di Antonio Errico
Secondo una ricerca condotta da Preply, una piattaforma online per l’apprendimento delle lingue, il 59% degli italiani ritiene che l’insegnante (umano) risulti fondamentale nel processo di apprendimento. Lo studio fornisce anche ulteriori dati ma forse per tentare un ragionamento oppure anche solo per esprimere un’impressione, è sufficiente soffermarsi su questi. La percentuale di chi crede che l’insegnante come lo si è sempre pensato non sia sostituibile, sembra confortante. Ma non lo è. Sconforta, invece. Perché inevitabilmente viene da domandarsi che cosa pensa la percentuale rimanente, e la prima risposta che si affaccia è che pensi che quell’insegnante sia sostituibile da qualcosa, per esempio dal prodotto di una tecnica, di una tecnologia. Per esempio un robot.
Se la risposta che si affaccia dovesse avere un fondamento, allora la faccenda si farebbe estremamente seria. Per una semplice ragione, questa: l’insegnante non soltanto insegna matematica, fisica, italiano, un’altra lingua, la storia, la geografia, ogni altra disciplina. L’insegnante insegna altro, e l’altro che insegna è molto più importante dei contenuti della disciplina. L’insegnante insegna a pensare. La disciplina è lo strumento che usa per insegnare a pensare, a farsi domande, a risolvere problemi, a mettere in dubbio quello che si è imparato, a imparare di nuovo e in modo diverso, insegna a distinguere, ad analizzare, comparare, sintetizzare, ragionare.