Per Pinuccio cominciarono i giorni (e le notti) tristi. Il dolore delle fratture cominciò sì a lenire, ma non diminuì la sofferenza per quanto gli era accaduto. Dovette cominciare a scordarsi della scuola: l’anno era ormai compromesso. E soprattutto, così com’era scombinato fisicamente, doveva scordarsi pure di leggere. Non riusciva a tenere un libro fra le mani. Col braccio sinistro nulla da fare, era completamente gessato. Quello destro aveva il polso “inchiodato” anch’esso dal gesso. La gamba destra ingessata dall’inguine alla caviglia. Insomma si vedeva come una mummia della Valle dei Re in Egitto, quella scoperta da Gaston Maspero, Émile Brugsch e Mohammed Abdelrasul.
Fra le tre zie, sorelle della mamma, ce n’era una che aveva la fama dell’intellettuale: leggeva fotoromanzi («Bolero», «Sogno», «Grand Hotel»). Costei non si rifiutò di accontentare la famiglia quando le fu chiesto di leggere qualche libro al nipote bloccato dal gesso terapeutico. Dapprima tentò di leggere alcuni frammenti dei fotoromanzi, ma si accorse subito che il ragazzo non sembrare provare interesse. Allora la zia “intellettuale” si rivolse al parroco per farsi imprestare un libro da leggere al nipote.
A quel tempo, nel piccolo borgo medievale del Mezzogiorno d’Italia, non c’erano né librerie né biblioteche. C’era sola la canonica del parroco, nella quale si conservavano vecchi libri ottocenteschi e qualche dizionario, necessario al prete per non sbagliare l’uso di vocaboli durante i panegirici della domenica. Senza stare a pensarci su, don Nicola prese a casaccio un libro e lo diede alla signorina. La zia di Pinuccio lesse la copertina:
«C. Collodi/ Le avventure di Pinocchio./ Storia di un burattino./ Illustrata da E. Mazzanti/ Firenze/ Felice Paggi Libraio-Editore/ Via del Proconsolo./ Napoli – Fratelli Rispoli// 1883// Prezzo L. 2,50». Pensò:
«Questo poteva andare bene».
D’altronde neanche lei conosceva il contenuto di questo romanzo. Per cui prese di buona voglia il libro e lo portò a casa.
La signorina non sapeva di trovarsi fra le mani una delle più affascinanti fiabe della letteratura fanciullesca dell’Ottocento. Non sapeva che quel lungo racconto su di un burattino era stato pubblicato, con grande fortuna, a puntate (18) sul «Giornale per i Bambini» dal 1881 al 1883. Lesse e rilesse il nome dell’autore – C. Collodi – e si accorse di non sapere nulla di lui. Così lasciò perdere. Decise che sarebbe andata due volte la settima accanto al lettino del nipote per leggergli i capitoli del libro che, rispetto alle puntate del «Giornale», in indice, i capitoli erano diventati XXXVI.
Pinuccio era felice della soluzione. Così, a ogni capitolo letto, esclamava: «Bello!».
Però, se il capitolo lo aveva interessato meno, guardava la zia e le rispondeva con un sorrisetto, quasi per dire «Mah!».
Passò qualche mese e il ragazzo cominciò a stare meglio. Cominciò a muoversi, prima in casa, poi facendo piccole passeggiate nei dintorni del rione. Passò pure l’anno scolastico. Egli lo perdette, ma non gli dispiacque di ripeterlo, perché aveva con sé il libro che gli aveva letto la zia e che se l’era fatto dare, dicendo che sarebbe stato lui stesso a portarlo da don Nicola. Cosa che, una volta guarito (era rimasto storpio solo dal braccio sinistro, ma ciò non si vedeva, perché lo teneva sempre coperto) andò dal parroco e gli chiese se poteva tenerlo con sé. Gli avrebbe fatto tanto piacere rileggerlo di tanto in tanto. Don Nicola si accorse di quanto il ragazzo fosse interessato a quella storia di un burattino, decise così di lasciarglielo, però ad una condizione: che tutte le domeniche, quand’egli sarebbe andato alla messa del mattino, gli facesse un segno che il libro era sempre tra le sue mani e sotto i suoi occhi. Non fu difficile per Pinuccio accettare la condizione.
