di Antonio Errico

Anni fa, sul bancone di una libreria, incontrai un libro con un titolo strano, forse anche bizzarro. Mai sentito quel libro, mai sentito l’autore. Girai intorno per qualche minuto. Poi aprii così, alla prima pagina, dove c’è l’esergo. Diceva: “E ciò che è bene, Fedro, e ciò che non è bene – dobbiamo chiedere ad altri di dirci queste cose?”.
Sfogliai ancora, a caso.
A p. 183 diceva: “La qualità… sappiamo
cos’è eppure non lo sappiamo. Questo è contraddittorio. Alcune cose sono meglio
di altre cioè hanno più qualità. Ma quando provi a dire in che cosa consiste la
qualità astraendo dalle cose che la posseggono, paff, le parole ti sfuggono di
mano.
Ma se nessuno sa cos’è, ai fini pratici non esiste per niente. Invece esiste
eccome.
Su cos’altro sono basati i voti, se no? Perché mai la gente pagherebbe una
fortuna per certe cose, e ne getterebbe altre nella spazzatura?
Ovviamente alcune sono meglio di altre… ma in cosa consiste il «meglio»?…”
Così comprai quel libro. In cinque tarde sere quasi notti lessi le quattrocentodue pagine dell’edizione Adelphi. L’ho ripreso più volte, a pezzi. Mi è capitato di citarlo più volte. E’ un romanzo filosofico, esperienza di formazione, viaggio fino al fondo dell’esistenza, della conoscenza. S’intitola Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. L’autore è Robert M. Pirsig.