A Lecce, a dire il vero, già prima della fondazione del futurismo, è dato registrare, sulla stampa locale, una notevole attenzione per le opere, le iniziative editoriali e l’attività di F. T. Marinetti. Vari comunicati e segnalazioni riguardanti la rivista “Poesia” e i volumi usciti nelle Edizioni di “Poesia” vengono pubblicati, tra il 1907 e il 1905, su “Il Risorgimento”, “La Democrazia” e “L’Araldo”, a volte anche con espressioni di fervido compiacimento, come nella seguente nota redazionale apparsa sulla “Democrazia”, subito dopo la segnalazione di un fascicolo di “Poesia” e di una conferenza di Marinetti a Trieste: “A Poesia e al suo illustre direttore, che irradia la benefica luce sugli stagni della prosa affligente che sommerge spietatamente nella sua volgarità la vita contemporanea, diamo ancora una volta, e di tutto cuore, il nostro plauso entusiastìco”[4]. Cosi pure sul “Risorgimento” appare, fra l’altro, una segnalazione del volume marinettiano La ville charnelle, con espressioni di incondizionata ammirazione verso il suo autore, che “gode già, in Italia e in Francia, di una grandissima notorietà [ … 1 e che ha dato in questa sua nuova opera tutta la misura del suo eccezionale ingegno”[5],
Se questo interesse si può spiegare, da un lato, con il livello piuttosto alto dei periodici leccesi del primo Novecento, che dimostrano di essere sempre al corrente delle ultime novità in campo artistico e letterario, dall’altro esso va attribuito anche alla straordinaria capacità autopromozionale di F. T. Marinetti, che inondava, già da allora, le redazioni giornalistiche della penisola con le sue pubblicazioni e i suoi comunicati. Significativo, a tale proposito, è il fatto che un comunicato-stampa, intitolato Giovanni Pascoli e lo “Zì Meo”, relativo a un altro numero di “Poesia”, viene pubblicato addirittura su tutt’e tre le testate poc’anzi citate[6].
Non desta, quindi, eccessiva meraviglia che anche il futurismo trovi un’eco quasi immediata sui giornali leccesi. Sempre su “La Democrazia”, ad esempio, un settimanale diretto dallo storico locale Pietro Marti, il 13 marzo 1909, vale a dire a meno di un mese di distanza dall’apparizione del manifesto Le futurisme sul quotidiano parigino “Le Figaro”, viene pubblicato il Manifesto politico dei Futuristi”[7]. Ma sono, ancora una volta, un fascicolo di “Poesia” e un volume apparso nelle edizioni della rivista, contenenti entrambi il manifesto di fondazione, a fare da principale tramite alla diffusione del movimento nel capoluogo salentino. Ne danno notizia sia il “Corriere meridionale”, con un semplice comunicato[8], sia “Il Risorgimento”, con ben due articoli, apparsi sullo stesso numero.
In verità, la posizione di questo settimanale, diretto da Alberto Franco, che da lì a poco doveva diventare il principale portavoce delle novità futuriste nel Salento, non emerge ancora in maniera chiara dal numero in questione, essendo i due articoli di segno nettamente contrario. Nel primo, che compare nelle Note mondane, il nuovo movimento, definito “una forma morbosa dell’arte”, viene rifiutato in nome dei valori della tradizione e dell’assoluta libertà dell’ espressione artistica: “Ma [ … ] domandiamo a questi ribelli: ‒ come possiamo rinnegare tutto un passato fulgente di luce e di grandezza; come possiamo convenire che dall’ammirazione del passato usciamo fatalmente esausti. diminuiti, calpesti?”[9].
Il secondo articolo, che esce nelle Note bibliografiche, trattandosi di una segnalazione del volume di Enrico Cavacchioli, Le ranocchie turchine, è invece estremamente favorevole al movimento marinettiano, accettato in nome del “rinnovamento”, che è ritenuto ormai indispensabile in campo letterario e artistico: “il futurismo può essere considerato come un fenomeno naturalissimo e salutare, determinato nell’arte nostra dalla inevitabile ribellione di una eletta accolta di giovani e coraggiosi ingegni che tutta sentono la prepotente e irresistibile forza del Nuovo, e che stanchi di una troppo lunga adorazione del Passato, tendono le braccia e levano la voce verso l’Avvenire”[10]. Anche la raccolta di Cavacchioli è giudicata positivamente perché “contiene ‒ a parte ogni disquisizione di scuola ‒ dei versi bellissimi, che si fanno leggere volentieri per la loro freschezza e spontaneità, per la fluida scorrevolezza armoniosa, per l’audacia stessa con la quale il loro autore li gitta nel campo della critica”[11].
Già dal mese successivo, però, la posizione del «Risorgimento» nei confronti del movimento marinettiano si chiarisce definitivamente, in quanto incomincia a collaborare al giornale un giovane scrittore e critico salentino, Mimi (Domenico) Frassaniti, dandogli un preciso indirizzo filofuturista. Nato nel 1886 a Squinzano, in provincia di Lecce, dove mori, a ventisette anni non ancora compiuti, nel 1912, Frassaniti diede, fin dall’anno di fondazione, una convinta ed entusiastica adesione al movimento, con uno scritto apparso, su invito di Marinetti, sul settimanale leccese, che si conclude con un enfatico saluto ai nuovi compagni: “Salute, o pionieri della grande libertà dell’arte, un nuovo sole dardeggia sulla vecchia Europa, il sole trionfante della nostra vittoria”[12].
Dall’agosto del 1909 all’ottobre del 1910, egli pubblica, fra l’altro, sul “Risorgimento”, una serie di articoli, nei quali passa in rassegna quasi tutti i volumi apparsi, in quel periodo, nelle Edizioni di “Poesia”, poi divenute Edizioni futuriste di “Poesia”, volumi che riceveva regolarmente, spesso anche con dedica, dagli stessi autori: da Le ranocchie turchine di Cavacchioli Aeroplani e L’esilio di Paolo Buzzi, da Revolverate e La solita canzone del Melibeo di Gian Pietro Lucini a L’Incendiario di Aldo Palazzeschi a Mafarka il futurista di F. T. Marinetti”[13].
Frassaniti però non si limita a segnalare le novità librarie futuriste, ma svolge anche un’attiva propaganda a favore del movimento: informa i lettori del giornale su certi avvenimenti, come la serata futurista al Teatro lirico di Milano, svoltasi il 15 febbraio 1910[14]; riproduce e commenta i giudizi sul futurismo di critici e scrittori dell’ epoca, come Ettore Janni[15] e Rachilde[16]; difende dalle critiche Mafarka il futurista[17], plaudendo poi all’assoluzione del romanzo marinettiano[18].
Nei suoi scritti compaiono spesso i motivi canonici del “rinnovamento”, della “ribellione”, della “sfida lanciata al mondo”, ma non c’è quasi mai un esplicito riferimento ai temi della modernità, della macchina, del dinamismo. Dei futuristi, Frassaniti sembra apprezzare soprattutto la volontà di aprirsi al nuovo ma senza rinnegare il passato e certi valori come quelli della patria:
“I poeti futuristi son giovani di nobile animo e d’alto sentire, essi s’inchinano con animo d’italiani e d’artisti a questo passato glorioso, ma vogliono uscire da esso ed innalzandosi a respirare nelle pure regioni del Progresso umano, cantare con tutta la foga dei loro petti le Vittorie dell’uomo nell’aria e nei profondi abissi del mare, nello spazio e nel tempo, emulare col solo ritmo dei lor vasti polmoni la Vita e la Natura, nelle loro violenti ed accese rigerminazioni di nuovi sogni e di nuove forme”[19].
[In A. L. Giannone, Modernità del Salento, Galatina,
Congedo, 2009, pp. 27-34].
