di Rocco Orlando
Giosuè Carducci1 fu un fervido ammiratore, amatore dell’arte di Francesco Petrarca (1304-1374); infatti, dopo lunghi studi, pubblicò nel 1876 il “Saggio di un testo e commento nuovo” al “Canzoniere”, e insieme con Severino Ferrari (1856-1905, allievo ed assistente del Carducci), nel 1899 pubblicò tutte le “Rime” di Francesco Petrarca commentate. E il sonetto “Commentando il Petrarca ci pone innanzi ai sentimenti varii pe’ quali egli tanto si compiaceva di quel poeta, neo-latino, umanista, italiano, moderno e adoratore di Roma antica; il poeta su cui spesso tornava anche nel suo insegnamento universitario […]. Nel 1874, in occasione dei festeggiamenti per il quinto centenario della morte di Petrarca, fu assegnato ad Aleardo Aleardi2 l’onore di commemorarlo in Padova il 19 luglio (giorno della sua morte), ma il giorno innanzi, in Arquà, dove il Petrarca morì, aveva letto il discorso suo il Carducci dal titolo “Presso la tomba di Francesco Petrarca in Arquà”. Il Carducci si era recato ad Arquà (al toponimo Arquà nel 1868 venne aggiunto quello di Petrarca) dietro invito del Comitato petrarchesco di quella cittadina al fine di commemorare il quinto centenario della morte di Francesco Petrarca.
Giuseppe Aliprandi (1895- 1975, matematico, stenografo e autore di diversi articoli su vari autori tra cui il Carducci) nel 500° anniversario della morte del Poeta scrive: “Il Carducci a Padova“ sulla rivista mensile “Rassegna” in cui dice: “Il 17 maggio 1874 Giosuè Carducci scriveva all’amico Giuseppe Chiarini (letterato e critico letterario, 1833-1908, ndr): ”Il comitato petrarchesco di Arquà mi ha invitato a fare il discorso sulla tomba di Francesco Petrarca per il 18 luglio”. E lo stesso giorno scriveva una lettera all’amica Carolina Cristofori Piva, la Lidia delle “Odi Barbare”, nata il 1837 e morta nel 1881, per avvertirla dicendo: “Mia dolce signora, amor mio […] A Padova parla Aleardi, là onorano il canonico di Padova, il prelato: ad Arquà, così il Sindaco venuto di persona, vogliamo commemorare il cittadino, l’amico ispiratore di Cola di Rienzo, il filosofo e padre del Rinascimento”. La ricorrenza del V centenario della morte del Petrarca non era sfuggita al Carducci, che ci pensava fin dal 1873 per una eventuale pubblicazione ad opera del Barbera (Gaspare Barbera, 1818-1880, fondatore a Firenze della Casa Editrice Barbera) (lettera del 22 novembre 1873), o del tipografo Vigo (Francesco Vigo 1818-1889, tipografo ed editore di uomini illustri come Chiarini, D’Ancona e lo stesso Carducci) (lettera indirizzata al Chiarini del 1° gennaio 1874) e come scriveva a Lidia il 4 febbraio 1874 e l’11 febbraio 1874 in una lettera allo stesso Vigo. Il Carducci, ricevuto l’invito, cominciò l’elaborazione del discorso i primi di luglio e finito di correggere e copiare nella notte del 16, sarà letto il 18 ai convenuti al “romito euganeo”3.