Agesilao Flora e la committenza galatinese (parte seconda)

Paolo Vernaleone aveva conosciuto Flora e il livornese Michele Aliboni a Firenze dove prestava servizio come ufficiale medico nel Corpo dei Bersaglieri. Il Flora e l’Aliboni, probabilmente in seguito alla conoscenza del Vernaleone, ebbero una commessa ad Alezio e delle collaborazioni presso la fabbrica di ceramiche di Grottaglie.

Collaboratore affiatatissimo del Vernaleone fu naturalmente attivo anche a fianco di Carlo Mauro quando a Galatina si lottava per l’organizzazione sindacale.

Nel 1906 durante uno dei comizi, Carlo Mauro fu preso a sassate:

“una pietra lo colpì all’inguine, un’altra alla testa. Cadde svenuto. Lo salvarono il pittore Agesilao Flora (che sarà poi definito “l’incubo della polizia”) ed il galatinese Salvatore Fedele che gli fecero scudo con i loro corpi.” (15)

 Per questo suo impegno politico Flora fu considerato come punto di riferimento per i giovani artisti che condividevano i medesimi ideali politici: tra questi Raffaele Giurgola che lo ritrasse nel 1925, presentando alla terza Biennale di Gallipoli Testa di Agesilao Flora.

Dei rapporti con i Mezio, ricchissimi esponenti dell’elite agraria, non abbiamo documentazione significativa se si esclude una fotografia di una decorazione murale (peraltro non identificata) regalata a Michele Mezio, sindaco di Galatina (dal 16 aprile 1891 al 24 settembre 1894).

Il Flora fu attivo anche per i Bardoscia, e grande ammirazione nutriva per Pia Bardoscia, ma la famiglia che lo accolse fraternamente fu quella di Luigi Galluccio-Mezio, che ereditava nel 1930 dopo la morte dell’ultimo Mezio, Francesco, tutta la fortuna di quella casata.

Di temperamento mite e bonario, il Galluccio-Mezio guardava con grande simpatia il Flora rammentando che in casa Mezio si erano tenuti anche incontri della locale Vendita Carbonara. (16 )

Nel 1896 ha inizio l’attività artistica per la committenza privata: riceve l’incarico da parte di Stefano Mongiò di decorare gli ambienti del palazzo sito in Via Lillo (attuale Carrozzo).

 C’è una conoscenza approfondita del soggetto mitologico, la descrizione è dettagliata: le Ore, figlie di Elio, divinità alate che accompagnano l’Aurora, sono sue ancelle e impersonano le stagioni e le ore del giorno.  

Fig.1 Galatina, Palazzo Mongiò (attuale Carrozzo), L’Aurora.

 Nella sala di rappresentanza campeggia il dipinto denominato nella scheda biografica del Foscarini L’Aurora, ma è evidente una contaminazione con il soggetto mitologico della Leda e il cigno (Fig.1). Il cigno (simbolo della bellezza) trasporta Aurora al posto del tradizionale carro. Nel mito, il cigno è attributo del dio Apollo (Elio), fratello di Aurora.  La composizione caratterizzata da grandi figure femminili descritte nella loro più opulente carnalità è di forte effetto: era la decorazione destinata all’ambiente di rappresentanza del Palazzo e, considerata la data di esecuzione, in piena corrente purista, la raffigurazione poteva apparire come soggetto sicuramente trasgressivo (Fig. 2-3). E’ riconoscibile l’omaggio agli studi di nudo di Bruschi, come ad esempio La Sorgente (un olio su tela del 1899) ma, soprattutto, anticipa i materiali pubblicati da The Studio: vedi le decorazioni di Herbert J. Draper in cui vengono raffigurate  divinità alate (fig. 4). Nella realizzazione galatinese le figure sono meno stilizzate rispetto a quelle di Draper così eteree, impalpabili, fluttuanti prive quasi di carnalità e quindi vicine alla religiosità del Preraffaellismo. Le divinità del Flora sono al contrario, corporee, maccariane, italiche.

Fig.2 Galatina, Palazzo Mongiò (attuale Carrozzo), L’Aurora, part., Le Ore
Fig.3 Galatina, Palazzo Mongiò (attuale Carrozzo), L’Aurora,part. Le Ore

Nei fregi, al contrario, nessuna concessione a suggestioni inglesi, è pedissequo l’uso dei repertori neo-cinquecenteschi: delfini affrontati (per gli angoli della volta), perlinature, colonnine con festoni barocchi, intervallate da pseudo-metope raffiguranti strumenti musicali, palmette, girali d’acanto, mascheroni pre-barocchi molto simili agli uomini-foglia del Tarantino, i greenman, sintesi tra natura e magìa sulle facciate delle chiese neretine e, festoni, come nella più pura tradizione rinascimentale.

