Don Giuseppe Leopizzi, cantore di Dio

di Augusto Benemeglio

Le nozze d’oro con Dio e il saluto di Papa Francesco: Otto anni fa, il 16 aprile 2016, ci ha detto addio don Giuseppe Leopizzi, uno dei grandi personaggi della storia contemporanea di Gallipoli e del Salento.  L’ultima volta che l’ho sentito, per telefono, è stato a Roma, al Policlinico Gemelli, dov’era ricoverato, nell’autunno 2015: “Vuoi che venga a trovarti?, abito a  una ventina di chilometri”. –“No, no, è cosa di poco conto. Domani già riparto, con mio fratello Salvatore. Volevo solo salutarti. Sto nella stessa camera dove un tempo fu ricoverato Papa Giovanni Paolo II°, dopo l’attentato, ricordi?” Stava morendo, ma prima di dire ciao al “nostro” mondo volle salutarmi. Poi, nella sua stanza, venne papa Francesco, per salutarlo. Che bella foto, voi due insieme, caro don Pippi! E d’un tratto mi venne in mente quel Lunedì dell’Angelo di tanti anni fa, quando al primo albore, mi ero messo in viaggio per Emmaus-Gallipoli, periferia dell’Impero, come amava dire tuo cognato, Giuseppe Albahari. E avevo in cuore una musica strana, fatta di meraviglia e di stupore assoluto. È  Chopin, – mi dicevo – ma sembra Bach in uno sbandamento emotivo, o Schubert, il genio della nostalgia. Ma ecco che sono  già  da te, affacciato al balcone di via Cavalieri di Rodi, e  guardo l’orizzonte che socchiude le sue palpebre e comincia a svelare  il mistero della Risurrezione: è come se fosse la  “prima alba a Gallipoli/(che) tinge le mura/ di tenui veli/ color melagrana ; sto dentro quest’alba ancora piena di notte, con don Pippi, mio indimenticato amico de “L’Uomo e il Mare”, mio prefatore de “L’Isola della Luce”,  de “L’Isola  e il Leone”  (oh, conservo ancora i suoi foglietti di carta scritti a mano con quella sua calligrafia minuta, fitta fitta, piena di volute e arabeschi!), insieme al “Teatro Garibaldi”, con l’Onorevole Mario Foscarini rintanato nel suo cappottone grigio soviet, Sindaco tarato sul disincanto, ma onesto, e vicino ai deboli e agli umili, talvolta perfino sorridente nella sua pessimistica malinconia, oppure ci troviamo nella sala poligonale del Castello Angioino (ma è Aragonese), con Luca Liguori, il giornalista della Rai che consegna l’ennesimo premio al vincitore del Premio di  poesia, ovvero  a Lui, a questo  prete, teologo , saggista  e poeta (per “enigma e necessità”)  che celebra  i cinquant’anni di sacerdozio, le nozze d’oro con Dio.

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