A chiare lettere. Un dialogo tra scienza e umanesimo. Carteggio Ferdinando Boero – Angelo Semeraro (14 febbraio 2006 – 14 febbraio 2008) 6.

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09.04.06

Caro Nando,

ho letto il testo che mi hai allegato, apprendendo cose che non sapevo. Non so però se hai pensato a un target; a chi pensi di rivolgerti insomma. Da qui forse le perplessità degli editori che hai consultato. La lettura è piacevole, anche se personalmente trovo che, ad es., quel protrarsi di considerazioni su Bill & la first lady disturbi un po’. E’ un eccesso a cui potresti facilmente rimediare, proprio per rimanere fedeli al titolo e alle movenze del bello. Della bellezza abbiamo bisogno estremo e qui non c’è differenza che tenga. Il caimano ci ha reso tutti un po’ volgari e mi auguro che il voto di oggi e di domani ce ne liberi. Altrimenti, ha ragione Serra oggi, ci sentiremo stranieri in patria. Speriamo bene. E attenzione ai colpi di coda.

Un caro saluto

a.

p.s. scusami se sorvolo sulle supercazzole per evidente imbarazzo. Nell’ignoranza che denunci ci sono dentro anch’io, anche se un po’ di darwin e dintorni non me lo sono fatto mancare, come a te non è mancato Leopardi e Manzoni).

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11.04.06

Grazie Angelo.

Il discorso di Bill è funzionale a spiegare la teoria del caos in  modo accessibile a tutti, l’effetto farfalla è difficile da capire,  mentre l’effetto Monica Lewinski lo capiscono tutti. E poi prende due pagine su duecento! Il target è semplicemente: tutti. E’ un libro scritto in modo che tutti capiscano e che tutti possano divertirsi. Lo scopo segreto è che imparino qualcosa che non sanno e che scoprano cose che li porteranno in altre direzioni. Monica e il caos sono una di quelle. Un pettegolezzo può cambiare il corso della storia. Strano che sia la cosa che più ti ha colpito. Ora scappo ad Atene. tornerò mercoledì. Saprò se ci siamo liberati di  Silvio con un po’ di ritardo. Non nutro mai grandi aspettative  dall’intelligenza umana, ma l’elezione di Vendola in Puglia mi ha 

insegnato che a volte il troppo è davvero troppo. Tanto da eleggere un omosessuale comunista orecchinato al posto di un democristiano clientelare in gessato. Ma i miracoli non avvengono sempre, altrimenti non sarebbero miracoli.

n.

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24.04.06

Caro Nando,

un mezzo miracolo c’è stato, ma non so se basterà. E comunque sentire un biologo parlare di miracoli proprio non me lo aspettavo. Si tratta solo di un pugno di voti che ha fatto la differenza. Ma poi a pensarci bene sono pur sempre venticinquemila persone che considerate su scala più piccola rispetto alla grande platea degli elettori sono pur sempre persone pensanti e giudicanti.Viva la difference, allora!

Solo oggi posso riprendere il mio dialogo con te, che nel frattempo hai esondato per ogni dove: ho letto cose tue su Paese nuovo (perché lisci tanto il pelo alla stampa nostrana per lo spazio che offre alle tue riflessioni? Non sai che con le nostre incursioni critiche li aiutiamo a tirarsi un po’ su e che alla fin fine a pagarli siamo sempre noi? Non hai visto “Reporter” iersera? Le belle facce toste di Ferrara, Belpietro & comp.? Tutte cose intelligenti (anch’io da piccolo pensavo che fornicare fosse qualcosa che avesse a che fare con le mostruose formiche argentine di Calvino)

Le cose ci fanno intelligenti. “Cosa” del resto è pur sempre causa sui; possiede una spiegazione in se stessa, e a noi sta tutto l’onere di disvelarle. Con gli umani non sempre è così. Le intelligenze bisogna cercarsele con la lanterna, come Diogene. Non parleremo più del Cavaliere, per disintossicarcene un po’, ma ti sembra di poterlo definire intelligente nonostante la innegabile sua dose di astuzia? Guai però ai troppo astuti! I cattolici peccano per troppa astuzia, ammoniva Gramsci. Lui non è cattolico se non di facciata e convenienza, ma ha pur sempre un suo dio di riferimento nell’illimitato (e un pò fanciullesco) desiderio di power & glory. Sono queste passioni “tristi” che gli impediscono il “riconoscimento” dell’avversario.

