L’Archivio di Giulio Cesare Viva

Quali sono i temi che tocchi nelle tue poesie?

Le mie poesie toccano tutti i temi che possono riguardare la vita di una persona dei nostri tempi. Parlano di amori giovanili (La mia Lesbia, L’innamoramento) o sono state suggerite dalla  osservazione delle persone, da  volti sorridenti solo in apparenza ma che  nascondono  gioie e dolori (La vita, Nostalgia, Partenza).

Parliamo ora del secondo volume dell’Archivio, La scuola dell’anima, con sottotitolo La comunicazione educativa (pp. 160). Al centro della tua riflessione sulla scuola vi è il rapporto docente-discente. Puoi dire come  concepisci questo rapporto? 

Il processo educativo non è mai qualcosa che segue regole precise e infallibili. Quando si è ritenuto  di definire minutamente “come fare scuola” sono stati  commessi errori su errori;  altri errori sono stati fatti quando i docenti si ritengono liberi di fare al di là dei risultati. Anche un rapporto docente-discente che si basi sulla acritica accettazione di determinate metodologie pedagogiche o didattiche rischia  di  creare più danni che vantaggi. Il docente sarebbe paragonabile ad  un sarto che decidesse di dare ad ogni cliente lo stesso vestito preconfezionato senza alcun adattamento. Anni fa, nel corso di un consiglio di classe, un alunno, vivace e coraggioso, disse che in quell’anno, in una determinata disciplina, aveva appreso molto di più di quanto non fosse avvenuto  nei tre anni precedenti. Con i docenti degli anni precedenti non “aveva legato”, la formazione umana e culturale  si era fermata  (la colpa, certamente, non stava solo da una parte).

Come si concilia il tema di quella che tu definisci la libertà dell’apprendere con l’autorità del docente? E che cosa sono per te l’una e l’altra?

L’autorità del bravo docente è causa di crescita intellettuale e culturale quando  l’alunno, per sua scelta, stima il docente  e lo riconosce come causa della sua libera crescita; quando il docente non dà alcun valore alle  personali qualità di un alunno, quest’ultimo si sente “scartato” dal contesto ed invece di partecipare alle attività a volte  finisce con l’opporvisi  tenacemente. Se non si instaura a scuola un clima  di reciproco apprezzamento e comprensione, ogni educazione fallisce. Per esempio: se  un docente di educazione fisica mette  sempre  otto agli spilungoni della squadra di pallacanestro che gli fanno vincere i tornei, e non trova il modo di valorizzare attraverso diverse attività  anche gli altri, non è certamente un buon docente. E solo un istruttore e basta.

Quali rapporti, secondo te, devono intercorrere tra scuola e società?

I  governi sembrano preoccuparsi della  situazione delle istituzioni scolastiche pubbliche ma,  al momento di metterci le mani, non trovano mai le risorse necessarie  per cui la scuola è  sempre  tra la vita e la morte, per l’assenza di quelle risorse che gli altri stati europei danno alla loro scuole. Alcuni anni fa la scuola italiana sembrò stesse affrontando la scelta delle autonomie scolastiche, e alcune  istituzioni scolastiche, incoraggiate da precise disposizioni e dalla direttive ministeriali,  tentarono qualche passo in tale direzione,  ma le cieche  burocrazie  locali, finirono  con l’ ostacolare ogni tentativo con i loro “se” ed i loro “ma“ che  bloccarono, di fatto, ogni tentativo di rinnovamento. L’Istituto che allora dirigevo fu soffocato da tali atteggiamenti e dovette rinunciare al nuovo che pure aveva già messo in atto.

La scuola pubblica deve essere dotata di mezzi finanziari e fare riferimento a particolari norme di legge  che le consentano di  essere alla pari delle scuole private. I finanziamenti alle scuole pubbliche debbono raggiungere le percentuali degli altri paesi europei. In proposito, nel 2012,  l’Italia è stata all’ultimo posto.

Quale ruolo deve ricoprire il ministero con le sue direttive nel rapporto pedagogico, cioè fino a che punto può legittimamente  influenzare e dirigere tale rapporto?

La scuola statale italiana si sta allontanando dallo spirito e dai compiti che la riforma del ’63 le aveva affidato. La scuola pubblica che “toglieva dalla merda”, come faceva dire Don Milani ai ragazzi di Barbiana,  sta tornando ad essere  la scuola pubblica che istruisce solo  i servi della gleba  così come la sanità pubblica, conquista straordinaria di civiltà ed uguaglianza degli anni passati, sta diventando il luogo dei “poveri” malati… La scuola italiana deve tornare a correre, libera dai dogmi, dai pregiudizi, dalle  riforme che vengono solo annunciate per propaganda politica. Gli “italiani” si fanno a scuola, il pugliese o il meridionale in genere vogliono veder  riconosciute e apprezzate  le  competenze che i loro figli acquisiscono nei luoghi ove sono nati e  cresciuti. Non debbono andare  fuori regione  per essere giudicati bravi solo perché hanno lì  frequentato la scuola “rinomata”  Il ministero deve dare ad ogni  scuola l’ autonomia  necessaria “per farla uscire dalle stalle e portarla  alle stelle”.

