Agesilao Flora e la committenza galatinese (parte prima)

di Rosamaria Dell’Erba


Ritratto di Agesilao Flora tratto da Massimo Faccioli Pintozzi, L’uomo Flora tra documenti e ricordi, personali e tramandati, p, 21.

I.   L’identità salentina e la “cospirazione provinciale”

Intorno agli anni ’80 in Italia e a Roma, in modo particolare, la polemica diretta verso lo sperimentalismo degli stili per la definizione di uno stile nazionale, scopriva equilibri politici e culturali profondamente diversi da quelli dei mitici anni del Risorgimento. I prodotti dell’arte decorativa contemporanea, in particolar modo della pittura murale, sono confinati in un territorio non ben definito: a causa infatti dell’ibridismo stilistico il genere della decorazione è apparso ripetitivo rispetto ad episodi appartenenti alla grande stagione dell’arte rinascimentale e barocca, confuso, forse, dai frequenti riferimenti a correnti straniere d’importazione ed eclettico nei programmi.

L’illusione di un linguaggio decorativo nazionale, si rivelerà ben presto inattuabile, configurandosi solo come prodotto preconfezionato dalle Accademie (1).

Di fatto questo entusiasmo patriottico non solo rispecchiava solo in parte la complessa compagine dei fermenti artistici e delle correnti culturali che si andavano affermando, ma non riconosceva talune espressività artistiche, forse provinciali, ma pur tuttavia testimonianze autentiche, in quanto lontane dai grandi centri diffusori della cultura ufficiale, di una classe nuova, che a suo modo, ha svolto un importante ruolo nel rinnovamento artistico: quello di aver fornito una vastissima campionatura di repertori attraverso cui è stato possibile osservare, tenendo presente la variabilità dei parametri (sociale, economico e culturale) l’adattamento di un gusto artistico prettamente legato alla tradizione artigiana, come era quello salentino, legato alla produzione dei maestri scalpellini e cartapestai, al Modernismo nelle sue varianti: dell’ufficialità e della tradizione, alla maniera proposta da Boito e diffusa dalle Accademie, o dell’adesione alla modernità tout court di marca anglosassone, veicolata dagli inglesi presenti a Roma. ( 2)

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