Quali sono i temi che tocchi nelle tue poesie?
Le mie poesie toccano tutti i temi che possono riguardare la vita di una persona dei nostri tempi. Parlano di amori giovanili (La mia Lesbia, L’innamoramento) o sono state suggerite dalla osservazione delle persone, da volti sorridenti solo in apparenza ma che nascondono gioie e dolori (La vita, Nostalgia, Partenza).
Parliamo ora del secondo volume dell’Archivio, La scuola dell’anima, con sottotitolo La comunicazione educativa (pp. 160). Al centro della tua riflessione sulla scuola vi è il rapporto docente-discente. Puoi dire come concepisci questo rapporto?
Il processo educativo non è mai qualcosa che segue regole precise e infallibili. Quando si è ritenuto di definire minutamente “come fare scuola” sono stati commessi errori su errori; altri errori sono stati fatti quando i docenti si ritengono liberi di fare al di là dei risultati. Anche un rapporto docente-discente che si basi sulla acritica accettazione di determinate metodologie pedagogiche o didattiche rischia di creare più danni che vantaggi. Il docente sarebbe paragonabile ad un sarto che decidesse di dare ad ogni cliente lo stesso vestito preconfezionato senza alcun adattamento. Anni fa, nel corso di un consiglio di classe, un alunno, vivace e coraggioso, disse che in quell’anno, in una determinata disciplina, aveva appreso molto di più di quanto non fosse avvenuto nei tre anni precedenti. Con i docenti degli anni precedenti non “aveva legato”, la formazione umana e culturale si era fermata (la colpa, certamente, non stava solo da una parte).
Come si concilia il tema di quella che tu definisci la
libertà dell’apprendere con l’autorità del docente? E che cosa sono per te
l’una e l’altra?
L’autorità del bravo docente è causa di crescita intellettuale e culturale
quando l’alunno, per sua scelta, stima il docente e lo riconosce
come causa della sua libera crescita; quando il docente non dà alcun valore
alle personali qualità di un alunno, quest’ultimo si sente “scartato” dal
contesto ed invece di partecipare alle attività a volte finisce con
l’opporvisi tenacemente. Se non si instaura a scuola un clima di
reciproco apprezzamento e comprensione, ogni educazione fallisce. Per esempio:
se un docente di educazione fisica mette sempre otto agli
spilungoni della squadra di pallacanestro che gli fanno vincere i tornei, e non
trova il modo di valorizzare attraverso diverse attività anche gli altri,
non è certamente un buon docente. E solo un istruttore e basta.
Quali rapporti, secondo te, devono intercorrere tra scuola e società?
I governi sembrano preoccuparsi della situazione delle istituzioni scolastiche pubbliche ma, al momento di metterci le mani, non trovano mai le risorse necessarie per cui la scuola è sempre tra la vita e la morte, per l’assenza di quelle risorse che gli altri stati europei danno alla loro scuole. Alcuni anni fa la scuola italiana sembrò stesse affrontando la scelta delle autonomie scolastiche, e alcune istituzioni scolastiche, incoraggiate da precise disposizioni e dalla direttive ministeriali, tentarono qualche passo in tale direzione, ma le cieche burocrazie locali, finirono con l’ ostacolare ogni tentativo con i loro “se” ed i loro “ma“ che bloccarono, di fatto, ogni tentativo di rinnovamento. L’Istituto che allora dirigevo fu soffocato da tali atteggiamenti e dovette rinunciare al nuovo che pure aveva già messo in atto.
La scuola pubblica deve essere dotata di mezzi finanziari e fare riferimento a particolari norme di legge che le consentano di essere alla pari delle scuole private. I finanziamenti alle scuole pubbliche debbono raggiungere le percentuali degli altri paesi europei. In proposito, nel 2012, l’Italia è stata all’ultimo posto.
Quale ruolo deve ricoprire il ministero con le sue direttive nel rapporto pedagogico, cioè fino a che punto può legittimamente influenzare e dirigere tale rapporto?
La scuola statale italiana si sta allontanando dallo spirito e dai compiti che la riforma del ’63 le aveva affidato. La scuola pubblica che “toglieva dalla merda”, come faceva dire Don Milani ai ragazzi di Barbiana, sta tornando ad essere la scuola pubblica che istruisce solo i servi della gleba così come la sanità pubblica, conquista straordinaria di civiltà ed uguaglianza degli anni passati, sta diventando il luogo dei “poveri” malati… La scuola italiana deve tornare a correre, libera dai dogmi, dai pregiudizi, dalle riforme che vengono solo annunciate per propaganda politica. Gli “italiani” si fanno a scuola, il pugliese o il meridionale in genere vogliono veder riconosciute e apprezzate le competenze che i loro figli acquisiscono nei luoghi ove sono nati e cresciuti. Non debbono andare fuori regione per essere giudicati bravi solo perché hanno lì frequentato la scuola “rinomata” Il ministero deve dare ad ogni scuola l’ autonomia necessaria “per farla uscire dalle stalle e portarla alle stelle”.