Il cavaliere è un caso da studiare, anche se Platone aveva già detto abbastanza sulle sette maschere (anzi otto, perché c’è pure quella “virtuosa” di Socrate nel Simposio) della comunicazione. Si meriterà anche un bel corso monografico, ma prima occorre che esca di scena, sennò gli allievi pensano che andiamo da loro a fare propaganda politica, e invece no: è proprio un bel caso di scuola, di comunicazione illusoria per gli illusi (quelli che, letteralmente, vogliono stare al gioco della cuccagna che ha messo in moto da buon illusionista). Gli dobbiamo l’alto tasso di furbizia e cinismo nazionale. Ci ha fatti diventare come siamo, “giorno dopo giorno e poi all’improvviso”, direbbe Hemingway (Fiesta, ma anche Verdi colline d’Africa dovresti proprio leggerteli: gioverebbe alle meduse), per cinque anni di fila, cioè un po’ più stupidi ed egoisti. Ma forse, chissà, è il momento di riprendere fiato e fiducia, nonostante le macerie che ci toccherà spalare. Già, Fiducia! Cioè Speranza e anche un pò Fede, un’offerta di senso che apra qualche orizzonte di possibilità. Qualcosa che inauguri, avvii, apra al non pensato, come avviene a voi sperimentatori quando maneggiate provette e alambicchi; una forza di cui non si ha  conoscenza. E per ora mi fermo qui. Auguri a tutti noi.

Ti saluto

a.

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26.04.06

Caro Angelo,

a me piace scrivere, e se mi chiedono non so sottrarmi. Non ho visto quel che è uscito su Paese Nuovo. Il fatto è che Ada, la giornalista, una volta è venuta qui e mi ha chiesto notizie su cose interessanti. E io le ho dato il nome di un ricercatore. Lei ha scritto l’articolo e i cattedratici si sono imbizzarriti. Ma come! Fa un articolo su un ricercatore e non su di loro? e lei era molto mortificata. Così le ho dato una diecina di spunti di miei dottorandi, tecnici, ricercatori, in modo da descrivere la “bassa manovalanza” e lasciare in disparte i tromboni. E lei ha fatto dieci articoli con tanto di foto in prima pagina. Perchè non ricambiare con un articolo incensatorio? Dopotutto ho detto quel che è effettivamente avvenuto…. il pubblico. Vedi, io penso sempre che le cose vadano fatte per tutti. In questo copio il buon Darwin. Il suo libretto è, dopo la Bibbia, il libro più tradotto e ristampato. Ha scritto per tutti ed è un libro che può essere letto da tutti. Anche se ha rivoluzionato il pensiero umano. Sia scientifico sia filosofico. Quando i miei studenti preparano la presentazione delle tesi io dico sempre: dovete fare la vostra presentazione a vostra nonna e dovete accertarvi che abbia capito tutto. Le presentazioni degli studenti dei miei colleghi sono incomprensibili a me. Troppo tecniche. Che senso ha? Se scrivo un libro, deve essere per tutti. Tutti quelli che sanno leggere. E per esserlo deve essere divertente, avere figure (ma senza didascalie), e deve poter essere letto a molti livelli. Per puro divertimento, o per trovare cose che magari hanno una qualche profondità. Come non formicare. Che poi ho preso dal libro.

Hemingway l’ho letto tutto. E non ho mai dimenticato una frase sullo scrivere: non scrivere nulla che non diresti a parole. Mi è rimasta molto impressa. E ne ho fatto tesoro. Il computer mi rende la vita facile. A me capita di pensare che voglio scrivere qualcosa, ma non so cosa. Mi siedo davanti allo schermo, apro un file nuovo, metto le mani sulla tastiera e comincio a scrivere. La velocità delle mie dita è in sintonia con il mio cervello, e le cose escono senza che io debba pensarci. Quando parliamo, magari dialogando con qualcuno, mica pensiamo a quel che stiamo dicendo. Lo diciamo, e mentre diciamo una parola, quella innesca le successive. Ecco, io riesco a fare questo mentre scrivo, anche se non c’è nessuno con cui dialogare, è una cosa miracolosa. E con l’andar del tempo mi capita sempre più facilmente. Poi, se la cosa deve essere stampata, a volte mi fermo a pensare a lungo su quel che ho scritto. Come diceva quel finocchione di Oscar Wilde: ho passato una mattina a mettere una virgola e un pomeriggio a toglierla. Oppure poi cerco di ridurre il numero delle parole. Cosa facilissima perchè ne scrivo veramente troppe, come hai giustamente notato.

Il problema è che non sono uno scrittore, devo fare altre cose. Però mi intriga questa praticamente innata abilità nel produrre lo scritto con la stessa modalità con cui produco le parole. Mi chiedo sempre se è una cosa comune, oppure no. Un tempo facevo scalette, schemi, con un percorso definito e una griglia di argomenti. Il libro sulla

bellezza, invece, l’ho scritto cominciando dal primo capitolo e andando avanti fino a quando non l’ho finito. Senza sapere mai quel che avrei scritto dopo. Anche se il buon Hemingway diceva che uno scrittore non deve mai smettere di scrivere quando non ha più niente da scrivere, deve smettere quando sa perfettamente quel che vuol mettere nelle pagine successive, in modo da elaborarlo inconsciamente quando non scrive. E ho cercato per molto tempo di fare così, ma poi il giorno dopo non ricordavo più quel che avevo così chiaro quando avevo smesso. Che fregatura. Non c’è un modo solo.