Fig.4 H.J. Draper, Prospero convoca le Divinità e le Ninfe, pittura murale, da The Studio.

 Negli altri ambienti la decorazione è meno studiata, più naturale, meno ufficiale: non più repertori accademici, ma vegetazione spontanea minuziosamente descritta. Le figure sono sfumate, prive di disegno preparatorio, frequente l’uso del monocromo. Il motivo del “quadro cartolina”, ripreso da Annibale Brugnoli, per la rappresentazione delle stagioni. (Fig. 5)


Fig. 5 Galatina, Palazzo Mongiò (attuale Carrozzo) Le Stagioni, part. Autunno.

La medesima tecnica è presente nella decorazione di Palazzo Mongiò (castello) di impianto cinquecentesco. (Fig.6)



Fig. 6 Galatina, Castello, Vedute campestri.

Nel 1897 anno in cui Maccari giunge a Nardò per la decorazione della Cattedrale, Flora riceve l’incarico per la decorazione della chiesa dei Battenti dove raffigura La Vergine in Gloria e Santi, in cui predomina una elaborata costruzione dello spazio alla maniera tardo-barocca. La Vergine siede sul poggiolo di nubi, sul suo capo un movimento vorticoso di serafini ed un angelo adulto che incensa. Al di sotto della Vergine, prossimo al bordo della cornice, uno scorcio di architetture suggerisce uno spazio più terreno dove sono raffigurati i Santi che Le offrono lodi.

 

Fig.7 Galatina, Chiesa del Carmine, La Vergine del Carmelo e San Simone Stock

Perduto è invece il lavoro realizzato nella chiesa delle Anime.

Nel 1915 attende alla decorazione della volta nella chiesa del Carmine con il soggetto La Vergine del Carmelo e San Simone Stock (fig.7 – tav. 34).

La decorazione è datata e firmata (A.Flora/1915) e reca le iscrizioni: FOEDUS PACIS/SALUS IN PERICULIS.

I due gruppi di figure non occupano il centro della composizione. Lo spazio è delimitato da una cornice mistilinea dorata dalla spessa sagomatura ornata da quattro serafini. Come nella chiesa dei Battenti anche al Carmine lo spazio è distinto in due dimensioni: quella ultraterrena che ruota e da cui si stacca l’Angelo per offrire a S. Simone lo scapolare mentre la Vergine, ammantata d’azzurro con in braccio il Bambino, osserva la consegna dello scapolare al Santo inglese (Simon Stock morto nel 1265). L’altra dimensione è quella terrena contrassegnata da architetture su cui è inginocchiato San Simone nell’atto di ricevere l’attributo e simbolo della sopravveste che l’avrebbe salvato dal fuoco dell’Inferno.

Nella tradizione si parla di un’apparizione questo spiega la presenza delle due figure di donne poggianti su architetture.

Magistrale è l’esecuzione della finta cassettonatura realizzata in monocromo e oro: clipei, festoni, cartigli, girali fitomorfe, rosette in sottosquadro, serafini. L’effetto del rilievo trompe l’oeil compete con i lacunari barocchi delle chiese salentine conferendo alla decorazione un delicato gusto neoclassico: più che la pietra leccese è il marmo il riferimento visivo, il marmo della scultura decorativa classica, quello che il Flora deve aver osservato nei musei romani o ai Fori Imperiali.

 Non ci sarà difficile notare la cultura settecentesca di vaga marca tiepolesca della decorazione centrale, tanto più che questa era destinata ad un edificio di impianto settecentesco di cui sono evidenti le decorazioni del Cino in facciata.

 L’intervento del Flora ha rispettato nei colori limpidi e nei panneggi svolazzanti, tutta la freschezza e la leggerezza della scenografia tardo-barocca nell’interpretazione della corrente del neo-venetismo.

Fig.8 Galatina, Municipio, Aula del Sindaco, Allegoria dell’Italia.
Fig.9 Roma, Palazzo del Senato, C. Maccari, L’Italia, (Fototeca Hertziana, Roma, serie Roma Palazzi, N.24477)

Per la committenza civica realizza la decorazione della Sala del Sindaco di chiara ispirazione maccariana La libertà dei Comuni (Figg. 8-9 tav. 11) quasi un omaggio al maestro che aveva eseguito la figura dell’Italia libera nell’Aula del Senato a Palazzo Madama. Evidentissime sono infatti le somiglianze: entrambe le figure sono sedute ed hanno il capo cinto d’alloro.

 La loro maestosità di memoria classica era doverosa in edifici destinati all’esercizio del potere politico: la decorazione scelta conferiva un tono ufficiale che solo la pittura di storia poteva assegnare. Flora aveva in mente l’iscrizione maccariana SEI LIBERA SII GRANDE dedicata alla nazione e ne volle omaggiare Galatina che altrettanto coraggio aveva dimostrato nella lotta politica.

Il Flora aveva sperimentato siffatti repertori accanto al Maccari sia per il cantiere di Palazzo Madama come anche per il Palazzo Pubblico di Siena (1884-1890). (17 )

L’osservazione di Maccari è oltremodo evidente negli studi di nudo in collezione Faccioli-Pintozzi a Roma: uguali le pose dei modelli, le luci ed i colori.

L’ispirazione politica democratica contrassegnò anche l’iniziativa di fondare a Gallipoli nel 1910 una scuola d’Arte “A. Flora”.

L’impegno laborioso e costante del Flora, soprattutto quello devoluto all’iniziativa della scuola d’Arti Applicate, che lo portò a partecipare al Congresso Artistico Internazionale a Roma (1911) ed inoltre la coraggiosa attività politica, ci hanno suggerito un confronto con i pionieri delle comunità utopiche nell’Inghilterra vittoriana, di cui condivideva i comuni percorsi idealistici.

L’interesse degli inglesi per l’animato dibattito sulla questione dell’arte in Italia è testimoniato anche dalla presenza nel Comitato Patrocinatore del suddetto Congresso di Walter Crane e Roger Fry (personaggio chiave del mitico gruppo di Bloomsbury), che collaborarono in quell’occasione, con Basile, Berenson, Croce, Maccari, Bistolfi e con Ojetti, Pica,Venturi del Comitato Ordinatore.

Flora compare tra i congressisti accanto a Casciaro e Maccagnani Corrado Ricci ed Ernesto Nathan; pronunciarono i saluti formali, ma leggendo gli interventi si comprende bene come la tradizione inglese fosse presente nei dibattiti e accanto a questa un nuovo spirito critico:

“Il signor Ugo Ojetti propone al Congresso il seguente ordine del giorno: Il Congresso artistico Internazionale in seduta plenaria fa voti perché nella Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma si formi una raccolta di dipinti di sculture e di stampe di tutto l’Ottocento, cosicché lo svolgimento dell’arte italiana sia nei nostri musei rappresentato in tutta la sua ammirevole continuità senza illogiche interruzioni.” (18)

Non meno importante fu il viaggio di Janet Ross nel Salento, durante il quale visita nel 1889 Galatina dove Pietro Cavoti la attende per farle da guida nella chiesa di S. Caterina d’Alessandria (19).

Il riconoscimento accordato alla cultura pittorica dell’Ottocento, dopo la ventata futurista, ci sembra denso di nostalgie patriottiche, forse, perché tale era a quell’epoca la maggiore ispirazione dell’arte, ma accanto a questa c’era anche tutta l’epopea della provincia.

Il ritorno da Roma segnerà il distacco definitivo dalle correnti storiche che aveva realizzato anche nei Palazzi Colosso ad Ugento (1906) dal titolo Pastorizia ed Agricoltura e Palazzi Fedele e Spinola a Gallipoli (1907) dove dipinse rispettivamente Fanciulla tra Gigli ed Iris e La Fortuna e Scene gallipoline.

Un progetto decorativo significativo di questo mutamento di gusto sarà quello realizzato proprio nel 1911, anno del Convegno, a Casarano nel Palazzo di Piazza Indipendenza per l’industriale Luigi Capozza che conobbe il Flora a Roma.

Le suggestioni moderniste sono visibili nella citazione del colpo di frusta alla Obrist, nel motivo del nastro dove predomina la linea, nella leggerezza della cultura del Modernismo e nella figura femminile vagamente bistolfiana. Per gli stucchi invece è probabile la collaborazione di De Matteis.

Negli anni venti partecipa alle mostre collettive degli artisti pugliesi proponendosi quindi come pittore e non solo come decoratore (a Taranto 1921, Gallipoli 1923 per la II Biennale,a Lecce nel 1924 per la Biennale).

Un importante incarico gli viene commissionato intorno agli anni ’30 (1932-33) probabile inizio dei lavori) da Luigi Galluccio-Mezio di Galatina per la decorazione del Palazzo di Via Vittorio Emanuele e successivamente della villa “Tabelle” sulla strada per Galatone e solo intorno agli anni ‘40 del Palazzo in Via Garibaldi.

Singolare è l’assenza di un programma da parte del committente: nessun intento celebrativo o accenno alla storia della famiglia, nessun simbolo eccetto che per il blasone ma solo nel salone di rappresentanza, nessuna figura umana, solo una testa del Cristo nella piccola Cappella.

L’intervento di riammodernamento tocca le volte dipinte, gli stucchi per le chiavi di volta, per le nervature ed i fregi perimetrali, le sovrapporte, la boiseries, la tinteggiatura dei muri, la pavimentazione, la scelta dell’arredamento.

Durante questi anni approfondisce gli studi sul colore, sull’impasto, sulla luce, si confronta con i più disparati soggetti: processioni sacre, vedute e scorci dei centri storici, monumenti, nature morte, pochi ritratti, ma la preponderanza degli studi sui fiori è impressionante. Soprattutto le rose, in tutti i colori, in boccio e sfiorite dato che la sua carriera decorativa iniziò proprio con i celebri Festoni di rose della volta del teatro Argentina a Roma elogiati da D’Annunzio. (fig.10)

Fig.10 Roma, Teatro Argentina, D. Bruschi e aiuti, Decorazione della volta, part., A. Flora, Festoni floreali con rose.

Fig.11 Walter Klemm, Sera, Scultura in legno dipinto, da The Studio.

Flora è il direttore di un cantiere in cui il programma decorativo è proposto al committente dall’artista stesso, seguendo liberamente le suggestioni inglesi che tanto lo avevano interessato. I repertori decorativi tratti da The Studio vengono riportati quasi pedissequamente (figg. 11-12). (20)

Assente il motivo del “quadro riportato” di ascendenza raffaellesca, assente ogni riferimento accademico: neo-cinquecento, neo-classico, neo-venetismo, compreso l’orientalismo già in Palazzo Coppola a Lecce e a Palazzo Mongiò in Via Lillo (attuale Carrozzo), qui invece, compare un’atmosfera più intima, una dimensione esistenziale squisitamente ottocentesca e pre-unitaria in cui le concessioni al Modernismo appaiono calibrate.

Fig 12 Galatina, Palazzo Mezio, Le quattro stagioni, particolare. Estate, la transumanza.

Unico soggetto è la flora salentina, spontanea e di serra, una Natura protagonista assoluta, liberata dalle pastoie romantiche  ed altrettanto lontana dalle stilizzazioni moderniste, ma vicina piuttosto alla lezione dei Macchiaioli e ad una tarda assimilazione delle opere di Monet.

La costruzione dello spazio è condotta mediante i colori e le forme: poche riquadrature o cornici. Il supporto murario è assimilato alla tela della pittura da cavalletto: pochi cartoni preparatori, solo alcuni stampini per i gabbiani nella stanza del fondale marino. Per il resto esegue alcuni studi preparatori con tecnica ad olio su cartone pressato e successivamente tratteggia e traspone direttamente sulla muratura, a mano libera, proprio alla maniera dei “barbisonniers” con la tecnica del plen air.

La volta delle stanze viene ricoperta da alberi in fiore sì da denominarne gli ambienti: “stanza delle mandorle”, “stanza delle rose”: la freschezza dell’esecuzione è tale da simulare l’ambiente esterno, quello della campagna o del mare riproducendo una natura in movimento: rami ricurvi, rampicanti avvinghiati alle strutture di ferro battuto, pesci che nuotano nei fondali marini, gabbiani in volo (Figg. 13-14).


Fig. 13 Galatina, Palazzo Mezio, Fondale marino.
Fig. 14 Galatina, Palazzo Mezio, Giardino, part.

La preparazione del supporto murario viene eseguita con terre stemperate in olio ed aggiunta di calce. (21)

L’uso degli olii di noce o di lino in cui venivano decantate le terre conferiva alla dipintura una patina impermeabile che veniva lucidata alla fine dei lavori con un panno  di lana per esaltare la lucentezza dei colori ad olio secondo le regole del finto-fresco.

Ad una data avanzata come il 1940 il neo-rinascimento fu ancora utilizzato per la decorazione della volta del salone di Palazzo Galluccio di impianto ottocentesco.

L’esecuzione è magistrale: il repertorio decorativo rinascimentale è l’unico soggetto utilizzato per campire l’intera volta. Nessuna concessione al colore: i bianchi, i grigi e gli ocra vengono sfumati evidenziando l’effetto plastico del monocromo raffigurante  giochi di volute, foglie d’acanto e d’alloro, animali e strumenti musicali. Gran parte della decorazione è andata perduta.

E’ stata rimossa la dipintura delle porte a finto legno con motivo di api, di ascendenza britannica secondo i modelli proposti dalle Arts and Crafts i cui repertori concentrati su soggetti naturalistici erano in aperto contrasto con l’accademismo.

E’ nota infatti la posizione di contrasto che Costa assunse nei confronti di Podesti e Camuccini. (22)

Tale filone è presente appunto nelle realizzazioni pittoriche decorative che sostituiscono ingombranti e polverosi  arazzi con scenari naturalistici più intimi, di provincia appunto, suggerendo atmosfere macchiaiolesche e ottocentesche di un Lega o di un Borrani.

Non è casuale la preferenza accordata al Flora piuttosto che all’architetto romano Ferri i cui progetti, aggiornati secondo un gusto più internazionale, vagamente Liberty, o più precisamente “floreale” non incontrarono il gusto dei committenti che preferirono  artigiani locali: D’Andrea e De Donno di Maglie per i ferri battuti delle scale, dell’androne e la lanterna della terrazza. La pavimentazione è di Peluso, la cui attività aveva già respiro internazionale anche la mobilia in stile neo-cinquecento o impero, in quanto pre-barocco è l’impianto originario della casa.

Così tra neo-rinascimento, neo-venetismo, omaggio all’antico ed alla pittura di storia, macchiaiolismo ed impressionismo, il Flora ormai ottantenne terminava la sua carriera di grande artista, portando nel Salento le più aggiornate istanze del panorama artistico nazionale ed internazionale, proprio quelle che rinnovarono a Roma come a Milano, a Genova come a Napoli e Palermo e in tutta l’Europa gli interni delle architetture storiche.

Note

(14 ) C.Caggia, Carlo Mauro,in M.Montinari, Storia di Galatina,1972,p.414-415.

(15)C. Caggia, Carlo Mauro pioniere del Socialismo salentino,Galatina,1967,p.57.

(16 ) R. RIZZELLI, Memorie,Galatina,1912,p114-115.Altri Mezio sindaci di Galatina: Michele 19 maggio1810 -31 dicembre 1810; Michelangelo lo era stato dal 3 aprile1839 al 25 febraio1842.

Quanto alla Carboneria “Galatina ebbe anche la sua Vendita carbonara col titolo I figli di Bruto che fu tra le più importanti di tutto il Regno.” p.15. Il Rizzelli non cita i Mezio, se non Luigi Mezio nell’elenco della Guardia Urbana, ma nella memoria familiare si è tramandato il ricordo delle riunioni segrete, menzionate anche dall’Antonaci in cit. Galatina Storia &…, p. 601.

(17) Un fattore che concorse alla fortuna dell’arredo pittorico è l’importanza che riveste, nella seconda metà dell’800, la tecnica dell’affresco, anche se poco praticata rispetto al passato.

Come risulta dalla testimonianza di Cremonini, comparsa nel 1911 come contributo al Congresso Artistico Internazionale tenutosi a Roma in quell’anno, la pittura murale era considerata come logico complemento della struttura architettonica:”…L’affresco è… la sola arte che convenga al complemento delle opere dell’architettura monumentale e signorile. Riconosciuto il grave danno che reca all’arte l’abbandono dello studio dell’affresco; riconosciuto che l’affresco è la sola pittura che possa completare il significato dell’opera architettonica, in un colla scultura e tramandare alle più tarde generazioni il pensiero e il genio di un periodo d’arte; ritenuto che nella sua sintesi di forma, di colore, di vita e di effetto che sono richiesti per le opere migliori di arte, l’affresco è la sola pittura che possa tramandarle unitamente nei secoli e risanare la pittura ad olio; il Congresso Artistico Internazionale fa voti che presso tutte le nazioni artistiche sieno istituite d’urgenza scuola per l’affresco.” Cfr: A.CREMONINI, Studi ed esperienze nei procedimenti tecnici, Atti del Congresso Artistico Internazionale, Roma, 1911, p. 186-195.

(18 ) Atti del Congresso Artistico internazionale, Roma,1911.p.48.

(19) I prologhi di questa osmosi tra arti decorative, pittura ed architettura sono fissati da Morris e Philippe Webb nella Red House del 1860 e da James Mc Neill Whistler (1843-1903) nella Sala dei Pavoni (completata nel 1876-77) nella White House a Londra. Whistler aveva profuso in essa le esperienze maturate a contatto coi designers dell’epoca fornendo al progettista, l’amico Edward Godwin, una messe di proficui suggerimenti. Nella White House, comunque un miracolo viene a prodursi o un paradosso: che il pittore solitamente ispirato dal crepuscolo o dalla notte rifiuta gli interni oscuri imposti dalla moda vittoriana e dà preferenza ad intonaci luminosi e a mobili e suppellettili dai colori vividi e chiari e dalle forme capricciose che s’inscrivono nel campionario del proto-Art Noveau.”Cfr. C. MUNARI, Arte e costume nel secolo XIX, Vercelli, 1976, p.38.

Costa, Burne-Jones (per la prima volta in Italia nel 1858) e Bruschi (presente a Londra dal 1862 al 1868 chiamato da Sir Horfold per la decorazione della sua residenza) erano i veicoli attraverso i quali giungeva a Roma ed in Italia il clima di rinnovamento connotato dall’eclettismo (vedi il giapponesismo di Whistler e l’orientalismo di Nash) di metà Ottocento caratteristica del “laissez faire” vittoriano. In un articolo di Giulio Carotti comparso su Emporium il critico fa riferimento al primo numero della rivista londinese The Studio in cui era stato pubblicato, a firma di I.S. Gibson, un aggiornamento sull’arredo degli interni:

“Dopo un lento ma costante e pertinace sforzo della volontà e del lavoro, gli inglesi sono pervenuti a formarsi uno stile nazionale nell’arte decorativa e nell’arredo delle loro case; ed a  noi deve premere di conoscere nel complesso alcuni aspetti e tener conto del modo con cui vi sono riesciti” .G.CAROTTI, L’arte in casa. Conversazioni.,<Emporium>,1895, vol.II, pp.121-129, p.125.

Nello stesso articolo compaiono delle indicazioni ed accorgimenti tecnici importanti per la comprensione dell’uso dei repertori medesimi” La decorazione di ogni camera dovrebbe essere fatta secondo le sue proporzioni, delle porte, del particolari che saltano all’occhio in un esame attento e diligente. Se una camera è troppo lunga convien dividerla con paraventi, se troppo alta, l’apparenza della sua altezza potrà essere diminuita collocando lungo le pareti tappezzerie, quadri, mobili, molto lunghi, dando uno sviluppo maggiore del solito ai fregi ed alle cornici che dividono le pareti dal soffitto o dalla volta; se troppo bassa, sarà meglio tralasciar del tutto le cornici e la fascia.”Ibidem, p. 185.

(20) Strettamente legato al dibattito sugli stili storici  e le tecniche medievali portate in auge dai Movimenti inglesi era il problema dei materiali che imponeva un uso non industriale, ma da bottega artigiana secondo la più classica tradizione del rinascimento fiorentino, posizione questa, sostenuta strenuamente da William Morris. Dal 1875 al 1880 nei laboratori di Wardle a Leek nello Staffordshire stampa i famosi chintz da lui disegnati e destinati all’arredo degli interni: ”Morris consultò varie fonti, compresi gli erbari medievali, alla ricerca di ricette per fare le tinte alla vecchia maniera, e finalmente dopo ripetuti tentativi riuscì ad ottenere i colori desiderati: il rosso dalla robbia e varie sostanze ricavate dagli insetti, il giallo dalla luteola e cortecce di diverse specie vegetali, il marrone dalle radici del noce e dalla pellicola che ricopre il gheriglio, e l’azzurro dal guado e dall’indigofera”. Cfr. William Morris. Disegni e motivi decorativi, a cura di N.G.Gillow, Torriana,1988, p.5. L’attenzione alle tecniche delle botteghe italiane in Inghilterra riceve una sua ufficialità quando C.R.Ashbee pubblica nel 1898 il Trattato sulla scultura ed oreficeria di Cellini, indicando lo scopo preciso di attingere alle antiche tecniche.

