Racconti sovietici 9. Quarantunesimo 5

Negli inverni più rigidi, quando il mare si copriva con una spessa lastra di ghiaccio, dal golfo di Cernysciov all’isola Barsa-Kel’mes, era una vera pacchia per i ratti della steppa. Arrivavano numerosi di corsa sull’isola, si ingozzavano del pesce salato sino a tal punto, che morivano sul posto.

Allora, ritornando in primavera, quando il fiume Syrdarja frantumava la crosta del ghiaccio con la sua argilla gialla della piena, non trovavano più i pescatori niente di niente delle scorte del pesce salato, lasciato nell’autunno.

Ruggiscono, si rotolano le bufere di neve, imperversano le tempeste furiose sul mar di Aral, da novembre a febbraio. Nelle stagioni intermedie talvolta viene scosso da burrasche leggere, d’estate invece è proprio calmo, sta fermo per tutto il periodo, piatto, lucente, come uno specchio prezioso.

È noioso, triste il mar di Aral.

L’unico suo pregio, il colore blu, incredibile, eccezionale.

Un blu profondo, vellutato, rilucente di zaffiri.

In ogni manuale di geografia questo fatto viene segnato.

Il commissario fece assegnamento, mandando Marjutka ed il tenente via mare, sul tempo rasserenato e sulle previsioni di clima mite per tutta la settimana entrante. I kirghisi pure, secondo i loro antichi presagi, assicuravano la stessa cosa.

Proprio per questo il battello, con a bordo Marjutka, il tenente e gli altri due soldati Rossi, Semjannyj e Vjachir’, abituati al traballante mestiere marittimo, fu spedito via mare a Kasalinsk.

La brezza continua nell’onda frusciante gonfiava allegramente la vela rattoppata. Cigolava, sonnacchioso, nel cardine il timone e si metteva a fervere vicino al bordo la densa schiuma luccicante.

Marjutka slegò del tutto i polsi del tenente, – non c’era un solo posto dove si potesse fuggire dalla barca – e stava seduto Govorucha-Otrok a turno con Semjannyj e Vjachir’ sulle scotte della vela.

Stava portando sé stesso verso la prigionia.

Quando consegnava invece la gestione delle scotte ai soldati Rossi, stava sdraiato sul fondo del battello, coprendosi con un tappeto di feltro, sorrideva a qualche cosa, ai suoi pensieri segreti, da tenente, per tutti quanti, tranne che a lui, sconosciuti.

Con ciò, tormentando Marjutka.

«Che cosa avrà poi tanto da ridere? Capirei, se stesse andando in una gita di piacere o a casa sua. Invece l’esito sarà unico: l’interrogatorio al quartier generale del fronte e la fucilazione. La testa ha piena di grilli, sventato!»

Ma continuava a sorridere il tenente, ignaro del pensiero di Marjutka.

Non si trattenne Marjutka, domandò: «Dov’è che hai preso confidenza con il mare?»

 Dopo aver pensato un momento, Govorucha-Otrok rispose: «A San Pietroburgo… Avevo un mio panfilo personale… grande. Navigavo al largo del golfo.»

«Che panfilo?»

«E’ una grande barca a vela.»

«Ma sì! Lo so! Cosa credi, che non conosco che cosa sia un panfilo! Ad Astrachan, al club marittimo dei ricchi borghesi, questi panfili mi sono usciti dagli occhi, per quanti ce n’erano lì. Tutti bianchi, alti e ben fatti, proprio come dei cigni. Volevo sapere: come si chiamava?»

«Nelly

«E che razza di nome è?»

«Mia sorella si chiamava così. Ed anche il panfilo, in suo onore.»

«Non c’è neppure un nome cristiano come questo.»

«Elena… Nelly in inglese.»

Marjutka tacque, diede uno sguardo al miele rilucente del pallido, freddo sole che stava calando nelle vellutate acque blu.

