a cura di Ferdinando Boero
13.03.06
Caro Angelo,
grazie dei complimenti, ma anche io te ne ho fatto. Alla riunione sulla specialistica ho detto pubblicamente che era la prima volta che mi capitava, in un quarto di secolo di carriera universitaria, di sentir parlare di contenuti, di coordinamento, di voglia di far bene. Non mi era mai capitato prima. È la eccezionalità della normalità. E tutto era dovuto alla tua conduzione. Io mi trovo benissimo a interagire con “l’altra parte”. Benissimo. Purtroppo oggi ho una giornata di fuoco, e domani devo partire. Non posso dare la stura a tutto quel che mi fai venire in mente. Ti mando un lavoretto che ho pubblicato su una rivistucola. E dice proprio quel che dici tu. Ma lo dice non in senso negativo: non possiamo prevedere, dobbiamo rassegnarci all’imprevedibilità. Alla scienza si chiede, con aria di sfida, di essere predittiva, e se non prevede allora non vale una cicca. E’ sbagliato. Solo i chiromanti prevedono. Noi possiamo disegnare scenari, possiamo fare previsioni probabilistiche. Ovviamente basate su rigorose analisi del passato. Ma prevedere il futuro sulla base del passato è come guidare un’automobile guardando nello specchietto retrovisore. Se la strada precedente è diritta e quella avanti a noi anche, allora possiamo anche farcela. Se ci sono curve distribuite in modo regolare, e identifichiamo la regolarità, possiamo anche farcela. Ma alla prima irregolarità finiamo fuori strada. Mi spiace, il futuro non si prevede. Lo dimostra la teoria del caos, lo dimostra la teoria delle catastrofi, lo dimostra la teoria delle rivoluzioni scientifiche.