Passarono gli anni. Il corso dei suoi studi filò liscio come l’olio. Dato il suo stato di salute, non sempre florido per via di quella maledetta caduta dalla scarpata del ponte ferroviario, la famiglia aveva pensato bene di farlo studiare. E lui fu bravo, perché riuscì a laurearsi puntualmente in “Storia e Filosofia”, discipline che lo appassionavano molto.
Pinuccio non dimenticò mai il suo libro delle Avventure di Pinocchio. Anzi. A partire da esso cominciò a collezionare libri e oggetti che riguardavano quel burattino. Quand’era studente universitario, andava nel capoluogo di provincia e, quando poteva, si faceva sempre un giro per i mercatini rionali della città alla ricerca di oggetti e libri di e su Pinocchio. Una volta trovò un vecchio artigiano di giocattoli al quale chiese:
«Hai qualcosa di o su Pinocchio?».
Il vecchio gli rispose:
«Certo che ce l’ho. Mi è rimasto ancora un giocattolo. Le persone comprano questo mio Pinocchio non sapendo che si tratta del burattino di Collodi. A loro piacciono i movimenti che fa».
Così glielo mostrò. Appena Pinuccio lo vide, rimase di stucco. Si ricordò di avere visto la silouette del burattino sul «Giornale per i Bambini». Ricordava che stava all’inizio della quarta puntata («Vi dirò dunque, ragazzi…». In una successiva consultazione, la rivide anche all’inizio della XVIII e ultima puntata («Mentre Pinocchio nuotava alla svelta…»). Se la ricordava benissimo, perché era un’immagine di un burattino snodabile con al centro un filo di spago che, una volta tirato, faceva muovere le braccia e le gambe. Unica differenza tra questo e quello del vecchio artigiano era il cappello. Il giocattolo antico aveva sul capo un cappello a tese larghe, mentre il giocattolo teneva il cappellino semi cono del più classico Pinocchio.
Prima di acquistarlo, lo prese in mano e volle studiarlo. Era un burattino con la cravatta rossa, multicolorato. Il busto: giallo, rosso, verde e nero; gli arti: tinteggiati con delle palline variopinte. Al centro della schiena, legato a una sorta di membro maschile eretto, ci stava il filo di spago che lo faceva muovere. Si muovevano le braccia, le gambe e perfino lo stesso membro. Per poche lire lo comprò, non sapendo ancora che sarebbe diventato il suo più assiduo compagno di viaggio. Ovviamente assieme al libro che il parroco del paese gli aveva affidato.
Una volta laureato, Pinuccio non tardò ad avere l’incarico di docente presso i licei della sua provincia e presso l’università. Fu professore serio e corretto. Non fece mai assenze ingiustificate e mai mancò di essere corretto con i suoi colleghi e i suoi studenti.
Per tutta una serie di coincidenze della vita, egli non si sposò, quindi non ebbe né figli né figlie. Ebbe solo dei nipoti, che andavano a trovarlo di tanto in tanto e che gli chiedevano di sentire dalla sua viva voce la favola di Pinocchio. Oltre a questo, però, essi chiedevano allo zio di voler vedere il contenuto della borsa di cuoio che egli portava sempre con sé. Ed egli ben volentieri apriva il suo scrigno mostrando loro il giocattolo e il libro ottocentesco. Davanti a ciò i nipoti meravigliavano. Tiravano il filo di spago e ridevano divertiti.
Il tempo passò. Pinuccio si fece vecchio. Lo pensionarono dalla scuola e dall’università. La sua vita passata era costellata di libri, conferenze, viaggi nel mondo magico dei burattini e, laddove sapeva che c’era un convegno sul suo amato Pinocchio, non badava a spese e subito andava all’appuntamento. Una volta capitò di sapere di una presentazione di un libro di Pinocchio che si teneva a Torino. Chiese alla scuola il permesso di due giorni e si recò nella città piemontese, già capitale d’Italia dopo l’unificazione della penisola nel 1861.