Che cosa pensi dell’attuale (intendo degli ultimi
vent’anni) politica scolastica?
Nell’ultimo ventennio la scuola italiana non è riuscita a stare al passo con lo
sviluppo della società. Se la riforma del ’63 fece superare agli
italiani situazioni di pesante ghettizzazione , trasformando la
tradizionale, ed elitaria scuola media in scuola di massa, dopo gli
anni del ministero Falcucci (1982-1987) e passando per i brevi incarichi
ad altri ministri, bisognerà attendere Berlinguer, al ministero dal 1996
al 2000 e la Moratti alla guida del MIUR, (2001-2006) per avere due
valide presenze alla guida della Pubblica Istruzione. Dopo si
ritorna agli incarichi di breve periodo, senza alcuna strategia per il rilancio
della scuola pubblica. Le meteore dei “saggi” Profumo, Carrozza e
dell’attuale Giannini non hanno avuto né hanno alcuna idea chiara del problema;
adottano sballate iniziative meritocratiche solo per ridurre gli
accessi allo studio e non prevedono alcun impegno per far uscire la
scuola italiana da gravi situazioni di inferiorità. L’attuale politica
scolastica non ha idee chiare sull’argomento. Non si interessa
della formazione tecnico scientifica e della particolare
professionalità che devono avere i futuri docenti al momento in cui vengono a
contatto con le diversità individuali delle classi.
Passiamo al vol. III dell’Archivio, cioè Le storie di Ninetto, con sottotitolo Il secondo dopoguerra nella vita di un ragazzino di paese (pp.128). Chi è Ninetto e quanto di autobiografico vi è in questa figura di ragazzino?
Mi sbrigo a rispondere in poche parole. Ninetto è un adulto che non ha mai scordato di essere stato un ragazzino “di paese” e che ha continuato a sentirsi sempre tale tanto da provare una irrefrenabile esigenza di narrare, a se stesso prima, e agli altri poi, fatti ed episodi della sua vita man mano che gli tornavano alla mente.
Che cosa ti ha spinto a rievocare il mondo perduto di
Ninetto?
Questi ricordi hanno ripreso vigore, senza apparente motivo, nella scorsa
estate e le storie contenute nel libretto sono state composte nel giro di
appena tre mesi. Il mondo narrato è rimasto integro, o forse abbellito,
nell’attuale trasfigurazione del narratore. I personaggi ed i fatti sono reali
anche se certe situazioni sono tornate alla memoria illuminate
di una luce diversa (per esempio l’episodio de La fisarmonica rossa o La
nonna Cettina, Il forno a legna ,
I primi maestri) o interpretate con
l’ aiuto di notizie apprese molti anni dopo (mi riferisco, a La fuga di Anna con Antonio, Garibaldi resiste sul muro, Un brutto ricordo: il tifo).
Quale paese hai tenuto a modello per la ricostruzione storica degli avvenimenti?
Il paese di riferimento è stato la mia Sogliano insieme alla vicina Galatina, ove ho fatto le prime amicizie extra paesane con i compagni che frequentavano, insieme a me, la scuola media di allora e la vicinissima Cutrofiano, primo paese per le iniziali scorribande in bicicletta. Nel prossimo volume, il velocipede sarà lo strumento che consentirà tante nuove avventure. Col passare degli anni del protagonista, gli avvenimenti narrati saranno sempre più vicini alla realtà così come i personaggi i protagonisti dei fatti narrati dei quali, però, con opportuna accortezza, verranno nascosti quegli elementi che potrebbero individuarli togliendo loro ogni significativo valore di modello di vita (L’amico meccanico, I primi maestri)
Su quali scene di vita paesana hai fermato la tua attenzione?
Le scene ed i fatti riferiti sono tornati spontaneamente alla memoria e non ho fatto alcuno sforzo per rievocarli; anzi, se mi rendevo conto di averli travisati con la narrazione, mi son dato da fare per correggerli e avvicinarli di più al vero. Per il periodo narrato in questo volume molte delle scene si sono verificate in casa mia (La fisarmonica rossa; Il Bucato, Il ritorno del prigioniero), oppure in luoghi vicini a casa mia (La mescia, La casa di Peppo e Peppina, Fatti di vita e di morte) oppure un po’ più in la del mio rione (Al comizio col fischetto; S. Barbara e lo zoo,) oppure in qualche paese vicino (La nonna Cettina, Quindici giorni al mare).
Ultimo dell’Archivio, almeno per ora, è il vol. IV, L’Italia tra saggi e disagi, con sottotitolo La questione sociale negli anni correnti (pp. 112). Che cosa intendi per questione sociale in Italia?
La questione sociale ha sempre riguardato i rapporti tra gli uomini ed ha dato luogo, nel corso dei tempi, a scontri di varia natura ogni qualvolta i gruppi hanno cercato di difendere posizioni di potere o per far conseguire migliori condizioni di vita alla loro parte.