Riprese a parlare: «L’acqua! È di un blu, blu, purissimo. Nel mar Caspio le acque sono verdi e qui, ma guarda un po’ sino a che punto son blu!»

Il tenente rispose come se parlasse tra sé e per sé: «Secondo la scala di Forel si avvicina al terzo numero.»

«Cosa?» – s’inquietò Marjutka, girandosi.

«Niente, stavo dicendo tra me e me. A proposito dell’acqua. Avevo letto nel manuale di idrografia che questo mare ha l’acqua di un colore blu molto intenso. Uno scienziato, Forel, elaborò una tabella delle sfumature di colore dell’acqua marina. La più blu è quella dell’oceano Pacifico. E questo mare, si avvicina al terzo numero della scala.»

Marjutka socchiuse gli occhi, come se cercasse di immaginare la tabella di Forel, colorata con le più svariare sfumature del blu.

«È troppo blu, difficile persino paragonare a qualcosa. Blu, come…». Riaprì gli occhi e tutto ad un tratto fermò le sue pupille gialle da gatta sulle sferette blu oltremare del tenente. Strattonò in avanti, trasalì con tutto il corpo, come se scoprisse una cosa straordinaria, aprì con stupore le labbra. Sussurrò: «Mamma mia bella!.. Ma i tuoi occhi sono esattamente come quest’acqua blu! E io mi domandavo, che cosa avessero di tanto speciale, la peste dei pesci li pigli!»

Come un’immensa pozzanghera di sangue rosso-arancione si sparse il tramonto sull’orizzonte. Le acque in lontananza brillavano con i riflessi dell’inchiostro. Un forte soffio di vento, portò freddo gelido.

«Sta tirando forte dall’est» – s’inquietò Semjannyj, imbacuccandosi nei cenci del pastrano.

«Non sia mai, se arrivasse una tempesta» – replicò Vjachir’.

«Non farti sotto. Un paio d’ore ancora tiriamo avanti e avvistiamo la Barsa. Se il ventaccio non cessa, pernottiamo.»

Tacquero. Il battello cominciò a strattonare sulle creste delle onde plumbee.

Per tutto il cielo grigio-nero si distesero le strisce strette delle nuvole.

«È proprio vero. Il ventaccio tempestoso sta tirando dal mare aperto».

«Siamo quasi a Barsa. A babordo si dovrebbe oramai avvistare. È uno stramaledetto posto, quella Barsa. Da tutti i lati c’è solo la sabbia, non c’è verso! I venti soltanto, vi ci abitano… Molla, carogna, allenta la fune, molla le scotte! Non sono mica le dande del generale!»

Il tenente non fece in tempo ad allentare una fune della scotta. Il battello tagliò l’acqua con un bordo e un abbondante flusso di schiuma mista all’acqua sbatté nelle facce.

«E io che c’entro? È stata Maria Filatovna a sbandare al timone!»

«Ho sbandato, io? Ma che dici, torna in te, la peste dei pesci ti pigli! Dall’età di cinque anni sto seduta al timone!»

Le onde portavano da dietro cavalloni neri simili alle spine dei draghi, si aggrappavano ai bordi con le mandibole sibilanti.

«Oibò, brutta figlia!… Vediamo d’arrivare a questa Barsa!… È buio pesto!»

Vjachir’, che non smetteva di fissare nel buio da babordo del battello, all’improvviso urlò gioiosamente e sonoramente:

«Tombola! Eccola, brutta carogna schifosa!»

Attraverso gli schizzi fitti e l’oscurità intravidero profilarsi una piatta striscia biancheggiante.

«Reggi il timone verso riva!» – tuonò Semjannyj, – «Aiutaci, Dio, ad accostare!»

Una forte botta fracassante arrivò alla poppa, tutte le ordinate del battello scricchiolarono fortemente, emettendo un prolungato, lamentoso gemito. La cresta di un’onda si riversò potentemente sul battello, riempiendolo con l’acqua sino alla caviglia.

