Manco p’a capa 213. “Ame mipiaciono i scuali”

In effetti aveva scritto piaccono, ma poi ha corretto in i la seconda c. Nel Museo, su una parete alta sei metri, sono esposti migliaia di reperti che rappresentano la fauna del Golfo di Napoli, studiata da un secolo e mezzo presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn. Ci sono anche gli squali, ma non tanti quanti ne avrebbe voluto quel bimbo. Per lui abbiamo realizzato una mostra tematica sugli squali, con modelli in grandezza naturale, e abbiamo messo tutti i reperti di squali e razze della nostra collezione in speciali vetrine. Per pubblicizzare la mostra avrei voluto fare un poster con la riproduzione di quella scritta, da affiggere per le strade di Napoli. Alcuni colleghi si opposero: ma come… ci sono errori di ortografia! Cascano le braccia. Non cercai neppure di spiegare la potenza della frase. Facemmo un bel manifesto con uno squalo.
L’istruzione rimuove la spontaneità infantile che si mantiene, invece, negli adulti poco istruiti formalmente. Una spontaneità che dà risultati inattesi, a cui un adulto istruito non arriverebbe mai. Dovendo coniare uno slogan per pubblicizzare una mostra sugli squali non mi sarebbe mai venuta in mente la frase del giovane visitatore.
A me succede, sognando, di liberarmi dai lacci dell’educazione. Molti parlano di Marx e Darwin come le due barbe dell’Ottocento. Il Museo Darwin Dohrn celebra una delle due barbe, ma anche Anton Dohrn aveva la barba. Così chiesi a Alberto Gennari, un maestro dell’illustrazione scientifica, di disegnare il logo del Darwin-Dohrn con i due profili, uno a destra e uno a sinistra, uniti da un’unica barba. La mia proposta fu bocciata perché poco seria. Ma mi tenni l’opera di Gennari. Una notte mi sveglio con una frase che descrive bene il connubio tra Darwin e Dohrn raffigurato in quell’illustrazione. La frase mi pare geniale, tanto che mi dico che appena alzato l’avrei appuntata. Però poi non mi fido. Mi alzo e la scrivo. La mattina dopo cerco di ricordarla. Era talmente ovvia, la notte. Niente da fare. Freud ha scritto trattati su queste cose, sulle frasi sulla punta della lingua. Dopo varie associazioni libere che non mi portano da nessuna parte mi arrendo e vado a guardare l’appunto. Due menti una barba: un sottile e intraducibile gioco di parole. Le barbe che crescono dai loro menti si fondono in una sola barba, ma anche le loro menti sono state unite dalle stesse curiosità e idee. In inglese la mente e il mento sono parole molto differenti, ed è un caso che in italiano i plurali coincidano. La mente deve essere libera da condizionamenti per arrivare in luoghi inaspettati.
Sentirsi a proprio agio con analfabeti, siano essi bambini o adulti, non per insegnare qualcosa a loro ma per imparare qualcosa da loro, è molto stimolante. Per molto tempo ho diretto un altro museo, il Museo di Biologia Marina di Porto Cesareo. Una volta un pescatore ci portò uno squalo elefante di sette metri e costruimmo una sala solo per lui (lo squalo, non il pescatore). I bambini delle scuole dei paesi del Salento vengono numerosi a vedere quel museo. E io spesso andavo nelle scuole. Ad un incontro presso una scuola elementare devono venire due classi, una prima e una seconda. Ma la seconda non arriva e allora comincio a parlare con i bambini di prima. Cosa vi è piaciuto di più di questo primo anno di scuola? Uno non ha dubbi: lo squalo. La maestra mi spiega: sa, li ho portati a Porto Cesareo e hanno visto il Museo e lo squalo elefante. Ovviamente non mi collegava al Museo, perché sembrava scusarsi di quella risposta. Va bene, dico, a parte lo squalo, che cosa vi è piaciuto di più? Lo stesso bambino pensa intensamente e poi: Lo squalo! La maestra era disperata, io no. Probabilmente sono rimasto a quel livello: hanno cercato di cambiarmi e non ci sono riusciti. Tra le tabelline e gli squali, anzi, gli scuali, non ho dubbi. Poi le ho imparate, le tabelline, e anche le poesie e i sette re di Roma. Ma gli squali… sono certo che piacciano anche a Francesco, assieme ai dinosauri che Valditara considera una perdita di tempo prezioso.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 4 agosto 2024]

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