Il primo critico del futurismo: Mimì Frassaniti (Parte seconda)

Grande rilievo ha, nello studio, la figura di Lucini, di cui si seguono con adesione, attraverso frequenti citazioni, le riflessio­ni sul simbolismo e sulla necessità del verso libero in Italia, con­tenute nel libro Ragion poetica e programma del verso libero. Ma anche gli altri rappresentanti del movimento sono presi in esa­me da Frassaniti, che spesso riesce a dare acute definizioni di essi. Paolo Buzzi, ad esempio, è definito un “novatore nato”, mentre, a proposito di Govoni, egli parla dell’ opera di “un misti­co”, che è “un anacronismo in mezzo a questa turbino sa vita di lotta e di distruzione”. Di Cavacchioli sottolinea invece l”’indole essenzialmente musicale”, che però lo porta ad approfondire “concetti e sentimenti nuovi”. Di Palazzeschi, infine, rinviene la “nota caratteristica” nell’t’ironia”, che “gli spunta a fior di labbra e vi rimane con un sorrisetto lieve lieve appena percettibile”.

Gian Pietro Lucini

Nelle ultime pagine l’autore ripercorre alcuni punti del ma­nifesto di fondazione del futurismo, chiudendo il suo studio con una nota patriottica e nazionalistica: “L’Italia ha bisogno di spin­gersi innanzi, d’avanzarsi con la face rosseggiante dell’eroismo, dopo tanti anni di raccoglimento ascetico; alla novella generazio­ne incombe il dovere di far grande questa patria, di affaticare il gran sogno che ci tramandarono i nostri padri, d’infonderle la forza che le manca, di scuoterla dal sonno in cui è caduta sui suoi allori passati e chiamarla alla sua missione di regina dei popoli”.

L’assidua attiyità di recensore, svolta da Frassaniti sulle pa­gine del «Risorgimento», lo portò a stabilire contatti epistolari con alcuni scrittori futuristi, quali lo stesso Marinetti, Paolo Buz­zi e Remo Mannoni, che assunse lo pseudonimo di Libero Alto­mare. Marinetti, il quale dimostrava particolare interesse, anche per ovvi motivi propagandistici, allo studio critico sul futurismo, forniva puntualmente al giovane tutte le informazioni e il mate­riale (libri, manifesti, volantini) necessari a tale lavoro, stimolan­dolo ad occuparsi, oltre che della letteratura; anche della pittura e della musica futurista, le quali però non saranno prese in considerazione da Frassaniti.

A tale scopo, in una importante lettera, che risale al lu­glio del 1910 e che rappresenta uno dei primi documenti ufficiali su questo argomento, gli offriva una lunga spie­gazione della pittura futurista, autorizzandolo a riprodurla testualmente nel suo studio[4]. In un’altra, insieme con i cenni biobibliografici degli aderenti, da lui richiesti, gli forniva anche l’organigramma completo del movimento, precisando inclusioni ed esclusioni[5]. Tra queste ultime, Marinetti citava Guido Verona (poi da Verona), mentre, tra le inclusioni, compaiono ancora nomi di scrittori che di li a poco avrebbero abbandonato il futurismo, come Lucini, Fe­derico De Maria, Giuseppe Carrieri e Mario Bètuda. Un caso singolare è la presenza di Mario Puccini, già collabo­ratore di “Poesia”, il cui nome tra gli esponenti del movi­mento compare soltanto in pochissime occasioni.

Altomare, invece, al quale Frassaniti aveva recensito la raccolta poetica prefuturista Procellarie, nelle lettere si con­fidava apertamente con lui, rivelando all’inizio una sensibi­lità umbratile e crepuscolare, assai lontana dagli schemi del movimento[6]. Anche lo scrittore romano, comunque, si dimostra assai prodigo di notizie, non sempre precise in ve­rità, sulla propria attività passata e sui programmi futuri. Lo stesso Altomare collaborò al “Risorgimento”, pubblicando, oltre a due recensioni di Aeroplani di Buzzi[7] e di Mafarka il futurista di Marinetti[8], una poesia, Vita nomade, dedica­ta proprio a Frassaniti[9].

