di Guglielmo Forges Davanzati
Soprattutto a seguito della ripresa post-Covid e del rapido aumento della domanda di lavoro a partire dal 2022, l’attenzione mediatica è stata attratta dalla carenza di personale (il cosiddetto labour shortage), prospettata come un problema di estrema rilevanza per le imprese italiane. Si stima che, su base annua, le nostre imprese non trovano circa 150 mila lavoratori, che il problema è accentuato per le qualifiche basse (mismatch quantitativo) e che, per i laureati, il medesimo problema si verifica per il disallineamento fra il titolo di studio domandato dai datori di lavoro e quello acquisito dai potenziali assunti (mismatch qualitativo). Si tratta – è bene chiarirlo – di un fenomeno non solo italiano, oggetto di studio da parte delle Istituzioni europee (si rinvia, a riguardo, a Eurofound, Measures to tackle labour shortages: Lessons for future policy, Publications Office of the European Union, Lussemburgo, 2023).
Si tratta ormai di un topos del dibattito pubblico italiano e di una ricorrente doglianza di Confindustria. Vediamo allora se gli argomenti utilizzati reggono alla prova dei fatti.