Racconti sovietici 9. Quarantunesimo 1

di Boris Andreevič Lavrenëv


Boris Andreevič Lavrenëv (Cherson 1891 – Mosca 1959).

Capitolo Primo

Scritto dall’autore esclusivamente in virtù di necessità.

L’anello rilucente delle sciabole cosacche si disintegrò all’alba, aprendosi per un attimo a nord, reciso dalla pioggia rovente di una mitragliatrice, e nello strettissimo varco si fece strada, con l’ultimo sforzo febbrile, il commissario rosso-lampone Evsjukov.

In tutto uscirono dall’accerchiamento mortale, in una conca vellutata, il rosso-lampone Evsjukov, i ventitré e Marjutka.

Centodiciannove e quasi tutti i cammelli rimasero distesi sull’ammasso di sabbia gelata, in mezzo ai rami serpeggianti di saksaul1 e alle verghette rosse di tamarisco.

Quando al capitano dei cosacchi, Buryga, riferirono che soltanto gli avanzi residui del nemico erano riusciti a sfondare l’accerchiamento e a dileguarsi, costui girò con una manona bestiale i suoi folti baffi, sbadigliò, spalancando la bocca con una fossa profonda che assomigliava ad un posacenere di ghisa e, con indolenza, ruggì: «E che vadano all’inferno! A che serve inseguirli? E’ solo, semmai, per far stancare inutilmente dei cavalli! Tanto creperanno in ogni caso nelle sabbie del deserto!»

Intanto il rosso-lampone Evsjukov con i ventitré e Marjutka, scappavano con l’ampio passo scaltro dell’infuriato ratto della steppa, addentrandosi sempre di più nelle infinite sabbie granulose.

Il lettore è già impaziente di apprendere, perché “rosso-lampone” Evsjukov?

Andiamo per ordine.

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