Poi, agli inizi di giugno, avevo ripensato a questa discussione, leggendo un articolo di Ernesto Galli Della Loggia sul “Corriere della Sera”, dal titolo “Ma il futuro dell’Europa è anche nel suo passato”. Nell’imminenza delle elezioni europee lo storico, autore di stimolanti interventi sul quotidiano milanese, si interrogava sul significato dell’essere oggi europei, in un contesto determinato da alcune differenze rispetto a tutte le altre zone del pianeta, abitate da popolazioni di origine non europea. A tal proposito egli richiamava sette caratteri ambientali, visivi e sonori, tipici dell’Europa, così come li aveva elencati un noto storico polacco, Krzysztof Pomian: 1) la particolare struttura urbanistica delle città e dei paesi, caratterizzata da una piazza centrale; 2) l’alfabeto che si distingue dagli altri presenti nel pianeta (da quello arabo, alla scrittura ideografica cinese); 3) la particolare densità delle immagini negli spazi privati e pubblici; 4) la frequenza, tra esse, della figura umana maschile e femminile; 5) il suono delle campane; 6) la fitta presenza di vestigia greche, romane e medievali in tutto il territorio. Infine Pomian citava un ultimo carattere, quello relativo alla presenza di croci [e aggiungerei di edicole votive] su alcuni edifici e nei cimiteri, ma anche lungo le vie cittadine, agli incroci oppure al bordo delle strade nelle campagne. Penso alla presenza delle caratteristiche edicole votive, ornate delle immagini dei santi protettori, lungo i percorsi delle montagne in Austria, custodite con grande cura dagli abitanti, a segnare in modo indissolubile quei meravigliosi paesaggi.
Leggendo quelle pagine ho pensato che anche l’intervento promosso a Parabita sulle edicole votive andava a toccare un nodo molto sensibile del nostro vivere in comune e non doveva essere limitato ad una questione locale. Ripensando alle varie installazioni, nel momento in cui viene annunciato l’arrivo di un’opera di Michelangelo Pistoletto, artista reso celebre dalle vicende, pur contraddittorie, della sua Venere degli stracci, ora tornata a giganteggiare nella napoletana Piazza del Plebiscito, come dono dell’artista, non si sa quanto gradita ai napoletani, visto che le avevano dato fuoco una prima volta. L’opera dell’artista piemontese occupa ora una delle edicole centrali di Parabita, ornata da una decorazione in ferro battuto; non sono tuttavia riuscito a sapere quale immagine sacra è stata rimossa per ospitare la nuova creazione.
Nel ripensare agli interventi già realizzati non posso non notare che una delle edicole, posta nel centro storico a chiusura della strada principale, recava una statuetta della Madonna della Coltura, ornata di umili fiori di carta, protettrice della cittadina e legata alle sue attività agricole. Oggi contiene una specie di tavoletta sumerica, recante dei graffiti di una scrittura misteriosa, che l’artista ha creato come misura di un’indicibile incomunicabilità. Opera certamente interessante, ma collocata al posto della protettrice di Parabita, alla quale i passanti potevano rivolgere un rapido pensiero, e forse anche una preghiera.
Ed infine una riflessione conclusiva, per la quale chiedo davvero un ripensamento: in una delle edicole fuori dal centro storico è stato collocato un gruppo in terracotta, opera non priva di caratteri stilistici interessanti. Il titolo è “Annunciazione” (forse sostituisce una immagine con questo soggetto?): nelle due statue si riconosce una figura femminile e di fronte a lei, a sostituire l’arcangelo Gabriele, l’immagine di un animale, forse il lupo cattivo che insidia Cappuccetto Rosso? Non so se la sensibilità del clero e dei fedeli di Parabita sia stata turbata da questa immagine che rasenta la blasfemia, giocando sui doppi sensi, ma che riguarda l’Annunciazione. Per i cristiani, essa rappresenta un tema centrale della loro fede.
Oggi si parla tanto dell’ideologia “woke”, termine orribile, importato dal mondo anglosassone che rappresenta, a vantaggio del “politicamente corretto”, il rifiuto dei valori tradizionali dell’Occidente, in cui il Cristianesimo appare tra gli obiettivi primari. Spero che nel progetto di Parabita si faccia maggiore attenzione ad evitare che determinate scelte, pur valide per il calibro degli artisti coinvolti, non diano origine ad equivoci e ad inutili e dannose polemiche. A tal fine rinnovo la mia richiesta di documentare e rendere pubblico lo stato delle edicole prima di questi interventi e magari di avviare un censimento generale, anche di quelle in aperta campagna, di concerto con la Soprintendenza.