[1] Ci sia consentito di rinviare, per un sintetico panorama, al nostro Il Futurismo in Puglia, in Futurismo e Meridione, cat. della mostra (Napoli, Palazzo Reale, 18 luglio – 31 ottobre 1996), a cura di E. Crispolti, Electa Napoli, Napoli 1996, pp. 380-385. Ma ora cfr.A. L. Giannone, L’avventura futurista. Pugliesi all’avanguardia (1909-1943), Fasano, Schena, 2002.
[2] Per lo sfondo culturale in cui si colloca la vicenda futurista a Lecce e nel Salento si rimanda a D. Valli, Cento anni di vita letteraria nel Salento (1860-1960), Milella, Lecce 1985, pp. 73-131 e a M. Marti, La vita culturale, in Storia di Lecce. Dall’Unità al secondo dopoguerra, a cura di M. M. Rizzo, Laterza, Bari 1992, pp. 575-615.
[3] Si veda, a questo proposito, la Cronologia del futurismo nel Meridione, in Futurismo e Meridione, cit., pp. 451- 457.(Napoli, Palazzo Reale, 18 luglio – 31 ottobre 1996), a cura di E. Crispolti, Electa Napoli, Napoli 1996, pp. 380-385.
[4] Fra Libri e Riviste / Il mare tricolore, in “La Democrazia”, a. IX, n. 28, 18 luglio 1908.
[5] La città di carne, in “II Risorgimento”, a. XXXIII, n. 39, 5 novembre 1908.
[6] Giovanni Pascoli e lo “Zì Meo”, in “L’Araldo”, a. II, n. 8, 1-2 aprile 1908; in “La Democrazia”, a. IX, n. 15, 4 aprile 1908; in “II Risorgimento”, a XXXIII, n. 17, 13 maggio 1908.
[7] Fra Libri e riviste / Il Manifesto politico dei Futuristi, in “La Democrazia”, a. X, n. 11, 13 marzo 1909. Questo manifesto sarà pubblicato successivamente in “Poesia”, a. V, nn. 3-4-5-6, apr.-mag.-giu.-Iug. 1909, p. 35.
[8] A. Glecen, Punti, appunti e puntini … / Poesia, in “Corriere meridionale”, a. XX, n. 26, 8 luglio 1909.
[9] Egla, Note mondane /Ilfuturismo, in “II Risorgimento”, a. XXXIV, n. 25, 6 luglio 1909.
[10] Note bibliografiche / Il Futurismo e Le Ranocchie Turchine di Enrico Cavacchioli, in “II Risorgimento”, a. XXXIV, n. 25,.6 luglio 1909.
[11] Ibidem.
[12] M. Frassaniti, Il Futurismo, in “Il Risorgimento”, a. XXXIV, n. 40, 24 novembre 1909.
[13] Gli articoli di Frassaniti, dedicati a queste opere, vengono pubblicati in “Il Risorgimento” nel seguente ordine: a. XXXIV, n. 28, 17 agosto 1909; n.38, 10 novembre 1909; n. 43, 23 dicembre 1909; a. XXXV, n. 6, 9 febbraio 1910; n. 29, 27 luglio 1910; n. 14, 13 aprile 1910; n. 31, 10 agosto 1910 e n. 39, 26 ottobre 1910.
[14] M. Frassaniti, IlFuturismo, in “Il Risorgimento”, a.XXXV, n. 8, 23 febbraio 1910.
[15] Re Baldoria giudicato dal “Corriere della Sera”, in “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 27, 13 luglio 1910.
[16] Id., Mafarka il futurista glorificato dall’illustre scrittrice Rachilde nel “Mercure de France”, in “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 31, 10 agosto 1910.
[17] Ibidem.
[18] Id., Mafarka il futurista nella letteratura, in “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 39, 26 ottobre 1910.
[19] Id., Il Futurismo e i futuristi, in “Il Risorgimento”, a. XXXV, n. 23,15 giugno 1910. Questo articolo è stato riprodotto da noi, insieme con altri documenti, in Futurismo “sommerso’, in “L’immaginazione”, a. III, n. 25-27, gennaio-marzo 1986, pp. 9 – 14.