Che cosa pensi dell’attuale (intendo degli ultimi vent’anni) politica scolastica? 

Nell’ultimo ventennio la scuola italiana non è riuscita a stare al passo con lo sviluppo della società. Se la riforma del ’63   fece superare agli italiani situazioni di pesante  ghettizzazione , trasformando la tradizionale, ed elitaria scuola media in scuola di massa,   dopo gli anni del ministero Falcucci (1982-1987) e passando per i brevi  incarichi ad altri ministri, bisognerà attendere  Berlinguer, al ministero dal 1996 al 2000 e la Moratti  alla guida del MIUR, (2001-2006)  per avere due valide presenze alla guida della Pubblica Istruzione.   Dopo si ritorna agli incarichi di breve periodo, senza alcuna strategia per il rilancio della scuola pubblica. Le meteore dei “saggi”  Profumo, Carrozza e dell’attuale Giannini non hanno avuto né hanno alcuna idea chiara del problema; adottano  sballate iniziative  meritocratiche solo per ridurre gli accessi allo studio e non prevedono alcun  impegno per far uscire la scuola italiana da gravi situazioni di inferiorità. L’attuale politica scolastica non ha  idee chiare sull’argomento. Non si interessa della  formazione tecnico scientifica e della  particolare professionalità che devono avere i futuri docenti al momento in cui vengono a contatto con le  diversità individuali delle classi.

Seconda edizione del 2016.

Passiamo al vol. III dell’Archivio, cioè Le storie di Ninetto, con sottotitolo Il secondo dopoguerra nella vita di un ragazzino di paese (pp.128). Chi è Ninetto e quanto di autobiografico vi è in questa figura di ragazzino?

Mi sbrigo a rispondere in poche parole. Ninetto è un adulto che non ha mai scordato di essere stato un ragazzino “di paese” e che ha continuato a sentirsi sempre tale tanto da provare una irrefrenabile esigenza di narrare, a se stesso prima, e agli altri poi, fatti ed episodi della sua vita man mano che gli tornavano alla mente. 

Che cosa ti ha spinto a rievocare il mondo perduto di Ninetto?

Questi ricordi hanno ripreso vigore, senza apparente motivo, nella scorsa estate e le storie contenute nel libretto sono state composte nel giro di appena tre mesi. Il mondo narrato  è rimasto integro, o forse abbellito, nell’attuale trasfigurazione del narratore. I personaggi ed i fatti sono reali anche se  certe situazioni sono tornate alla memoria  illuminate di una luce diversa (per esempio l’episodio de La fisarmonica rossa o La nonna Cettina, Il forno a legna , I primi maestri) o interpretate con l’ aiuto di notizie apprese molti anni dopo (mi riferisco, a La fuga di Anna con Antonio, Garibaldi resiste sul muro, Un brutto ricordo: il tifo). 

Quale paese hai tenuto a modello per la ricostruzione storica degli avvenimenti?

Il paese di  riferimento  è stato la mia Sogliano insieme alla vicina Galatina, ove ho fatto le prime amicizie extra paesane con i compagni che frequentavano, insieme a me, la scuola media di allora  e la vicinissima Cutrofiano, primo paese per le iniziali scorribande in bicicletta. Nel prossimo volume, il velocipede sarà lo strumento che consentirà  tante nuove avventure. Col passare degli anni del protagonista, gli avvenimenti narrati saranno sempre più vicini alla realtà così come i  personaggi  i protagonisti dei fatti narrati  dei quali, però,  con opportuna  accortezza,  verranno nascosti quegli elementi che potrebbero individuarli togliendo loro ogni significativo valore di modello di vita (L’amico meccanico, I primi maestri)

Su quali scene di vita paesana hai fermato la tua attenzione?

Le scene ed i fatti riferiti sono tornati spontaneamente alla memoria e non ho fatto alcuno sforzo per rievocarli; anzi, se mi rendevo conto di averli travisati con la narrazione, mi son dato da fare per correggerli e avvicinarli di più al vero. Per il periodo narrato in questo volume molte delle scene si sono verificate in casa mia (La fisarmonica rossa;  Il Bucato, Il ritorno del prigioniero), oppure in luoghi vicini a casa  mia (La mescia, La casa di Peppo e Peppina, Fatti di vita e di morte) oppure un po’ più in la del mio rione (Al comizio col  fischetto;  S. Barbara e lo zoo,) oppure in qualche paese vicino (La nonna Cettina, Quindici giorni al mare).

Ultimo dell’Archivio, almeno per ora, è il vol. IV, L’Italia tra saggi e disagi, con sottotitolo La questione sociale negli anni correnti (pp. 112). Che cosa intendi per questione sociale in Italia?

La questione sociale ha sempre riguardato i rapporti tra gli uomini ed ha dato luogo, nel corso dei tempi, a scontri di varia natura ogni qualvolta i gruppi hanno cercato di difendere posizioni di potere o per far conseguire migliori condizioni di vita alla loro parte.

Attualmente in Italia la questione sociale ha da risolvere problematiche differenti da quelle dell’immediato secondo dopoguerra: quando le sinistre ed i partiti popolari e laici erano tutti tesi, pur partendo da ideali differenti, alla ricostruzione del paese. Col passare del tempo si ruppero certi equilibri faticosamente gestiti e le opposte posizioni si radicalizzarono; le une forti dell’appoggio dei lavoratori, le  altre di quello delle classi medie e delle gerarchie ecclesiastiche.

In quest’ultimo ventennio i partiti tradizionali si sono spappolati per le inchieste della magistratura che li ha decapitati brutalmente condannandone i capi. La gente comune, perdendo i vecchi riferimenti del partito,  divenne facile preda dei professionisti del potere  che, in virtù di posizioni sociali di prestigio,  acquisirono forza e capacità di raggruppare,,  intorno ai loro  sorridenti  faccioni, la gente frastornata. Aveva ragione Marx quando diceva nel Capitale che la realtà è trasformata da cause esterne che niente hanno a che vedere con la nostra ragione o la nostra coscienza e gli avvenimenti sociali  sono generati da cause più materiali e contingenti piuttosto che dalla coscienze umane.

Che cosa intendi dire quando parli, a proposito della società attuale, di nuovo assolutismo?

Oggi le questioni sociali, in Italia e nel mondo, pur se riguardano problemi  di rilevanza locale, sono attualmente gestite e manipolate, e causate,  dalle centrali economiche, dalla grande finanza, dalle enormi ricchezze di pochi che si scontrano tra di loro senza tenere conto delle persone o dei popoli che coinvolgono, direttamente e indirettamente. Questo sta avvenendo anche in Europa ed in Italia, attraverso una capillare diffusione di notizie tese a condizionare i comportamenti umani a supporto dello strapotere di centrali lontane e sconosciute ai poveri mortali. I  gruppi politici si formano e si “sformano” dietro faccioni ammiccanti e interessati solo all’accaparramento di voti di scambio e posizioni di potere per accontentare a capi cordata rimasti in posizioni subalterne. In questi ultimi anni la politica di destra e di sinistra è stata corrotta dal tintinnio del vile denaro. Nessuno si è salvato dal potere assoluto dei soldi e degli squali che lo gestiscono.  Nemmeno  le modifiche alla legge elettorale sfuggono a tale logica. Nonostante il referendum si stanno proponendo sempre e comunque “liste bloccate” senza voto di preferenza.

 Il capitolo VII si intitola: “Eravamo socialisti”. Due domande in una: che cosa ha significato per te “essere socialisti” e se è vero che “eravamo socialisti”, ora che cosa siamo?

Una volta, diciamo tanti anni fa, per indicare una distanza ideale e non temporale, gli umili in genere sembrava avessero convinto chi manovrava le ricchezze, a tenere conto di chi concorreva a produrle, chi aveva predicato ed esaltato la forza e la razza,  a considerare gli uomini tutti uguali e tutti fratelli, la Chiesa cattolica usciva dal Vaticano per incontrare i fedeli, in Europa si respirava aria di pace e fraternità dopo le guerre calde e fredde. Perciò eravamo socialisti. Oggi tutti ascoltano la TV e parlano  di questioni sociali secondo le imbeccate che ricevono da spudorati e prezzolati uomini di parte. Ciascuno  si intruppa in chi lo blandisce strappandogli il corpo, prima, e l’anima poi. “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Grazie, caro Montale, per l’aiuto che mi dai per concludere questa mia nota.

Che cosa è per te (e come vivi) il Cristianesimo?

Il problema religioso mi accompagna costantemente da quando scelsi come argomento della mia tesi di laurea in filosofia“ La religione in Piero Martinetti”, un filosofo torinese che fu allontanato dall’insegnamento perché  non aveva giurato fedeltà al fascismo. Era un uomo libero di pensare e di operare. Ne sono stato influenzato e  al Cristianesimo sono stato sempre vicino per razionale convincimento e più che  per rituale osservanza. I riti non appartengono agli uomini liberi. Capisco che la Chiesa ha bisogno di organizzazione ma a me piace quella  senza potere temporale, quella che ragiona e perciò mi sono interessato al papato di Giovanni XXIII e non ad altri. Seguo ora con attenzione Papa Francesco che spero continuerà a interessarmi.

Che cosa pensi dell’attuale situazione politica?

L’ho  detto  nel primo capitolo (Un apparato da cambiare al più presto),   quando ho paragonato la situazione italiana ad una pentola alla quale, per l’eccessiva ebollizione, sta per saltare il coperchio; e nel secondo, al quale ho dato per titolo Purché  Babele non torni alludendo al disordine  delle istituzioni che non fa sperare niente di buono.

Ultima domanda: Quali sviluppi avrà il tuo Archivio?

Ho intenzione di continuare con Ninetto,  con una raccolta di saggi su particolari argomenti di  letteratura italiana e con una sintesi dei miei  filosofici “ragionamenti a ruota libera”.

Grazie dell’intervista e molti auguri per il tuo Archivio.

Grazie a te.

[2014]

Questa voce è stata pubblicata in Interviste e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *