di Giuseppe Palma
Ettore Catalano, professore Ordinario di Letteratura Italiana nell’Università del Salento (in cui è ora professore Onorario per diretta nomina ministeriale) è uno dei maggiori studiosi di Dante. Con questo suo nuovo libro il professore raccoglie alcuni suoi precedenti articoli sul Sommo Poeta. Uno in particolare ha destato la mia attenzione, vale a dire il primo della collazione, quello che parla dell’Amore tra Paolo Malatesta e Francesca da Rimini. Tralasciando gli aspetti già risaputi della vicenda, Catalano riporta alcune curiosità proprio sulla veridicità della storia. Boccaccio, ad esempio, scrive che lui non era a conoscenza del seguito di quel fatto, e che probabilmente neppure Dante ne conosceva i dettagli, ma che forse ne era venuto a conoscenza per racconto. Circostanza peraltro confermata da Pupi Avati nel suo film Dante (2022), dove il regista mette in evidenza che il Poeta, all’epoca ventiquattrenne, ne fosse venuto a conoscenza dal racconto di un compagno d’arme prima della battaglia di Campaldino dell’11 giugno 1289. In effetti il fatto di sangue risale al 1285, quindi è probabile che Boccaccio avesse ragione nello scrivere che Dante ne sapesse quanto gli altri, non di più. Sta di fatto che il racconto di quell’omicidio provocò qualcosa di Eterno nell’animo del Poeta, a tal punto da scriverne nell’Inferno molti anni più tardi.
Catalano mette anche nero su bianco un altro aspetto che spesso viene trascurato, e cioè che la stesura dell’Inferno non iniziò durante l’esilio ma qualche anno prima, circostanza confermata dal Santagata. Ma non solo. Per gli appassionati del Sommo Poeta, il fatto che i primi Canti dell’Inferno siano stati scritti a Firenze è confermato anche dal regista Vittorio Cottafavi nel suo sceneggiato Rai del 1965, “Vita di Dante”, dove il Sommo Poeta – interpretato da Giorgio Albertazzi riceve il suo manoscritto mentre è ospite (in esilio) di Moroello Malaspina.