«Buttiamo fuori l’acqua!» – strillò, saltando in piedi, Marjutka.

«Buttiamola?… Con che cosa, con un cucchiaio?»

«Coi berretti!»

Semjannyj e Vjachir’ si strapparono i berretti dalla testa, si misero febbrilmente a gettare l’acqua fuori del battello.

Il tenente esitò per un attimo. Si tolse il suo bel colbacco finlandese d’astrakan grigio e si buttò loro in aiuto.

Una bassa striscia bianca si avvicinava lentamente alla prua del battello, divenendo una piatta riva, ricoperta da un leggero strato di neve. Sembrò ancor più bianca per l’abbondante schiuma del mare che ribolliva nelle sue vicinanze.

Il vento s’infuriava, ringhiava, ululava selvaggiamente, innalzava sempre più alte le oscillanti colline sguazzanti d’acqua scrosciante.

Con una soffiata rabbiosa aggredì la vela, sollevò la sua gravida pancia, strattonò.

La tela vecchia scoppiò con il fragore di una salva di cannone.

Semjannyj e Vjachir’ si lanciarono verso l’albero della vela.

«Tieni gli ormeggi!» – cacciò un acuto urlo dalla poppa Marjutka, pigiando con tutto il corpo sulla barra del timone.

Un’onda arruffata, vorticosa, rumorosa, gelida, sopraggiunse da dietro, girò il battello completamente sul fianco, scavalcandolo con la sua pesante gelatina vitrea.

Il battello quasi pieno d’acqua si raddrizzò, vicino all’albero non c’erano più né Semjannyj, né Vjachir’. I brandelli della vela bagnata sferzavano al vento come impazziti.

Il tenente stava in ginocchio sul fondo del battello, con l’acqua al petto e si faceva velocemente tanti piccoli segni della croce.

«Diavolo!… Pappa molla! Che, te la sei fatto addosso? Caccia l’acqua fuori!» – e per la prima volta Marjutka coprì il tenente con una sfilza di parolacce.

Balzò dopo la strigliata come un cucciolo arruffato di un cane, cominciò veloce veloce a buttare l’acqua fuori dal battello.

Marjutka gridò ripetutamente nel buio della notte, nel fischio, nel vento: «Semja-a-an-nyj!.. Vja-a-a-chir’!..»

Sferzavano, schiaffeggiavano le onde schiumose. Non si sentì alcuna risposta.

«Sono affogati, dannazione!»

Il vento stava portando il battello semisommerso sulla riva. Tutt’attorno ribolliva il mare burrascoso. Un’onda fortissima spinse dietro e il fondo del battello strisciò sulla sabbia.

«Salta nell’acqua!» – gridò Marjutka, buttandosi fuori dal battello.

Il tenente la seguì.

«Tira il battello!»

Aggrappandosi alla prua, accecati dagli schizzi d’acqua, con le onde impazzite che battevano sui piedi, trascinarono il battello verso la riva, finché non si ficcò solidamente nella sabbia. Marjutka afferrò le carabine.

«Prendi i sacchi coi viveri! Dài, portali!»

Il tenente obbedì docilmente. Giunti sull’asciutto, Marjutka fece cadere le carabine sulla sabbia. Il tenente appoggiò giù i sacchi.

Marjutka gridò nel buio ancora e ancora: «Semja-a-an-nyj!.. Vja-a-a-chir’!..»

Senza risposta.

Si sedette sopra i sacchi e si sciolse in lacrime, lamentandosi come l’ultima delle popolane, pianse a dirotto.

Il tenente rimase fermo in piedi dietro a lei, battendo i denti in modo fitto e risuonante.

Ciò nonostante si strinse nelle spalle e disse al vento: «Accidenti!… È da non credere! Una fiaba fantastica! Robinson accompagnato da Venerdì!».

(continua)

[Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti]

Questa voce è stata pubblicata in I mille e un racconto, Racconti sovietici e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *