Una notte al Museo Russo

La scoperta della letteratura russa ha provocato quello che Nori definisce “il rumore degli scambi della mia vita che mi destinavano a un’altra direzione” (76). Perché, se uno ci pensa, la letteratura funziona proprio così. La letteratura è sempre lì, dentro i libri. Da secoli, da millenni. Ma per ciascun lettore inizia ad esistere solo  nel momento in cui comincia la ricerca, l’esplorazione e, dunque, la conoscenza guidata dalla curiosità. Ogni romanzo, ogni poesia sembra farsi e disfarsi negli occhi dei lettori, assopiti nei libri chiusi, si illuminano e si ravvivano solo se sfiorati da uno sguardo. Nori racconta, ogni volta, il suo amore per questa letteratura, per questa lingua russa, per la Russia che, come tutte le cose che ama, gli fa paura. (Ma poi, forse, non è paura ed è emozione del cuore che sembra esplodere). Una notte al Museo Russo costituisce, dunque, un pretesto, ancora, per raccontare una passione: “La mia agente, si chiama Valentina, una volta mi ha telefonato mi ha detto che la casa editrice Laterza voleva fare una collana che si intitolava “Una notte a…”, dove chiedevano a degli scrittori di passare una notte in un museo a raccontare com’era, e che avevano pensato che io avrei potuto scrivere un libro sull’Ermitage di San Pietroburgo” (p. 9). Solo che la scelta è, poi, ricaduta sul Museo Russo perché “mentre all’Ermitage c’è l’arte occidentale, al Museo Russo c’è l’arte russa (…) quindi, le ho detto alla mia agente, che si chiama Valentina, se vogliono che scriva un libro sul Museo Russo, bene, altrimenti niente” (p. 11). Per poter parlare di un museo si dovrebbe cominciare dalla coda di persone che sta fuori dal museo, in attesa di entrare. In coppia, o da sole, o in gruppo. E l’attesa è sempre un po’ alienante, un po’ annoiata, il tempo non passa mai. Dentro al Museo Russo c’è un dipinto, scrive Paolo Nori, che si intitola La coda di Aleksej Sundukov (provate a dare un’occhiata alla copertina del libro). Ritrae una coda di persone di spalle. Le espressioni dei volti si possono soltanto immaginare. E La coda è anche un romanzo di un autore russo, Vladimir Sorokin, costituito solo da una serie di dialoghi tra persone in coda, ognuno dei quali comincia con la battuta “Chi è l’ultimo?”. Chissà di cosa si chiacchiera in coda per il Museo Russo. Inoltre, non dimentichiamo che il titolo del libro è “Una notte al Museo Russo”. Chissà di cosa si chiacchiera in coda per il Museo Russo di notte. In Russia ci sono le notti bianche: “siccome Pietroburgo è molto a nord, d’estate, in giugno, non tramonta praticamente mai il sole, nemmeno di notte, per quello si può leggere senza candele, come scrive Puškin, perché c’è sempre luce. Cioè le notti, in giugno, a Pietroburgo, non sono notti buie, sono notti bianche” (p. 125). Allora, magari, una notte al Museo Russo, sarà una notte circondati dall’arte russa, mentre fuori è notte ma c’è la luce, la stessa luce che ha illuminato Fëdor Dostoevskij e Anton Čechov e Michail Bulgakov e Nikolaj Gogol’ e Iosif Brodskij e Anna Achmatova.

[“L’immaginazione”, giugno-luglio 2024]

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