Dopo la visita alla basilica padovana del Santo, fu vera conversione quella del Carducci?

Sì come fiocchi di fumo candido

tenui sfilando passan le nuvole

sui domi aerei, sopra

le fantastiche torri del Santo.

Passan pe ‘l cilelo turchino, limpido,

fresco di pioggia recente: sonito

di mondo lontano par l’aura

tra le arcate che abbraccian le tombe.

Tal su le audacie degli anni giovani

a me poeta passaro i cantici,

ed ora ne l’animo chiuso

solitaria ne mormora l’eco.

Ma nel tuo viso pensoso, o parvola

Maria crescente, mi sovvien l’ultimo

Aprile soave su i colli

Coronanti l’Adige sonoro.

Crescete, o dolci fanciulli: l’anime

Nostre in voi puri si rinnovellano

Alacri, ansiose, per altri

Intelletti della vita nuova.

Sì come nuvole, sì come cantici

Fuggon l’etadi brevi de gli uomini;

vapora qual vampa d’incenso

solo un anelito ver l’infinito.

La basilica di Sant’Antonio vista dal chiostro del Noviziato a Padova.

     Giuseppe Aliprandi riporta l’edizione definitiva della lirica “Nel chiostro del Santo” senza le due quartine che il Vate aveva eliminato in quanto non avevano più  ragione d’essere, essendo stata soppressa la dedica a Maria Gargiolli.  Ecco le due strofe eliminate:

Ma nel tuo viso pensoso, o parvola

Maria crescente, mi sovvien l’ultimo

aprile soave su i colli

coronanti l’Adige sonoro.

Crescete, o dolci fanciulli: l’anime

nostre in voi puri si rinnovellano

alacri, ansiose, per altri

intelletti della vita nuova.


Lapide sul muro del chiostro del Noviziato a Padova.

La versione definitiva è la seguente:

Sì come fiocchi di fumo candido

tenui sfilando passan le nuvole

sulle aeree cupole, sopra

le fantastiche torri del Santo.

Passan pe ‘l cielo turchino, limpido,

fresco di pioggia recente: sonito

di mondo lontano par l’eco

tra le arcate che abbraccian le tombe.

Tal su le audacie degli anni giovani

a me poeta passaro i cantici,

ed ora ne l’animo chiuso

solitaria ne mormora l’eco.

Sì come nuvole, sì come cantici

fuggon l’etadi brevi de gli uomini;

dinanzi da gli occhi smarriti,

ombra informe, che vuol l’infinito?

     E il titolo definitivo – dice lo scrittore Francesco Giuliani5“lo porta ad eliminare l’indicazione geografica, adeguandosi all’uso di Padova e della zona limitrofa dove il Santo è, per antonomasia, Sant’Antonio, ma è anche il complesso monumentale dove il frate viene venerato da milioni di fedeli”. E ancora il Giuliani dice “la stesura dell’opera avviene a Padova dalle 9 e tre quarti alle 10 e tre quati, come segna alla fine il poeta, specificando che si tratta della giornata del 7 aprile 1887”.

     La visione delle tombe nel chiostro porta il poeta indietro nel tempo e gli fa ricordare la morte del figlio Dante, quella del fratello e del padre e come dice  Aliprandi: “Un’ombra di malinconia pervade il ricordo degli anni giovanili audacissimi che si contrappongono al chiuso animo solitario; con quell’ ‘infinito’ che il Poeta interroga senza avere una risposta. E torna alla mente la poesia ‘Dietro ad un ritratto’, di sei anni prima (2 dicembre 1881) dove è ancora il richiamo ad epoche lontane ‘quand’era tutto sole il mio pensiero’.

     Padre Valerio Zaramella (1927-2003), dell’ordine dei frati minori conventuali, nel suo libro “Guida Inedita della Basilica del Santo”, alle pp. 700-701 scrive: “ Nel 1887 Carducci venne a Padova  e col Mazzoni e altri amici fece una visitina al Santo. Fermandosi nel chiostro del Noviziato (foto) fu impressionato dal silenzio raccolto del chiostro e dalla visione offertagli guardando la Basilica da mezzogiorno: sotto le tombe, in alto le cupole aeree e i campanili svettanti, dietro i quali passavano le nubi bianche sospinte dal vento capriccioso di aprile. Tutto questo svegliò il suo animo, scosso già da tante battaglie e gli fece pensare all’eternità, al tempo che fugge veloce e ai trapassati. Ne nasce una poesia intitolata proprio da lui “nel chiostro del santo”…che…” gli fa ricordare i suoi anni giovanili, ormai lontani, quasi come un’ eco di un mondo antico e gli fa concludere che la vita dell’uomo è brevissima e corre velocissima, proprio come quelle nuvolette bianche oltre i campanili. E come sempre il poeta si domanda con gli occhi smarriti che cosa voglia l’infinito. Purtroppo per lui massone, senza fede, la domanda era senza risposta e causa di insicurezza, di paura e di sconforto”.

