Noterellando… Costume e malcostume 16. Se il sesso debole mostra i muscoli

di Antonio Mele / Melanton

Era di prammatica un diffuso sfottò di derisione o irrisione. Neppure tanto aspro. Più ingenuo che cattivo. Ci si faceva anche a pugni (“mazzate” all’acqua di rose, alla fine: il più delle volte scenografiche, quasi da teatrino). E infine, non c’era uno di noi che non avesse la propria ‘ngiùria’, epiteti o soprannomi per lo più burleschi, ma che potevano infastidire ed essere motivo di grave offesa, talvolta inventati, più spesso presi a prestito dalla famiglia d’appartenenza: ‘Mbrìcate, Chieròndula, Picàchi, Pizzallì

Eppure, in qualsiasi circostanza, eravamo e restavamo profondamente amici e indivisibili compagni di gioco.

Anche a scuola le tipologie “classiche” venivano rispettate, come da consolidata tradizione. Immancabili il secchione, la spia, il figlio di papà o di mammà, il balordo che non ti faceva copiare: figure che suscitavano inevitabilmente contrasti, invidie, malumori, desideri di rivalsa, e propositi di vendetta più o meno latenti o conclamati. Ciò nonostante, non c’era, neanche qui, aria di guerra o di guerriglia: gli screzi rientravano presto, e si tornava a condividere la nostra bella stagione con grande naturalezza.

Altri tempi. Sia detto (almeno in questa occasione) senza alcun condizionamento di nostalgia, comparandoli oggettivamente, e sociologicamente, con i tempi diversissimi di oggi, per sollecitare qualche riflessione di fondo.

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