Attualmente in Italia la questione sociale ha da risolvere problematiche differenti da quelle dell’immediato secondo dopoguerra: quando le sinistre ed i partiti popolari e laici erano tutti tesi, pur partendo da ideali differenti, alla ricostruzione del paese. Col passare del tempo si ruppero certi equilibri faticosamente gestiti e le opposte posizioni si radicalizzarono; le une forti dell’appoggio dei lavoratori, le altre di quello delle classi medie e delle gerarchie ecclesiastiche.
In quest’ultimo ventennio i partiti tradizionali si sono spappolati per le inchieste della magistratura che li ha decapitati brutalmente condannandone i capi. La gente comune, perdendo i vecchi riferimenti del partito, divenne facile preda dei professionisti del potere che, in virtù di posizioni sociali di prestigio, acquisirono forza e capacità di raggruppare,, intorno ai loro sorridenti faccioni, la gente frastornata. Aveva ragione Marx quando diceva nel Capitale che la realtà è trasformata da cause esterne che niente hanno a che vedere con la nostra ragione o la nostra coscienza e gli avvenimenti sociali sono generati da cause più materiali e contingenti piuttosto che dalla coscienze umane.
Che cosa intendi dire quando parli, a proposito della società attuale, di nuovo assolutismo?
Oggi le questioni sociali, in Italia e nel mondo, pur se riguardano problemi di rilevanza locale, sono attualmente gestite e manipolate, e causate, dalle centrali economiche, dalla grande finanza, dalle enormi ricchezze di pochi che si scontrano tra di loro senza tenere conto delle persone o dei popoli che coinvolgono, direttamente e indirettamente. Questo sta avvenendo anche in Europa ed in Italia, attraverso una capillare diffusione di notizie tese a condizionare i comportamenti umani a supporto dello strapotere di centrali lontane e sconosciute ai poveri mortali. I gruppi politici si formano e si “sformano” dietro faccioni ammiccanti e interessati solo all’accaparramento di voti di scambio e posizioni di potere per accontentare a capi cordata rimasti in posizioni subalterne. In questi ultimi anni la politica di destra e di sinistra è stata corrotta dal tintinnio del vile denaro. Nessuno si è salvato dal potere assoluto dei soldi e degli squali che lo gestiscono. Nemmeno le modifiche alla legge elettorale sfuggono a tale logica. Nonostante il referendum si stanno proponendo sempre e comunque “liste bloccate” senza voto di preferenza.
Il capitolo VII si intitola: “Eravamo socialisti”. Due domande in una: che cosa ha significato per te “essere socialisti” e se è vero che “eravamo socialisti”, ora che cosa siamo?
Una volta, diciamo tanti anni fa, per indicare una distanza ideale e non temporale, gli umili in genere sembrava avessero convinto chi manovrava le ricchezze, a tenere conto di chi concorreva a produrle, chi aveva predicato ed esaltato la forza e la razza, a considerare gli uomini tutti uguali e tutti fratelli, la Chiesa cattolica usciva dal Vaticano per incontrare i fedeli, in Europa si respirava aria di pace e fraternità dopo le guerre calde e fredde. Perciò eravamo socialisti. Oggi tutti ascoltano la TV e parlano di questioni sociali secondo le imbeccate che ricevono da spudorati e prezzolati uomini di parte. Ciascuno si intruppa in chi lo blandisce strappandogli il corpo, prima, e l’anima poi. “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Grazie, caro Montale, per l’aiuto che mi dai per concludere questa mia nota.
Che cosa è per te (e come vivi) il Cristianesimo?
Il problema religioso mi accompagna costantemente da quando scelsi come argomento della mia tesi di laurea in filosofia“ La religione in Piero Martinetti”, un filosofo torinese che fu allontanato dall’insegnamento perché non aveva giurato fedeltà al fascismo. Era un uomo libero di pensare e di operare. Ne sono stato influenzato e al Cristianesimo sono stato sempre vicino per razionale convincimento e più che per rituale osservanza. I riti non appartengono agli uomini liberi. Capisco che la Chiesa ha bisogno di organizzazione ma a me piace quella senza potere temporale, quella che ragiona e perciò mi sono interessato al papato di Giovanni XXIII e non ad altri. Seguo ora con attenzione Papa Francesco che spero continuerà a interessarmi.
Che cosa pensi dell’attuale situazione politica?
L’ho detto nel primo capitolo (Un apparato da cambiare al più presto), quando ho paragonato la situazione italiana ad una pentola alla quale, per l’eccessiva ebollizione, sta per saltare il coperchio; e nel secondo, al quale ho dato per titolo Purché Babele non torni alludendo al disordine delle istituzioni che non fa sperare niente di buono.
Ultima domanda: Quali sviluppi avrà il tuo Archivio?
Ho intenzione di continuare con Ninetto, con una raccolta di saggi su particolari argomenti di letteratura italiana e con una sintesi dei miei filosofici “ragionamenti a ruota libera”.
Grazie dell’intervista e molti auguri per il tuo Archivio.
Grazie a te.
[2014]