La città gli sembro abbastanza grande. La presentazione del libro fu tenuta in una sala della Biblioteca nazionale alla presenza di molte autorità. Prima ancora che cominciasse la presentazione, Pinuccio aveva già comprato il libro, che gli costò un quarto del suo stipendio.
Lesse la copertina: «C. Collodi/ Le avventure di Pinocchio/ Storia di un burattino/ Parigi/ A. Tallone Editore». Al centro della stessa campeggiava il disegno firmato di C. Chiostri (Firenze) con il paesino (oggi Collodi) e su, nel cielo, Pinocchio tra le ali di un grande volatile.
Pinuccio sapeva già che per conoscere bene la “carta d’identità” di un libro, doveva andare a leggere il colophon. Cosa che fece: «Finito di stampare il 10 novembre MCMLI nella tipografia di A. Tallone./ 28, rue des Tournelles, Paris». In questo libro (con astuccio) i capitoli in indice sono XXXVI. Successivamente egli comprò altre edizioni di questo famoso stampatore, definito nel ‘900 come il principe della tipografia italiana. Infatti comprò l’edizione del 1994 con il seguente colophon: «Questo volume, composto/ a mano con i tipi disegnati da Alberto Tallone,/ è stato tirato in sedici copie su carta Japan Misumi e settecento su velina Magnani/ recante in filigrana l’effige di/ Pinocchio. Licenziato dai/ torchi nel maggio/ MCMXCIV». Questo libro Pinuccio se lo fece rilegare dal suo rilegatore di fiducia con una bella copertina rigida di vitello tinta di blu e, sulla prima di copertina, le siluette in lamina d’oro di due immagini di Pinocchio. Dieci anni dopo, lo stesso Stampatore Editore ristampò ancora Le avventure di Pinocchio, con le stesse caratteristiche dei due precedenti, salvo l’Appendice, contiente: Notizia sul Pinocchio di Marino Parenti – uno scritto di Piero Scapecchi – Evviva Collodi, evviva Pinocchio – e un altro testo di Lorenzo Poggi – Pinocchio, coscienza critica del suo Autore. Nel colophon si dice: «Questo volume,/ composto a mano con i tipi Garamond/ fusi a Parigi da Deberny & Peignot,/ è stato tirato in 450 esemplari/ di cui 260 su carte S. Giovanni/ e Magnani di Pescia e 190/ su carta turchina della/ Cartiera di Sicilia/ Licenziato dai torchi ad/ Alpignano il 18 XI 2014». Ovviamente Pinuccio comprò l’edizione turchina.
Pinuccio diceva sempre ai colleghi e ai suoi studenti che leggere la fiaba su questi libri Tallone semplificava la lettura e soprattutto gli occhi non si stancavano. Durante tutta la sua vita, egli aveva comprato i libri di Pinocchio dove, il racconto rimaneva sempre lo stesso. ma spesso cambiavano le illustrazioni. Egli era anche interessato alle illustrazioni, tuttavia rimaneva legato al suo giocattolo, che per lui raffigurava l’illustrazione più bella.
Gli era capitato pure di acquistare una bella edizione Mondadori “fuori commercio, stampata a Verona nel 1960”, curata da Vittorio Accornero e prefata dallo stesso Arnoldo Mondadori. Una sera di un inverno piovoso gli capitarono in casa i nipoti i quali, questa volta, non gli chiesero di ascoltare una delle tante storie sulle avventure di Pinocchio, ma di vedere i libri della sua collezione. Cosa impossibile a farsi, perché i libri collezionati era veramente molti. Il vecchio zio aveva messo accanto al caminetto un scaffale di metallo e lì aveva impilato i libri. Tuttavia non volle deludere i nipoti, così li mise in cerchio attorno a lui e cominciò a mostrare le copertine e i frontespizi. A volte faceva dei commenti, ma spesso passava di mano in mano solo i libri. Prese in considerazione solo quelli che si trovavano su un ripiano:
– Le avventure di Pinocchio. Disegni a colori di Attilio Mussivo, Splendida «Edizione in Ottavo
con numerose correzioni e varianti e collaudata sul primo originale dell’Autore [1911]», che la introduce con un suo manoscritto. Bemporad &Figlio, Editori – Firenze, 1922.
