di Augusto Benemeglio
Chioma metallica: Eugenio Giustizieri se ne è andato alla fine d’Aprile del 2011 (aprile è il mese più crudele), alla fine di un giorno qualunque (“Se il giorno è finito /non lasciare sulla riva /le tempeste d’ombre”). Si è spento, dopo una malattia breve e devastante, quietamente, serenamente, senza volere drappi pendenti, facce di circostanza, dolori scaldati, ansie d’identità fraternizzate per un’ora in cravatta nera sul cadavere nella bara; se ne è andato come un uomo che amava la vita con le irruenze e le scosse di una chioma metallica troppo ardita che ramifica la linfa e rinverdisce speranze, se ne è andato con intatte le sue radici salentine di vecchio ulivo d’argento col cuore tutto racchiuso nella sua famiglia, la moglie, i figli, il suo ceppo granitico di affetti veri, autentici, insostituibili, ma anche con i suoi labili confini. Chiodi piantati nel muro per le trecce d’aglio e peperoni, vecchie che ci aspettano, è ciò che resta nella casa del tempo spezzato, mezzo pieno e mezzo vuoto, su pietre calcinate la grasta fiorita degli ultimi gerani nell’angolo a cielo aperto, il fresco della sera sul terrazzo tra fichi messi a seccare nell’agonia di aurore e chiari di luna. Eugenio amava moltissimo l’arte, la pittura, l’architettura, nella quale si era laureato alla Sapienza di Roma nel 1983, ma amava anche la musica, la letteratura, la poesia, ed era lui stesso un artista, per vocazione. Sentite che dice a proposito della poesia: “Ti sentirò fuoco /fino al sole /e per gioco /consumerò la vita già domani”. E questa morte, prematura, ancora nel pieno della sua energia creativa, a 53 anni, lui la presentiva, la preavvertiva, quasi la corteggiava: “…Quando viene il sonno /nasce l’anima, si tende nell’infinito cielo /tra deboli voci e deboli luci di stelle… alle mie ceneri, /quieta una luce…nelle maree scompare… /fra le tue scabre sere /mi inoltrerò /a riscoprire i lucidi voli / nell’intimo e nudo / tempo fuggito”.
Da quando mi sono trasferito a Roma in via definitiva (2005), i nostri incontri si erano diradati, anche se c’eravamo visti a Gallipoli, da Mimmo Anteri, in quella sua casa-galleria d’arte, su quel suo terrazzo-palcoscenico, a parlare ovviamente di pittura, di letteratura, a fare anima, quando, di tanto in tanto, capitavo (una, due volte l’anno).
Bellissimo e molto sentito questo omaggio postumo all’egregio architetto, pittore e poeta Eugenio Giustizieri, che ho potuto apprezzare anche come critico d’arte in occasione dell’inaugurazione della Collettiva “Contemporanearte, dal segno alla forma”, allestita nel 2007 nel Palazzo ducale Filomarini di Cutrofiano, in cui esponevo alcune mie opere insieme ad altri amici. Ricordo con particolare emozione l’ultimo incontro con lui, nella casa di Sannicola, quando sdraiato sul letto e assistito dalla bravissima moglie Paola Mezzi, pur debilitato nel fisico, riusciva con invidiabile ironia e leggerezza a conversare con noi amici, lì convenuti per l’ultimo saluto su iniziativa del suo fraterno amico, il compianto artista cutrofianese Salvatore Carbone, lo stesso che, alcuni mesi dopo, nel giorno del funerale, piangeva e abbracciava il corpo ormai esanime del suo caro Eugenio.
Grazie, Antonio. ho conosciuto anche Salvatore Carbone, al quale feci una recensione critica molti anni fa, che lui apprezzò molto. Credo che sia stata pubblicata su “Espresso Sud” dell’amico Nicola Apollonio, rivista con la quale collaboro da una trentina d’anni, più o meno, e, se non erro, vi ho letto qualche tuo articolo. Eugenio è stato un artista e un gentiluomo nel senso più nobile della parola. Ci ha lasciati prematuramente, scavando uno dei tanti vuoti che (avanzando con gli anni) man mano si creano intorno a noi, e difficilmente riesci a colmare. Non ho conosciuto la moglie, ma credo che una volta mi scrisse due righe per lo stesso articolo che tu hai letto e fa parte del mio ultimo libro ( “Arrembaggi e naufragi”) e, a suo tempo, è stato pubblicato sulla Rivista in questione. Se ti capita di vederla, o sentirla, ti prego di far giungere alla Signora il mio più gentile omaggio e saluto. Grazie.
Caro Augusto, ci siamo conosciuti molti anni fa in occasione di una tua conferenza, che ho molto apprezzato, ma non frequentati. In compenso leggo sempre con vivo piacere i tuoi scritti. In uno di essi, dedicato al commento de “I due Pinocchio” della bravissima poetessa e animatrice culturale M. Rita Bozzetti, mi hai onorato di un breve apprezzamento per le sei foto, riproducenti miei lavori pittorici, ivi inserite nella copertina e nell’interno del poema. Paola Mezzi era stata mia collega nella Scuola Media “Giovanni XXIII” e l’ho poi rivista, in qualità di consorte del compianto Eugenio: una donna esile nel fisico ma, mentalmente e spiritualmente, forte, che ha saputo assistere sino alla fine il ‘poeta gentiluomo’ e guidare da sola i due figli nelle peripezie della vita. Non la vedo da molti anni e quindi non saprei come inoltrarle i tuoi saluti. Il nostro comune amico ed eccellente pittore, Mimmo Anteri, col quale ho esposto in varie mostre, potrebbe fornirti il numero di cellulare. Ti ringrazio per aver risposto al mio commento. Nel caso desiderassi conoscere un po’ di più la mia ricerca visiva, potresti navigare in questo bel sito, curato dal bravissimo amico e scrittore Gianluca Virgilio, cliccando su’Antonio Stanca’ e scovando nell’archivio una cinquantina di foto e alcuni scritti; su instagram.com/a_tancas/ troverai una quarantina di opere. Ti ringrazio per aver risposto al mio breve commento sulla figura di Eugenio e spero di poterci incontrare in futuro. Il mio indirizzo e-mail è: stanca_antonio@libero.it. Ciao. Antonio Stanca
Caro Antonio, andrò sicuramente a vedere il sito che ti riguarda. Sì, ora mi ricordo dei Due Pinocchio e del breve commento che feci sulle tue opere, ma sono certo che anche con la penna te la cavi alla grande. Cmq. Ci sentiremo al più presto. Un abbraccio e tanti auguri per il prosieguo della tua attività artistica. Ciao Augusto