Raffaele Carrieri. Una vita esagerata oltre la scrittura

Carrieri nasce a Taranto nel 1905. Appena adolescente abbandona la famiglia e s’imbarca da clandestino per Valona; da lì, a piedi e con esigue risorse economiche, inizia un viaggio avventuroso attraverso i Balcani che lo porterà, per qualche tempo, a vivere in Montenegro.

Nel 1920, a soli quindici anni, partecipa come legionario all’impresa di d’Annunzio a Fiume, riportando nel corso dei combattimenti del ‘Natale di sangue’ una mutilazione alla mano sinistra. Dopo l’esperienza fiumana, s’imbarca come marinaio su mercantili in rotta per i porti del Mediterraneo. Fra il 1921 e il 1923 si stabilisce a Palermo, dove trova lavoro presso gli uffici della dogana, esperienza poi ripercorsa nella prosa di Quando ero doganiere (1934) e nei versi del Lamento del gabelliere (1945).

Nella prima metà degli anni Venti, Carrieri ottiene, proprio a causa della ferita riportata a Fiume, una pensione d’invalidità che gli permette di lasciare l’impiego e di tentare la fortuna in Francia. A Parigi sbarca il lunario con lavoretti occasionali, da cameriere in un ristorante di lusso a modello per Picasso, col quale inizia anche un duraturo rapporto di amicizia. Il soggiorno parigino gli permette di frequentare alcuni degli artisti che in quel periodo affollavano la città.

Nel 1926, rientrato in Italia, è impiegato come ‘scritturale’ all’Arsenale di Taranto. Matura in quegli anni la definitiva vocazione per la scrittura: «Pagine che andavo strappando da un mastro d’arsenale, su cui da anni trascrivevo storie d’ogni genere. Le storie si riferivano a ciò che avevo visto e fatto durante anni di vagabondaggio attraverso Albania, Montenegro e i Paesi balcanici fino alle Bocche di Cattaro. Le più fitte di queste pagine riguardavano due soggiorni: la permanenza a Fiume con d’Annunzio, e Parigi. La storia più lunga era l’abbozzo di un diario, Fame a Montparnasse, che pubblicai anni dopo a Milano. Fino a vent’anni non avevo fatto che cambiare mestieri, alcuni pesanti, altri ridicoli e improvvisati».

Stabilitosi definitivamente a Milano, si avvicina agli ambienti delle avanguardie letterarie e artistiche, pubblica i suoi primi romanzi e collabora come critico d’arte con varie riviste. La prima stagione letteraria è costituita da opere narrative in cui è costante il rimando alla sua picaresca esperienza autobiografica, fra cui appunto Fame a Montparnasse.

Dagli anni Quaranta in poi, Carrieri si dedica quasi esclusivamente alla poesia, caratterizzata dal motivo dell’autobiografismo filtrato da un estro avanguardistico e da una vocazione essenzialmente lirico-patetica, non immune dall’influenza di Apollinaire, Ungaretti, Lorca. Considerevoli sono anche la produzione saggistica, dedicata principalmente alle arti visive e attraversata da un vibrante stile impressionistico; e le prose autobiografiche dei Brogliacci, una sorta di quaderno di appunti, raccolte nel volume Il grano non muore (1984).

Nonostante sia affaticato da una grave patologia polmonare e dall’età avanzata, l’impegno nella scrittura rimane costante sino alla fine. Carrieri si spegne in Versilia, a Lombrici di Camaiore, il 14 settembre 1984.

In una pagina dei Brogliacci scrive: «Non mi è stato possibile invecchiare, anche se ho fatto di tutto per arrivare alla vecchiaia: non ho rifiutato nessuna lotta, nessuna disciplina, nessun lavoro, nessuna allegria, nessun eccesso».

Simone Giorgino

[in «Repubblica-Bari», 11 novembre 2022]

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