Racconti sovietici 9. Quarantunesimo 4

di Boris Andreevič Lavrenëv


Ritratto di Boris Andreevič Lavrenëv.

(continuazione)

Capitolo Quarto

In cui avviene la prima conversazione di Marjutka con il tenente e il commissario equipaggia una spedizione marittima.

Dopo un giorno di cammino in riva al mar di Aral, s’imbatterono in un villaggio kirghiso.

Dapprima, da dietro le dune, arrivò un soffio dell’odorino acre di fumo del letame seccato, pressato e bruciato, e si strinsero dall’odore gli stomaci in uno spasmo pungente.

In lontananza si delinearono le cupole dei tendoni color ocra e incontro corsero, ringhiando, i cagnolini dalle zampe pelose.

Kirghisi si affollarono davanti ai tendoni, guardarono, stupiti, pietosamente l’avvicinarsi dei malfermi resti umani.

Un vecchio con il naso infossato, prima si accarezzò con la mano i ciuffi della sua barbetta rada, poi il petto. Annuendo, disse: «Salam‘alaik. Dove vai così, ruski

Evsjukov strinse piano una ruvida mano, allungatagli rigida come una tavoletta di legno.

«Noi siamo Rossi. Stiamo andando a Kasalinsk. Ricevici, padrone, dacci ospitalità e facci mangiare. Vedrai, che per l’aiuto che ci dài, riceverai un riconoscimento dal Soviet.»

Il kirghiso scosse la barbetta, si mise a schioccare la lingua: «Bravo capo… Ruski, rosso. Bolscevico. Dal centro arrivi?»

«No, non russo! Non siamo arrivati da una città vicina. E’ da Gur’jev che ci stiamo trascinando.»

«Gur’jev? Ahi, ahi, Capo. Camminato il Karakum?»

Nelle fessure kirghise sfavillarono timore e rispetto verso uno sbiadito uomo rosso-lampone, che nel freddo di febbraio aveva attraversato a piedi il deserto terribile, Karakum, da Gur’jev ad Aral.

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