di Antonio Lucio Giannone
Contrariamente a quanto per lungo tempo si è ritenuto, il futurismo ha avuto a Lecce notevoli sviluppi, che spiccano non solo nel panorama pugliese[1], ma anche, più in generale, in quello meridionale, come ha dimostrato fra l’altro la recente mostra napoletana “Futurismo e Meridione”, e che confermano, in fondo, la tradizionale vivacità della vita culturale del capoluogo salentino[2], Lecce anzi, nonostante la posizione periferica e decentrata, può vantare una sorta di primato nella ricezione del movimento marinettiano rispetto a tutte le altre città del Sud e, per certi aspetti, anche rispetto a Napoli[3]. Infatti, fin dal 1909, l’anno stesso di fondazione, questo movimento, oltre ad essere ben conosciuto e ampiamente discusso su numerosi periodici salentini, aveva già i primi adepti e simpatizzanti. Nel 1910, inoltre, a un giovane critico della provincia, Mimì Frassaniti, in contatto epistolare con Marinetti e altri futuristi, si deve il primo, organico tentativo in campo nazionale di delineare le caratteristiche del movimento in uno studio rimasto inedito. A Lecce, ancora, negli anni immediatamente seguenti, operava uno dei primi, misconosciuti seguaci della pittura futurista in tutta Italia, Antonio Serrano. Ma non è solo la sorprendente precocità a caratterizzare questa vicenda. Da sottolineare anche è l’estensione temporale del futurismo a Lecce, che arriva, sia pure a intervalli, fino al 1943 e culmina nei primi anni Trenta con una attività in loco di un certo rilievo, che comprende, fra l’altro, una mostra di aeropittura, quella di Mino Delle Site nel febbraio del 1933, anch’essa piuttosto rara in ambito meridionale.