In questa prospettiva la gravità nel nuovo romanzo di Vincenti assume il significato di autorevole e maestoso, in quanto distorsivo. Di lente gravitazionale, attraverso la quale vediamo ciò che non avremmo mai potuto vedere di più originale nel panorama culturale locale. Non so se questo sia un bene o un male. È comunque un gettare lo sguardo oltre, e questo mi sembra già tanto.
“Le storie dello scirocco” non è un libro da leggere sotto l’ombrellone -Dio ci liberi dal caldo, dal mare, dalle spiagge affollate, dal puzzo di abbronzanti e, soprattutto, dalle urla dei bambini!- ma è un lavoro certosino che testimonia l’accumulo, una disposofobia scritturale intesa come antidoto al nulla, e paradossalmente quella stessa distorsione spazio-temporale che come cartavetro raschia volti, passati e, infine, la stessa vita. Insomma, il passare del tempo.