Un altro segno di indubbio interesse verso il movimen­to marinettiano da parte della pubblicistica salentina è co­stituito dalle reazioni ironiche e parodistiche, non infre­quenti del resto nemmeno in altre parti d’Italia[10], ma che qui trovavano un terreno particolarmente fertile nello spirito mordace tipico dei leccesi. Nel 1910, un foglio umoristico denominato “Arco di Prato” si autodefinì “organo dei futu­risti leccesi”, pubblicando, tra l’altro, alcune poesie, come Introduzione futurista, a firma Somarinetti, La vergine futu­rista e un Inno dei futuristi, che prendevano bonariamente in giro gli aderenti al movimento d’avanguardia[11]. Sul “Cinema­tografo”, apparve invece una composizione, intitolata Noi futuri­sti, a firma Lo sfutturista[12], e su un altro numero di questo gior­nale vennero pubblicate quattro vignette, intitolate Il viso uma­no. Studi artistici futuristi, le quali riproducevano, secondo una supposta maniera futurista, altrettanti stati d’animo come la disperazione, il dolore, il sangue freddo, la meditazione[13], Infine su “Il figlio di Don Ortensio”, un altro foglio diretto, come i due pre­cedenti, da Salvatore Coppola, apparve una poesia intitolata Verso libero futurista /Caduta immortale, a firma F.T. Marinetti.

Filippo Tommaso Marinetti intorno al 1910. Collezione privata.

[14]. D’altronde, a conferma di questo diffuso interesse, è signi­ficativo che fin dal 1910, seconda una notizia riportata prima su “Il Risorgimento” e “L’Araldo”[15] e qualche mese dopo su “Il Cit­tadino”, la locale Associazione della stampa avesse invitato Ma­rinetti a Lecce per tenere una conferenza “su l’idea e il program­ma della Scuola Futurista”[16]. Ma, nonostante le sue promesse, lo scrittore non mise piede nel capoluogo salentino né in questa né in altre occasioni.

L’unico giornale leccese che assunse una posizione netta­mente critica nei confronti del movimento d’avanguardia fu il settimanale socialista «Il Tribuno salentino», che pure continuò a pubblicare, per dovere d’informazione, i comunicati della Di­rezione del movimento, come, d’altra parte, continuarono a fare, tra il 1909 e il 1913, anche gli altri periodici leccesi già ricorda­ti. Uno di questi comunicati, ad esempio, il famoso proclama ma­rinettiano Per la guerra, sola igiene del mondo, era seguito da un corsivo nel quale si prendevano nettamente le distanze “dalle balorde infatuazioni della stampa nazionalista e … futurista[17]“. Sul “Tribuno salentino”, d’altra parte, era già uscito un reboan­te articolo di un collaboratore, Cirillo Berardi, che aveva attac­cato il movimento marinettiano ergendosi a paladino dei “sacri” valori del passato, messi a repentaglio, a suo giudizio, dalla vo­lontà di distruzione dei futuristi: “Tutto il loro programma si compendia nella parola che sta in bocca agli avventori di taver­na: distruzione. Distruzione di ciò che è alimento primo della poesia, il passato con le sue glorie e memorie, la voce degli eroi benedicenti all’opre della vita e dell’amore …”[18].

Anche “Il Risorgimento”, dopo la morte di Frassaniti, torne­rà ad assumere una posizione ambigua nei confronti del futuri­smo. Nel 1913, infatti, mentre un collaboratore, dopo la manife­stazione al teatro Costanzi di Roma, si schierava “in favore dei futuristi”[19], soprattutto per motivi ideologici, di carattere anticle­ricale, apprezzando il Discorso di Roma di Papini (”Tra i fischia­tori ed i lanciatori di torsoli del Costanzi e i futuristi io non esi­to a schierarmi con i secondi”[20]), un altro, appena un mese dopo, stroncava il movimento, senza possibilità d’appello, definendo­lo, con una espressione tratta dagli studi psicoantropologici, “la forma maniaca dell’ebetismo” e consigliando come cura “per questa categoria di disgraziati infermi [ … ] una buona dose di. .. buon senso”[21].

Negli anni seguenti bisogna segnalare ancora l’attività, ri­masta a lungo dimenticata, di un artista leccese, Antonio Serra­no, il quale subì fortemente le suggestioni delle idee futuriste e d’avanguardia in pittura e il letteratura. Il suo interesse specifi­co per il futurismo nacque, intorno al 1913, oltre che dagli stimo­li ricevuti dall’ambiente artistico della capitale, dove dal 1911 al 1913 aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti, soprattutto dalla meditazione sull’opera e sugli scritti teorici di Umberto Boccioni e dalla lettura dei fascicoli di “Lacerba”, alla quale era abbonato. E agli anni 1913-1916 risalgono infatti dipinti e dise­gni nei quali è evidente l’orientamento boccioniano nella ripre­sa dei concetti di dinamismo plastico e di scomposizione dina­mica delle immagini. Di Serrano ci resta pure un diario che contiene, fra l’altro, alcune composizioni in versi e in prosa, le quali risentono dell’influenza del futurismo fiorentino e, in par­ticolare, di Ardengo Soffici”[22].

