetti. Proprio no!
Pur essendo attentamente, e all’occorrenza anche aspramente, critico su alcuni oggettivi misfatti e depravazioni della politica e del costume sociale, mi piace comunque, e mi rallegra perfino, fornendomi speranze e nuove convinzioni, vedere e ricordare che – oltre le cose che non vanno e che vanno migliorate – c’è anche un po’ di bello e di buono, nella gente, nelle istituzioni, nella vita di tutti i giorni.
Certo, in questi tempi così amari e contraddittori che viviamo e soffriamo, gli spiragli di speranza e di luce sono sempre più affievoliti e più rari. Come si fa a disconoscere, ad esempio, che vent’anni dopo Tangentopoli (con la susseguente scesa in campo di nuovi sedicenti ‘salvatori della patria’), la corruzione nel nostro Paese è altrettanto, e forse ancor più, dilagante?