Quanto a berlusca, lui rappresenta l’ideale di metà dell’Italia. Così come lo rappresentava Mussolini. Non sono loro che sono stronzi, siamo noi. Loro ci danno quel che vogliamo. L’Italia non è un paese maturo culturalmente. Magari sappiamo molte cose, la scuola insegna tantissime nozioni, ma non insegna il senso dello stato, il valore dell’onestà, della collettività. Abbiamo abbracciato la filosofia del liberismo, del privato: ognuno per sé. Vince chi è più furbo. Dall’altra, allora, i legulei s’inventano lacci e lacciuoli, che impediscono di lavorare a quelli che vorrebbero seguire le regole, e giustificano quelli che non le seguono. Dobbiamo andare incontro a una mutazione culturale profonda, e questa può cominciare solo dalla scuola e, anche, ridimensionando mediaset. Perché se a un ragazzino poni l’alternativa tra andare a scuola e andare in una sala giochi, quasi invariabilmente sceglierà la sala giochi. Non possono essere in alternativa. La televisione con tette e culi, coi quiz, e con i telefilm seriali non può coprire interamente tutto il tempo, dalla mattina alla mattina seguente. Perché i fessi la guardano. Ma poi chi sono io per dire questo? Pol Pot?

ciao

n.

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28.04.06

Caro Nando.

è vero quanto dici sull’ignoranza nazionale. Ci ho pensato tanto, inutilmente arrovellandomi, e vi ho scritto qualche libro. E prima di me e di te, prima dell’età  televisiva su cui molto è stato detto e scritto tra apocalittici ed “evangelisti” (o integrati), ci avevano pensato i Lumi, le borghesie di pensiero. Ho letto qualche anno fa un bel libro di Striano, Il resto di niente, che ha romanzato le vite di quei poveri illusi che furono Cirillo, Pagano, Eleonora De Fonseca, ecc.ecc. Un libro romanzato e a tratti pittoresco sulle rivoluzione fallita dei napoletani (l’autore è un napoletano) e del sud sui sanfedisti e sui lazzari che in piazza mercato esibivano pezzi di carne umana (un dito, un braccio) di nobili e borghesi raggiunti e sgozzati nei loro confortevoli palazzi: gli stessi che avrebbero voluto liberare il popolo dei bassi dalla tirannide e dall’ignoranza. La differenza è che le plebi sette-ottocentesche erano disperati senza pane e senza terra (e dunque senza futuro). Oggi i sovversivi sono al potere e si sono fatte le loro belle leggi di impunità e immunità, a protezione di tutti quelli che si sono voluti arricchire con le disinvolte operazioni finanziarie che conosciamo. La scuola, la cultura non abitano più nel belpaese e bisognerà cominciare tutto daccapo, come già è accaduto altre volte.

Ieri in treno per Bari, innanzi alle macerie dell’ecomostro abbattuto a punta Perotti, che sono impressionanti se viste a livello stradale (e non frontalmente o dall’alto come ce le ha fatto vedere la tv) una signora, ben vestita e ben presente a se stessa nel modo di ragionare, si rammaricava per tutto quello spreco di lavoro umano abbattuto. Non la sfiorava né l’idea della deturpazione, l’oscenità nemica di ogni bellezza, perché così è, come tu dici, ogniqualvolta si offende la natura, né quella dell’immunità di cui hanno potuto godere gli speculatori edilizi, dal dopoguerra in qua. Ha potuto solo consolarsi quando un po’ scherzando le ho ricordato, appunto, che siamo divisi a metà, come dice il responso elettorale, e che l’alternanza dobbiamo rassegnarci a viverla così: che per cinque anni si fa e per i successivi cinque anni si disfa pensando di rimediare. Che abbiamo deciso, o qualcuno ha deciso che decidesse per noi, la corrente alternata del riformismo e della reazione. La scuola, tu dici. Un’idea così cinica e chiara non ha bisogno di scuole. E tu credi davvero che Mediaset, la scuola diffusa e pervasiva dello stupidario mediatico, verrà toccata? Non hai sentito il Prevosto? Non c’è scritto nel programma. Prepariamoci a tempi non meno duri.

E ora mi preparo per andarmene a lezione. Ma cosa gli dico? (E come si fa in queste condizioni un numero su fiducia/sicurezza?)

caramente

a.

(continua)

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