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[In A. L. Giannone, Modernità del Salento, Galatina, Congedo, 2009, pp. 27-34].


Note


[1] Lo studio di M. Frassaniti, conservato nell’archivio Frassaniti a Squinza­no, consta di 34 fogli (mm 210 di larghezza x 310 di altezza), non sempre numerati, dei quali 30 sono scritti sul recto e sul verso e 4 solo sul recto. Ad essi va aggiunto un foglio tagliato a metà, scritto su tutt’e due le fac­ciate, per un totale di 66 pagine. Il manoscritto è raccolto in un foglio uso bollo ingiallito, recante, al centro, la scritta a matita «Il Futurismo” / Studio di Mimì Frassaniti». Le correzioni e le cancellature piuttosto abbondanti inducono a pensare che si tratti di una prima stesura del lavoro.

[2] Nel 1910 escono anche altri titoli su questo argomento, ma si tratta, quasi sempre, di brevi saggi, se non di articoli di poche pagine. Si segnalano, ad esempio, I. Domino, Marinetti svelato, Firenze, “L’Attualità”, 1910; L. Luciani, Studio sul Futurismo. Pubblicato a cura, ed in supplemento del­la rivista “Acta Classis”, Napoli, sett. 1910 (ora riprodotto in M. D’Ambro­sio, Nuove verità crudeli. Origini e primi sviluppi del futurismo a Napoli, A Guida, Napoli 1990, pp. 323-325); C. Sajeva, Marinetti e il futurismo, “L’Italia intellettuale”, Palermo 1910.

[3] Questa e le successive citazioni sono tratte dallo studio inedito di M. Frassaniti, Il Futurismo.

[4] Cfr. lett. 4 di Marinetti in Appendice.

[5] Cfr. lett. 3 di Marinetti in Appendice..

[6] Cfr. lett. 1 di Altomare in Appendice.

[7] R Mannoni, Nell’azurro

[sic]

, in “Il Risorgimento”, a. XXXIV,  n. 37, 3 no­vembre 1909.

[8] In “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 16,27 aprile 1910.

[9] In “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 40, 4 novembre 1910. La poesia venne poi inserita in L. Altomare, Fermento, Ed. dell’autore, Roma 1931, pp. 43­45,  ma senza la dedica a Frassaniti.

[10] Cfr. C. Salaris, Storia del futurismo. Libri giornali manifesti, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 86-87.

[11] “Arco di Prato”, a. I, n. 1, 15 maggio 1910.

[12] “Il Cinematografo”, n. di saggio, 18 marzo 1911.

[13] “ Il Cinematografo”, a. I, n. 11,4 giugno 1911.

[14] “Il figlio di don Ortensio”, a. IV, n. 29, 14 dicembre 1913.

[15] Cronaca cittadina / Marinetti a Lecce, in “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 28,20 luglio 1910; I  futuristi a Lecce, in “L’Araldo”, a. IV, n. 20, 21-22 lu­glio 1910.

[16] Cronaca cittadina / Marinetti a Lecce, in “Il Cittadino”, a. I, n. 9, 14 gen­naio 1911.

[17] Per la guerra, sola igiene del mondo (!), in “Il Tribuno salentino”, a. IV, n. 34, 14 ottobre 1911.

[18] C. Berardi, Futurista e  futurismo, in “Il Tribuno salentino”, a. IV, n. 12, 18 aprile 1911.

[19] L. R, In favore dei futuristi, in “Il Risorgimento”, a. XXXVIII, n. 11, 19 marzo 1913.

[20] Ibidem.

[21] Doctor Aman, La nota della settimana / Lfuturisti, in “Il Risorgimento”, a. XXXVIII, n. 16, 23 aprile 1913.

[22] Brani tratti dal diario e alcuni disegni di Serrano sono stati da noi pubbli­cati in Futurismo “sommerso”, cit., pp. 11-14.

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