di Augusto Benemeglio
Le chiese di Gallipoli. Gradita è la voce dell’acqua a chi è oppresso da nere sabbie, gradito il ricordo della riviera Nazario Sauro, dov’è la chiesa di San Francesco d’Assisi di Gallipoli, la chiesa del “Malladrone”, curva di luce nel tramonto, una delle tre sorelle chiese, a pochi passi l’una dall’altra, ciascuna con la loro livrea di carparo, miele e oro scuro, salutano il tramonto. Le Chiese di Gallipoli da sempre guardano in faccia il mare, poggiano sulle dodici colonne che sorreggono l’isola e sono protese costantemente all’orizzonte per accompagnare i propri figli in mare, per sorvegliare il viaggio breve dei pescatori, o il lungo viaggio degli emigranti e dei guerrieri, viaggi dell’incertezza, della fralezza, della caducità dell’uomo, ma anche viaggi di una promessa di pace, di benessere, prosperità, viaggi della speranza, e del bisogno di stabilità, serenità, terraferma. Sono chiese preziose, quelle di Gallipoli, come antiche fanciulle, ricche di fascino e suggestioni dei templi antichi di Athena, Afrodite, Era, che “custodiscono” il senso del radicamento ad uno Scoglio e della proiezione verso il mare, lo stupore per “l’oltre “. E di fronte a loro, a meno di un miglio marino, ecco un altro mistero, l’isola dei gabbiani, Sant’Andrea, indecifrata e sola nella vaga notte di luna, ch’accende ancora una preghiera alata che sa di salnitro.