Per Palazzo Mezio, l’edificio di impianto rinascimentale aveva avuto un primo rimaneggiamento nel XVIII secolo che ha dato l’attuale configurazione architettonica, verosimile è anche un intervento di Manieri per il portaletto dell’atrio. Nell’800 ci furono delle aggiunte al corpo di fabbrica: alcune stanze in fila prospicienti la via Garibaldi.

Dopo il 1930, morto l’ultimo dei Mezio, Francesco, l’immenso patrimonio passa in sorte all’unico erede: Luigi Galluccio, che aggiungerà in seguito il cognome della madre al proprio.

(21) Largo uso dei repertori accademici di soggetti decorativi naturalistici e specificatamente floreali erano i Florilegi: veri e propri prontuari e cataloghi di vendita corredati da splendide tavole incise, a cui attingeranno anche i pittori di nature morte floreali. Cfr. L.TONGIORGI TOMMASI e A.TOSI,

Il giardino, l’orto e il frutteto. Le scienze orticole in Toscana nei disegni, tempere…in Flora e Pomona-: l’orticoltura nei disegni e nelle incisioni dei secoli XVI-XIX, a cura di L.TONGIORGI TOMMASI e A.TOSI, Firenze, 1990, pp. 5-10. A conferma dell’incalzante attività cantieristica si elaborano proprio negli anni ’80 dei manuali di ornamentazione da parte dei più autorevoli accademici come Camillo Boito con il suo Ornamenti di tutti gli stili classificati in ordine storico, Milano-Napoli-Pisa,1881 e Domenico Bruschi con Cenni sugli stili dell’ornamento secondo i vari popoli che li hanno trattati (1886). L’opera di Boito, composta da 303 tavole era destinata” agli artisti, alle scuole di disegno e…istituti tecnici.” Un secondo volume era dedicato interamente alle arti applicate e diviso in sette sezioni: 1) stoffe e ricami; 2)  tappeti; 3) tovaglie; 4) decorazioni di “parete”; 5) intarsi; 6) piastrelle ed incastonature; 7) motivi ornamentali.  Opere dai Musei di Parigi, Berlino, Monaco, Roma, ma nessuno dal Victoria and Albert.

Appendice

GLI ARCHIVI

Roma

Fototeca Hertziana, serie Roma-Palazzi

Gli interventi di Maccari nell’Aula del Senato, le decorazioni d’interni ad opera di Taddeo Kuntz per Palazzo Bonaparte (già Rinuccini) in particolare quelli della sala della Minerva, sono materiali basilari per l’identificazione e l’uso pedissequo dei repertori maccariani attuati nel Salento dal Flora.

Lecce

Sig.ra Dina Flora-Pintozzi

L’attività progettuale destinata al riammodernamento degli edifici storici ha trovato conferma nei taccuini di lavoro conservati nell’archivio Flora-Pintozzi da cui sono emersi schizzi e bozzetti per le pavimentazioni, frutto dell’attività di designer presso la Ditta Peluso i cui disegni ora possono trovare una sicura attribuzione, oltre alla presenza di veri e propri progetti decorativi come quello per Palazzo Pistilli a S. Cesario.

I taccuini inoltre ci hanno consentito di ricostruire le tappe della formazione del Flora indicando le località visitate: Bolsena e Palestrina ma anche Este, Verona e Firenze con copie dal vero da S. Maria Novella.

Materiali importanti che hanno dato spessore anche al soggiorno romano fatto di apprendistato nella decorazione ma anche, come è annotato, di visite ai Musei vaticani, di copie dal vero di particolari decorativi da Palazzo Torlonia.

La tecnica è quella classica degli appunti veloci: la matita, ma spesso nelle nature morte e negli studi di uccelli, compaiono la tempera e l’acquarello.

La natura non ufficiale del documento ha riservato anche delle sorprese nella presenza di caricature e di ritratti  a matita dal tratto sicuro e dal gusto modernista.

Dei cartoni preparatori ci sono solo delle foto d’archivio e due frammenti presenti in catalogo ma non è difficile immaginare la rapidità di esecuzione confermataci dal ritrovamento del bozzetto per la decorazione di Palazzo Capozza a Casarano schizzato a matita sul verso di una illustrazione pubblicata in una delle annate di “The Studio”.

