Il diario di Vittoria

Nelle ultime recensioni di Gianluca Virgilio compaiono studi filosofici del prof. Invitto che comprendono questo itinerario di paesaggi interiori, dove le emozioni svelano verità, assemblano ricordi che rifondano il vissuto.

Nel diario di Vittoria c’è un passo che ognuno di noi almeno una volta nella propria vita deve aver pensato:

“Io sola mi sento estranea e malinconica. Io qui non sono nel mio mondo, ho paura di dare fastidio,  meglio star sola, questa non è la mia terra, qui non ho le mie radici.”

Solitudine esistenziale come conseguenza dell’esilio del sé, temporaneamente annodato, chiuso nella scatola dei ricordi, ma presente alla coscienza e a cui Vittoria ritornerà.

Nella prefazione il riconoscimento del valore dei diari come fonti della storia è oltremodo sentito non fosse altro perché chi si esprime in merito è Fabio Grassi Orsini, diplomatico, storico,  preside di facoltà a Siena, direttore dell’Archivio della Farnesina, nonché autore del mitico Il tramonto dell’età giolittiana nel Salento (1973) e nipote dell’autrice, scomparso nel 2018.

Grazie anche alle note del prof. Tonio Solazzo promotore della pubblicazione, la lettura  viene contestualizzata nella cronaca di quegli anni e le riflessioni di carattere privato di Vittoria entrano in un contesto più ampio: nella Storia – quella con la lettera maiuscola – i cui eventi si sono intrecciati in quegli anni con la vita tranquilla di Materdomini, villa che sorge nell’area della Valle della Cupa, non lontano da Arnesano dove Ferzan  Ozpetek  ha ambientato parte del set  di Mine Vaganti.

Materdomini (Arnesano)

Qualche anno fa ho visitato Materdomini e nello stesso giorno ho acquistato il libro. Silvano annaffiava il giardino – quello della scena finale del ballo nel film –  e mentre raccontava io pensavo ai personaggi storici che hanno fatto visita alla famiglia: Umberto II di Savoia affacciato al balcone del bel prospetto  per chiedere sostegno politico alla “gente di Mater Domini”, visto che non avrebbe potuto contare su quello dei padroni di casa.

L’estate del 1943 ci furono dei bombardamenti all’aeroporto di Galatina (2 luglio) a Leverano (23 luglio) il 4 settembre a Taranto (porto e aeroporto) e agli aeroporti di Manduria e San Pancrazio.

Dal 10 settembre 1943 Brindisi fu per 5 mesi – fino all’11 febbraio 1944 – capitale del Regno del Sud.

Giuseppe Grassi (1883-1950), figlio di Pasquale che viveva a Martano, fu tra coloro che avevano familiarità e contatti con la famiglia reale, da qui le visite e l’incontro con la regina Elena che viene descritta nel diario come una donna vinta dal dolore per la deportazione della figlia Mafalda a Dachau.

Il Grassi aveva avuto come maestro V.E. Orlando (ricopriva la cattedra di Diritto amministrativo)  in seguito avrebbe frequentato i corsi di S. Romano, A. Codacci-Pisanelli, e P. Chimenti.

Si distaccò dalle posizioni di Orlando e comparve nei candidati giolittiani per le elezioni.

La visita di Umberto II a Materdomini mirava a fini elettorali, il garbato rifiuto del Ministro Grassi, il passaggio per Arnesano del Re Vittorio Emanuele III in auto, fanno parte di quegli anni in cui l’Italia visse divisa tra il Regno del Sud e la repubblica di Salò. Purtroppo, però, non sempre il racconto della storia  manualistica tiene conto dei diari, dei carteggi le uniche fonti che ci mettono a contatto con l’autenticità dei personaggi e sono preziose proprio per il loro carattere di non intenzionalità.

Anche se il Sud non fu toccato che marginalmente la guerra imponeva un regime di vita essenziale anche a Materdomini, residenza di campagna del principe Sebastiano Apostolico Orsini Ducas (Lecce, 1853-1931) che appare nel racconto della nipote Vittoria già come uno zio d’altri tempi, latamente gattopardesco. La villa fu fatta costruire dal padre Sebastiano Apostolico presidente della Gran Corte Criminale e originario di Nocera Inferiore.

Grazie all’interesse in campo agrario di Sebastiano Junior molte innovazioni furono realizzate nella conduzione delle sue aziende vinicole e la comunità di Mater Domini apparve sempre più, anche grazie agli eredi, una felice soluzione di azienda-comunità per quei tempi forse non diffusa nel profondo Sud. Forse gli spetta un altro merito (o non si dovrebbe considerarlo tale?): sembra sua, infatti, l’idea della proposta del Salento come regione autonoma dalla Puglia che fu successivamente presentata alla Costituente.

La storia sullo sfondo è anche quella di Giuseppe Grassi, padre di Vittoria, che oltre alla brillante carriera politica, costituì nel 1945 insieme ad altri produttori agricoli tra cui Vallone e Guerrieri, la “Compagnia di navigazione salentina” (Cosana) finalizzata all’import-export dei prodotti agricoli, soprattutto vinicoli, che non ebbe però il successo sperato. (cfr. G. Vallone, Luigi Vallone imprenditore e politico, in “ la Città”, Anno V, n.9,1997, p.1) .

Il Grassi partecipò ai lavori dell’Assemblea costituente, giovanissimo fu eletto deputato al primo Parlamento a suffragio “quasi universale”, fu Sottosegretario agli Interni, istituì la Corte d’Appello di Lecce.

La recente storiografia ha messo in luce l’ambiguità della sua decisione nel voto per l’art.7 che sancisce la compatibilità dei Patti Lateranensi con la Costituzione italiana, ma capita a volte di mentire anche a noi stessi.

Stranamente è questo anche il messaggio del film girato a Materdomini.

[2013]

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