di Pietro Giannini
Il 19 giugno scorso la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente la legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”. Per riassumere sinteticamente, la legge prevede che le Regioni possono chiedere su alcune materie maggiore autonomia di quanta ne abbiano ora, e, dal momento che ogni regione può avanzare richieste specifiche, l’autonomia non è uniforme ma, appunto, differenziata. La legislazione che risulta è detta “concorrente” perché nasce dal concorso tra Stato e Regioni. Giova ricordare le materie che sono oggetto di questa “legislazione concorrente”: “rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale”.
Questo è quanto stabilisce l’art. 117 così come modificato dalla legge costituzionale 248 del 18 ottobre 2001.