– Giulio Erpianis, Pinocchio in automobile. Straordinarie avventure, con 33 illustrazioni di G. C.
Bruno, Bemporad & Figlio Editori, Firenze, 1924.
– Francesco Bernardini, La Repubblica di Pinocchio. Romanzo burlesco, Giuseppe Marino
Editore, Roma, 1925.
– Pinocchio, con «127 disegni in nero e 14 a colori fuori testo tratti dall’edizione di lusso
illustrata da Attilio Mussino, Marzocco Editore, Firenze, 1941.
– Les aventures de Pinocchio (traduction de Paul Guiton e illustrations de Rob d’Ac), B. Arthaud
[Editore], Grenoble-Paris, 1941.
– Ines Paoletti, Il primo libro di Pinocchio (riccamente illustrato), Marzocco Editore, Firenze
1945. Si tratta di un abecedario per la prima elementare.
– Le avventure di Pinocchio (illustrazioni di Maraja), Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1955.
– Pinocchio, Tipografia Editoriale Lucchi, Milano 1959, con un’Introduzione del tipografo
editore Lucchi.
– Le avventure di Pinocchio, in Il tesoro illustrato Collodi (a cura di Francesco Acerbo), Editrice
Italiana di Cultura, Roma, 1959.
– Le avventure di Pinocchio (illustrazioni di B. Bodini), AMZ Editrice, Torino, 1967.
– Le avventure di Pinocchio (a cura di Melanton e con illustrazioni di Franco Bruna), Museo della
Caricatura, Tolentino, 1983. A questo libro con dedica di Melanton, Pinuccio era molto legato perché Antonio Mele era suo amico da tempo.
– Collodi da Collodi, su Collodi, Catalogo 63, Libreria Salimbeni, Firenze, 1984.
– Carlo Collodi. Lo spazio delle meraviglie (a cura di Roberto Fedi e introduzioni di Luigi
Comencini e Susi Cecchi d’Amico; ricerca iconografica e commento alle immagini di Carlo Sisi e fotografie di Carlo Cantini), Amilcare Pizzi Editore per la Banca Toscana, Milano, 1990.
– Pinocchio e la cultura degli Italiani, numero monografico di «Vita Italiana. Cultura e Scienza»,
Trimestrale (Ottobre-Dicembre 1990) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
– Pinocchio in lingua napoletana (Tradotto da Roberto D’Aiello e con illustrazioni di Lello
Esposito), Grimaldi & C. Editori, Napoli, 1997.
– Pinocchio (illustrato da Attilio Mussino), Giunti junior, Firenze 2002.
– Roberto Benigni, Io un po’ Pinocchio, Giunti, Firenze, 2002.
– Le avventure di Pinocchio (illustrato da Giancarlo Montelli, per decenni illustratore della
copertina de «L’Espresso» e di altre note riviste), Odradek Editore, Roma, 2002; e Nel segno di Pinocchio, Il Raggio Verde Edizioni, Lecce, 2004. A questi due libri con dedica di G. Montelli, Pinuccio era molto legato, perché il grande illustratore italiano era suo amico da tempo.
– Piero Paladini, A colloquio con Pinocchio (e altre storie), Sotto gli auspici della Fondazione
Nazionale Carlo Collodi, Etruria Editrice, Pistoia, 2003.
– Piero Grima, Pinocchio e poi… (Visioni dipinte di Piero Paladini), Nardò (Lecce), 2003.
– Velentina Baldacci – Andrea Rauch (con un saggio di Antonio Faeti e illustrazioni di vari
artisti), Pinocchio e la sua immagine, Giunti, Firenze, 2006.
– Pinocchio, illustrato con 309 xilografie di Sigfrido Bartolini e introdotto da Luigi Volpicelli,
Fondazione Nazionale “C. Collodi”, Pescia, Mauro Paglia Editore, Firenze, 2007.
– L’avventurosa vita di Collodi e del suo immortale burattino, in «la Biblioteca di via Senato», Milano,
2010.
– Le avventure di Pinocchio (Tradotto in milanese da Alfredo Ferri), Luni Editrice, Milano, 2015.
– Maria Rita Bozzetti, I due Pinocchio (Poemetto con illustrazioni di Antonio Stanca), Milella
Editore, Lecce, 2016. A questo libro con dedica di M. R. Bozzetti, Pinuccio era molto legato perché la poeta era sua amica da tempo.
– Elio Palombi, Pinocchio e la inGiustizia, Grimaldi & C. Editori, Napoli, 2017. A questo libro
con dedica di E. Palombi, Pinuccio era molto legato perché l’autore (napoletano) era suo amico da tempo.
Erano ormai passate due ore da quando avevano iniziato la consultazione delle copertine e dei frontespizi dei suoi Pinocchi, e ora Pinuccio era stanco, molto stanco. La sua vecchiezza si faceva ormai sentire. Una sua nipotina, vispa e allegra, gli chiese:
«Zio, ma non c’è un Pinocchio al quale tu tieni di più?».
«Sì che c’è. Ma non è un libro grande e bello, con tante illustrazioni. Devi sapere, cara, che un giorno lo zio, grazie a un signore milanese-napoletano, Mario Scognamiglio, titolare di una meravigliosa Libreria antiquaria di Milano (Rovello), era diventato componente di una prestigiosa Associazione Internazionale di Bibliofilia (Aldus Club), presieduta da un grande scrittore italiano, Umberto Eco, autore del famoso libro Il nome della rosa. Questo scrittore aveva curato un libro stranissimo – Povero Pinocchio. Giochi linguistici degli studenti al Corso di Comunicazione (Comix, Bologna, 1995) – introdotto da una sua Nota editoriale. Ma di questo libro ti parlerò un’altra volta».
Ora Pinuccio, dati i suoi 90 anni, era veramente molto stanco, per cui licenziò i nipoti e se ne andò a dormire.
Passarono ancora altri giorni, altri mesi, qualche altro anno ancora. Un giorno, però, uno dei tanti della sua vecchiaia un po’ solitaria, sentì che la fine si stava avvicinando. Viveva ancora nella sua casa colma di libri e gonfia di tante storie della varia umanità. Quasi sempre, d’inverno, egli si sedeva in una comoda poltrona accanto al caminetto e allo scaffale della sua collezione dei Pinocchi, dove leggeva nuovi libri ma anche rileggeva quelli già letti. Davanti a sé però teneva sempre il suo giocattolo del vecchio artigiano magliese.
Fu un nodo alla gola che lo fece trasalire. Sentì venirgli meno il respiro col vento refolo della morte che gli fischiava nelle orecchie. Non ebbe paura ma, guardando il suo giocattolo, pensò: «Chi mai potrà capire il rapporto che per tutta una vita c’è stato tra me e questo pezzo di legno. Nessuno potrà sapere, nessuno potrà capire».
Così, col pianto che gli rigava il volto, fece un ultimo sforzo. Prese il suo Pinocchio, per tanto tempo divenuto quasi un figlio di legno, e lo gettò nel fuoco.
I suoi occhi si spegnevano alla vita mentre il suo giocattolo si consumava nel fuoco.
* Pinuccio e Pino sono nomignoli usati nella mia terra. Si tratta di diminutivi di Giuseppe: GiusepPino, GiusepPinuccio.
[Questo racconto breve è stato pubblicato nell’ottobre 2023 da La nave di Teseo come quarto numero dei Quaderni dall’Aldus Club di Milano, PINOCCHIO Un bugiardo di successo (2024) curato da Matteo Luteriani.]