di Adele Errico
È stata annunciata l’11 luglio scorso, a L’Aquila, la cinquina finalista del Premio Strega Poesia: “Discomparse” (Aragno) di Gian Maria Annovi, “Vivi al mondo” (Vallecchi Firenze) di Daniela Attanasio, “Natura” (Stampa2009) di Roberto Cescon, “Paradiso” (Garzanti) di Stefano Dal Bianco, “Eredità ed Estinzione” (Donzelli) di Giovanna Frene. L’evento si è svolto in collaborazione con il Museo MAXXI: moderati da Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, hanno introdotto, il Presidente della Fondazione MAXXI Alessandro Giuli, il Sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi e la Presidente della giuria del Premio Laudomia Bonanni Stefania Pezzopane.
Quello che sembra ricorrente nei cinque libri finalisti è l’attenzione per la parola. Per la parola scritta, per la parola pronunciata, studiata e sillabata, pesata, calcolata ma anche immediata e istintiva, nuda, senza orpelli. Per la parola poetica. Elizabeth Bishop riteneva che la poesia nascesse da “spontaneità, mistero, accuratezza” e che queste tre voci dovessero susseguirsi esattamente in quest’ordine. Sono le tre voci chiave dell’arte che nelle opere dello Strega Poesia torna a uno stadio essenziale, servendosi di una lingua che viene usata perché deve comunicare qualcosa e la narrazione diventa motivo di sopravvivenza.