     “L’ode con la sua bellezza e con la sua vaga religiosità” – dice Giuliani – ebbe il plauso dei frati francescani, che videro in “Nel Chiostro del Santo” un gradito omaggio alla loro basilica e, probabilmente, anche un mezzo per avvicinarsi a Dio (e non senza ragione dal loro punto di vista)”. E i frati e la veneranda Arca, ente creato nel 1396 e che da allora amministra, tutela e valorizza il patrimonio antoniano), come dice padre Zaramella nel suo articolo:  “Nel 1914 il segretario della presidenza della Veneranda Arca del Santo propose che si facessero scolpire su una lapide le prime due strofe arcaiche, in cui si accenna direttamente alla Basilica, e di fissarle sulla parete meridionale, proprio nell’angolo, che ho suggerito si chiami “Angolo Carducci”, perché i turisti che usualmente visitano il chiostro, fermandosi in quell’angolo da cui si gode una delle visuali più incantevoli della basilica, possano leggere i versi del poeta e si appropriano dei suoi sentimenti”. (foto)

     Ma la poesia del Carducci “Nel chiostro del Santo” fa porre una domanda e cioè: dov’è la fierezza nativa del poeta, il suo temperamento sdegnoso e appassionato, il suo incanto della vita, il fascino del suo giovanile sognare? Dov’è il Carducci dell’Inno a Satana scritto nel 1863 (pubblicato nel 1865), simbolo del libero pensiero che solo può guidare gli uomini sulla via del progresso?  Dov’è il Carducci massone e anticlericale? Dal 1863 sono passati 23 anni e con il tempo sono cambiati i caratteri dell’uomo Carducci, della sua poesia e il suo sentimento della vita che “non ignora il dolore e il nulla della morte?” .

     Ora Carducci ha 52 anni, le sofferenze l’hanno maturato e, come dice Giuliani, “anche in Carducci, com’è facile nella vita di tutti gli uomini l’entusiasmo e la baldanza, propri di chi pensa di avere molti anni davanti a sé, dovettero lasciare più spazio alla riflessione e al dubbio”. Si nota in “Nel chiostro del Santo” una poesia dimessa, nostalgica, dominata da una, luce più fioca che lascia trasparire meglio l’umanità del poeta. E ancora il Giuliani: “Siamo nella basilica di sant’Antonio di Padova, nel chiostro del Noviziato e il poeta mette da parte la sua vena polemica, il proprio pugnace e fervido anticlericalismo, è solo con se stesso, è assorto nel seguire l’inesorabile fluire del tempo”. Vincenzo Crescini evoca un ricordo di quella giornata nel febbraio del 1907, sul giornale “Il Veneto”, in occasione della morte del poeta e dice: “Il cielo sorrideva. Tenui veli bianchi passavano sopra le cupole, sopra i pinnacoli; e si sentiva come l’eco stanca di un rumore lontano e quasi la vita andasse fievole alle soglie del mistero silenzioso. Ed io notavo queste impressioni. Il Carducci taceva; ma il suo ciglio era aggrondato, pensoso; mi parve di scorgere come un balenio nell’angolo degli occhi.”

     E Giuliani cerca di trovare una spiegazione a questo nuovo atteggiamento del Vate dicendo: “Non è lì per esprimere la propria opinione negativa nei confronti del mondo religioso […], egli è un visitatore che però avverte la suggestione del luogo, lasciandosi avvolgere dalla realtà claustrale” e affida questi suoi pensieri ai versi di una poesia, in cui si nota un diverso approccio con il mondo cattolico e quasi un avvicinamento a Dio. Questo aspetto si può cogliere meglio nel discorso che il Carducci fa agli studenti di Padova nel 1889 terminando con queste parole: “Il Dio dell’amore e del sacrifizio, il Dio della vita e dell’avvenire, il Dio delle genti e dell’umanità è in noi, con noi e per noi”. Giuliani dice ancora: “Il Carducci non si può definire un ateo”. Tante sono state le discussioni sulla religiosità del Carducci di cui si trova traccia nella biografia del Biagini che lascia un dubbio sull’avvicinamento del Carducci alla Chiesa, dicendo: “Carducci non imboccò mai quella strada di Damasco, alla quale pure si avvicinò e che fa pensare che il povero Carducci desiderò il sacerdote al suo letto di morte, ma che la Massoneria impedì il compimento di questo desiderio” .