Sul bozzetto sono annotate le misure delle figure da realizzare e dal confronto con l’opera finita sono emerse delle varianti in corso d’opera.

Le annate della rivista inglese in possesso del Flora sono la prova certa inoltre della veicolazione nel Salento dei Movimenti modernisti inglesi e dell’uso di questa come fonte di repertori e di ispirazione. Le annate ritrovate sono: 1902-1903-1904-1905- 1906-1907-1910-1911-1912-1920-1926-1929.

La rivista fu utilizzata anche dai giovani artisti della cerchia del Flora come Giulio Pagliano ed il già menzionato Geremia Re.

L’archivio ci ha inoltre fornito un’opera del Flora pubblicata in una non ben identificata rivista specializzata di decorazione raffigurante Un Bosco ed una Sorgente con scenario architettonico. Accanto a questa altre illustrazioni di pittori decoratori attivi negli stessi anni: Giovanni Bevilacqua con Pannelli Decorativi eseguiti per il Palazzo della Nuova Borsa in Genova e Antonino Calcagnadoro con La Visione, bozzetto presentato al concorso per la decorazione e mosaico delle Lunette per il Monumento a Vittorio Emanuele II a Roma.

Altri nomi: Paolo Paschetto, Augusto Cavassoni, Giovanni Salvestrini ed alcuni pannelli anonimi presentati per l’Esposizione di Venezia del 1912.

Il soggiorno a Londra al seguito di Bruschi è da ritenersi ormai certo.

Una conferma ci sembra venga data da una decorazione murale in cui la citazione di repertori vittoriani e morrisiani in particolare, è sorprendente. Le decorazioni di Palazzo Pistilli sono una proposta della perfetta sintesi tra orientalismo e preraffaellismo di pura marca britannica.

La grande esperienza del periodo romano non ha registrato una battuta d’arresto nelle opere salentine, al contrario, ha dato inizio ad una tradizione e ad una nuova figura professionale nel solco delle istanze morrisiane: l’artista-artigiano impegnato culturalmente a rifondare l’arte e la dimensione del vivere quotidiano.


Galatina

Dott. Paolo Vernaleone junior (proprietà dott. Antonio Ruggiero)

L’archivio è costituito da carteggi e da un volume rilegato contenente i numeri de Il Contadino (numero unico Galatina, 27 dicembre,1896); Il Salento (annate 1897-1899) e La Squilla.

Nicoletta Galluccio-Mezio Dell’Erba

L’archivio è ricco di disegni, bozzetti eseguiti dal Flora e dalle sorelle Galluccio-Mezio sotto la guida del Flora.

Galatina, fuori testo

Opere perdute:

  1. Palazzo Vallone, Via Scalfo, L’Idea Repubblicana.
  2. Palazzo Galluccio, Via Garibaldi, porta dipinta, finto legno con albero della vita e lira (Fig. 15).
  3. Palazzo Galluccio, Via Garibaldi, porta dipinta, finto legno con motivo di maschera greca “Bacco” ed api (Fig. 16).

Palazzo Galluccio, Via Garibaldi, porta dipinta, finto legno con motivo di albero e lira.

Palazzo Galluccio, Via Garibaldi, porta dipinta, finto legno con motivo di maschera greca “Bacco” ed api.

Ringraziamenti

Ringrazio la Sig.ra Dina Flora Pintozzi per avermi permesso di consultare l’archivio privato e di avermi onorato della sua sincera amicizia a cui teneva come tradizione nelle nostre famiglie. Dedico alla Sua memoria questa ripubblicazione. Ringrazio anche il dott. Massimo Faccioli Pintozzi per avermi permesso di prendere visione della collezione privata.

[AA.VV., A. Flora, (1863-1952) “Pittore e idealista”. Novecento salentino da scoprire: Agesilao Flora fra cultura artistica e impegno politico, Locorotondo Editore, Latiano 2008]

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1 risposta a Agesilao Flora e la committenza galatinese (parte seconda)

  1. Alessia Totaro Fila scrive:

    Nel mio palazzo ci sono degli affreschi e dei dipinti di Agesilao Flora . Mi piacerebbe saperne di più . Non ho trovato documenti ma mio padre mi ha raccontato qualcosa sulle rappresentazioni commissionate da mio nonno. Sarei felicissima di mettere a disposizione queste meraviglie.

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