     Ma al momento attuale qual è la posizione nei confronti del  Carducci? Molti critici dell’area storica mettono in risalto i suoi elementi massonici, la sua appartenenza alle Logge del libero pensiero, l’aperta avversione alla Chiesa e al Sacro, la sua ostilità e il suo dissidio contro le istituzioni cattoliche. Noto è poi  l’8 dicembre 1869, in occasione dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano I. “Il Popolo” di Bologna ripubblicò l’Inno a Satana, come una sfida dell’idealismo massonico a quello cattolico. Invece, quasi tutti gli autori tendono a minimizzare l’impronta anticlericale del Vate ricollegandola al suo io poetico e non ad un suo reale coinvolgimento. E, a proposito della conversione del Carducci, Alessandro Belano nel suo libro “Carducci Giosuè dalla ribellione alla conversione” riporta la testimonianza del beato don Orione, che nel 1934 sulla nave “Conte Grande” in navigazione per l’Argentina per partecipare al Congresso Eucaristico Internazionale a Buenos Aires,  disse in pubblica predica che il Carducci qualche anno prima di morire, s’era confessato. E questo era avvenuto precisamente a Courmayer nel 1889 quando il poeta dopo “una notte in piedi, passeggiando avanti e indietro nella sua stanza: una notte assai simile a quella passata dall’Innominato. Al mattino si è presentato all’abate don Pietro Chanoux (1828-1909) e dopo ore di conversazione si avvicinò alla Chiesa, ricevette l’eucaristia dopo essersi confessato”. E c’è un documento prezioso con autografo di Don Orione a testimonianza dell’incontro tra il Carducci e l’abate Chanoux.

         Il poeta e critico letterario  Domenico Salvadori (1862-1928) nel  suo libro dal titolo Il Carducci poeta religioso, pubblicato su “Vita e Pensiero” del 1928,  riporta che il Carducci gli aveva confessato: “In Dio son tornato a credere anch’io”. E Igino Giordani nel suo libro “I grandi convertiti” annovera tra i suoi convertiti anche il Carducci. Giacomo Fighera, giornalista e scrittore, docente nei licei, ha scritto l’articolo su Carducci dal titolo “Il classicista che si riconciliò con Dio”, pubblicato il 22 marzo 2020 su “La Nuova Bussola Quotidiana” in cui scrive che “In punto di morte il Carducci abbia ricevuto i sacramenti officiati da un prete vestito da barbiere (per paura che i massoni scoprissero che il poeta era ritornato tra le braccia della Chiesa) e venuto con la scusa di fargli la barba”.

     E a sottolineare il carattere religioso del Carducci Luigia Tincani (1889-1976), religiosa, fondatrice della Congregazione delle Missionarie della Scuola e della Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma, in merito alla morte cristiana di Carducci, dice: “Abbiamo  sentito che Carducci in morte volle i sacramenti e malgrado la guardia feroce che gli montavano i massoni, li ebbe da un sacerdote (Don Cajazzi?), vestito da barbiere e venuto per tagliargli la barba”.

     E anche Luigi Luzzatti (1841-1927) nel suo Libro La libertà di coscienza e di scienza parla dell’aspetto religioso del Vate e dice: “Carducci sollecitava, talora, lui stesso le figlie ad andar a Messa e, a quattr’occhi con persone religiose e fide, si raccomandava alle loro preghiere”.

     Insomma, Carducci, l’autore dell’Inno a Satana, emblema del Risorgimento anticlericale e massonico, si convertì dopo una notte di tormenti. E Nicola Graziani nel suo articolo Carducci si convertì. L’annuncio della Chiesa del 13 maggio 2021 dice: “La Chiesa fa sapere in modo semiufficiale che uno dei padri dell’Italia Risorgimentale, massonica e anticlericale, ebbe i suoi dubbi e scoprì la fede […] anche se lì per lì nessuno lo seppe”. E riporta le parole del cardinale Angelo Comastri che  dice: “Tutto è vero (a proposito del Carducci, ndr): queste  cose anticlericali le scriveva e le ha pensate; aveva 28 anni, all’epoca. Ma finì “per arrivare tra le braccia di Gesù e a portarcelo fu la Madonna, quella cui egli stesso aveva dedicato la poesia “la Chiesa di Polenta (1897) e  a cui si rivolgeva con le parole “Ave Maria! Quando sull’aure corre l’umil saluto, i piccioli mortali scovrano il capo, curvano la fronte […], dimostrando il suo attaccamento alla chiesa, e alla Madonna e il suo essere cristiano”.

NOTE

1 G. Carducci, Lettere, Bologna, 1953, vol. XVI, 133. Carducci nacque in Versilia nel 1835, si laureò in lettere all’Università di Pisa. Nel 1860 Terenzio Mamiani, ministro della Pubblica Istruzione lo nominò professore di Letteratura Italiana all’Università di Bologna, tenendo l’insegnamento fino al 1904, quando lo lasciò per motivi di salute. Nel 1906 ricevette il premio Nobel e il 16 febbraio 1907 morì a Bologna.

2Mazzoni Guido nato a Firenze nel 1859, si laureò in lettere a Pisa il 28 giugno 1880 con una tesi sul Metastasio.  IL Mazzoni si perfezionò all’Università di Bologna dove ebbe come maestro Carducci. Carducci di lui ne apprezzava la competenza acquisita nel campo della metrica sia come poeta sia come traduttore italiano; Carducci lo aiutò nel 1887 nel concorso per la cattedra di letteratura italiana all’Università di Padova. Il Mazzoni aveva ventotto anni; fu indicato primo degli eleggibili, per un punto avanti a Francesco Novati (1859-1915) da una commissione composta da G. Carducci, Da Isidoro Dal Lungo (critico letterario e politico italiano, 1841-1927), Giovanni Mestica (filologo e politico italiano, 1831-1903), Alessandro D’Ancona (letterato e politico italiano, 1835-1914), Adolfo Bartoli (letterato italiano, 1833-1894). Lasciatesi alle spalle le polemiche che accompagnarono il concorso, il Mazzoni iniziò la vita universitaria stabilendo un fecondo rapporto con gli studenti che avrebbe sempre caratterizzato il suo insegnamento. Nel 1894 fu trasferito all’Istituto di Studi Superiori (poi denominato Università) di Firenze, per sostituire Bartoli morto improvvisamente. Morì a Firenze il 1943; fu un letterato italiano, professore di letteratura italiana prima a Padova e poi a Firenze.

3 Filologo italiano, nato il 1857 e morto il 1932.

4 Maria Gargiolli era figlia di Carlo (1840-1887)  e di Dafne Nazari (1857-1945). Dafne Nazari era nata nel 1857 da una facoltosa famiglia reggiana, aveva sposato nel 1876 il marchese Carlo Gargiolli (1840-1887, filologo italiano) da cui ebbe cinque figli; vedova aveva sposato Brando Brandi (1859 – 1935) da cui ebbe altri tre figli. Fu Gargiolli stesso nel 1883 a  presentare al Carducci la moglie Dafne durante il viaggio che li conduceva a Roma, dove il marito era stato nominato Provveditore Centrale presso il Ministero dell’Istruzione Pubblica.

5 Francesco Giuliani, nato a san Severo (FG) nel 1961, laurea in lettere classiche all’Università di Chieti, docente nei Licei; dal 2002 ha preso a collaborare con la facoltà di Lettere dell’Università di Foggia, docente a contratto presso il Dipartimento degli Studi Umanistici di Foggia.

Bibliografia

G. Aliprandi, Il Carducci a Padova, in “Padova, rassegna mensile a cura della “Pro Padova”, gennaio 1957, pp 18-24;

A. Belano, Carducci Giosuè dalla Ribellione alla conversione. La testimonianza di Don Orione, in “Messaggi di Don Orione”, 1998, n.98, pp. 11-42;

M. Biagini, Giosuè Carducci, Milano, Mursia Ed., 1976;

G. Carducci, Agli studenti di Padova, in “Prose di Giosuè Carducci”, Bologna, 1957;

V. Crescini, cit., in G. Carducci, Rime e ritmi, a cura di D. Ferrari, Bologna 1928;

G. Fighera, Il Classicista che si riconciliò con Dio, “La Nuova Bussola quotidiana”, 22.03.2020;

I. Giordani, I grandi Convertiti, Roma, Apollon Ed., 1945;

F. Giuliani, Carducci nel chiostro del Santo, in AA.VV., “La letteratura e il Sacro”, a cura di F.D. Tosto, vol. II, L’universo poetico (Ottocento e prima parte del Novecento), pp 85-105, Napoli , Edizioni Scientifiche Italiane, 2011;

L. Luzzatti, La libertà di coscienza e di scienza, Milano, Fratelli Treves, 1909;

M. Pazzaglia, Gli Autori della Letteratura Italiana, 2° ed., Ed. Zanichelli, Bologna, 1971. Giosuè Carducci pp 713-770;

G. Salvadori, Il Carducci poeta religioso, in ‘Vita e Pensiero’, 1928;

V. Zaramella, Guida inedita della Basilica del Santo, Padova, Centro Studi Antoniani, 1996, pp 700-70;

www.treccani.it enciclopedia, Mazzoni Guido, vol.72, 2008;

www.agi.it, N. Graziani, Carducci si convertì. L’annuncio della Chiesa, 13 maggio 2021.

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