Testimonianza per Vicente González Martín, maestro degli italianisti spagnoli

Mi sembrava importante perciò fare conoscere Bodini a Vicente, dati i suoi interessi, e gli inviai una copia di questo libro. E infatti egli lo apprezzò molto, al punto da dedicargli una lunga e accurata recensione che uscì sul n. 10 del 2014 della “RSEI. Revista de la Sociedad Española de Italianistas”, apparso nel 2016.  In essa, fra l’altro, scriveva che quest’opera «presenta la aguda visión que el escritor e hispanista Vittorio Bodini (1914-1970) tuvo de España, y que abarca un período de tiempo que va desde 1946, año de su primera visita a este país, hasta 1954». Poi continuava: «El libro está estructurado en tres partes de diversa consistencia y amplitud, pero todas de indudable interés no sólo para un crítico literario hispanista o italianista, sino para cualquier público cultivado que aprecie la opinión y el juicio contrastados que un hombre culto italiano hace con conocimiento de causa de la España cercana todavía a la guerra civil, pero deseosa de vivir y mirar al futuro». E, alla fine, osservava: «En definitiva, Antonio Lucio Giannone acierta al recordarnos a Vittorio Bodini, un escritor amante de España, y al hacer accesible a un amplio público la visión de un período importante de la historia de España de un italiano culto, que ve este país, como Unamuno veía a Italia: “con ojos de enamorado”, que, según don Miguel, era la mejor forma de conocerlo bien».

Questo libro, d’altra parte, ha attirato l’attenzione in Spagna anche di altri italianisti che se ne sono occupati, come Juan Carlos de Miguel, Giovanni Albertocchi e Irene Romera Pintor, e al suo autore, nel 2018, venne dedicata una Giornata di studi presso l’Università di Valencia, i cui Atti sono usciti nel 2020 nel volume dal titolo Palabras tendidas: Vittorio Bodini entre España e Italia, a cura di Juan Carlos de Miguel. Lo stesso anno, inoltre, ha visto la luce la traduzione del Corriere spagnolo, a cura di Laura Volpe, sempre con le Edizioni Besa.

Nel settembre del 2016 feci una visita di monitoraggio Erasmus in tre Università spagnole (Ciudad Real, Autónoma Madrid, Valencia). Purtroppo, a causa del poco tempo a disposizione, non riuscii ad andare a Salamanca, dove mi aveva gentilmente invitato Vicente, come mi sarebbe piaciuto. L’occasione per rivedersi arrivò però subito dopo. Infatti, nel novembre 2017 mi mandò l’invito ufficiale per il XVII Congreso Internacionl  della SEI, dal titolo “Italia puente hacia un nuevo humanismo”. Accettai molto volentieri l’invito  e mi recai a Salamanca, dove venni ospitato nel magnifico Collegio rinascimentale Fonseca, accolto con molto calore da Vicente. Al Congreso presentai una relazione proprio su Bodini, che intendevo far conoscere anche agli altri studiosi spagnoli, dal titolo “Io sono quasi spagnolo, sono un italiano del Sud”: la figura e l’opera di Vittorio Bodini. Vicente mi chiese la relazione che pubblicò sul n. 12 del 2018 della  «RSEI Revista de la Sociedad española de  italianistas». In quei giorni ebbi l’occasione di visitare Salamanca che, anche a causa del colore della pietra dei suoi splendidi monumenti in stile churrigueresco, mi ricordava la mia città, Lecce, con le sue chiese e i palazzi barocchi.

Avrei voluto ricambiare l’ospitalità organizzando presso l’Università del Salento per il maggio 2020 un Convegno sui  Viaggi letterari in Spagna nell’Otto-Novecento. Invitai Vicente che accettò con entusiasmo scrivendomi che l’argomento scelto era una delle sue linee di ricerca più ricorrenti nel tempo. Mi mandò anche due titoli per la relazione: Viaggiatori italiani in Spagna nella prima metà dell’Ottocento e I viaggi reali e letterari di Giuseppe Bonaviri in Spagna, chiedendomi quale fosse, a mio avviso, il più adeguato. E, quando gli scrissi che mi sembrava più adeguato il secondo, mi rispose in una mail: «Allora scegliamo lo studio su Bonaviri. Beppino ‒ come lo chiamavano ‒ Bonaviri era un buon amico mio; siamo stati insieme parecchie volte in Italia ed in Spagna; era medico a Frosinone e fa un utilizzo straordinario del linguaggio della medicina per costruire letteratura». Purtroppo, a causa dello scoppio della pandemia di Coronavirus, dovetti annullare il Convegno che prevedeva la partecipazione di numerosi colleghi spagnoli e italiani.  

Nel gennaio del 2021 gli inviai un altro volume di Bodini, “Allargare il gioco”. Scritti critici (1941-1970), pubblicato sempre nella collana “Bodiniana”, da me curato. Nell’aprile di quell’anno, poi,  in occasione di un Convegno di studi presso l’università di Alicante che si tenne online ancora a causa del Covid-19, vidi ancora Vicente che tenne una magistrale relazione sui rapporti letterari italo-spagnoli nella quale fece riferimento anche ai miei lavori.

Recentemente, anche in segno di omaggio a lui e ai suoi studi, mi sono occupato di altro notevole scrittore, rimasto un po’ in ombra, Luigi Corvaglia, e in particolare di una sua commedia in quattro atti,  S. Teresa e Aldonzo, pubblicata a Bologna presso l’editore Cappelli nel 1931, che costituisce un altro tassello importante ma sconosciuto dei rapporti letterari italo-spagnoli del Novecento e, in particolare, dell’influenza del pensiero di Miguel de Unamuno sulla cultura italiana. L’occasione per la composizione di S. Teresa e Aldonzo fu rappresentata da un viaggio in Spagna, come lo stesso Corvaglia racconta nell’Introduzione, dal titolo Viaggio in Ispagna, ma in realtà la commedia nasce da un approfondimento della cultura spagnola che all’inizio egli confessa di conoscere poco. La vicenda è ambientata nella Spagna del Cinquecento ed è basata su quattro momenti della vita di santa Teresa d’Avila. Accanto a lei l’altro protagonista è Aldonzo Chisciano, il vero nome di Don Chisciotte (con la variante “Aldonzo” invece di “Alonzo”), che l’autore immagina cugino della santa e innamorato di lei. Cioè egli diventa qui una figura autonoma con un’entità indipendente e reale, svincolata dal suo autore, secondo l’interpretazione che ne aveva dato proprio Unamuno nella sua famosa Vita di Don Chisciotte e Sancio Panza, apparsa nel 1905.

Non a caso, Corvaglia inviò una copia dell’opera al grande pensatore spagnolo che figura nella sua biblioteca, come è stato documentato da González Martín nel suo volume La Cultura italiana en Miguel de Unamuno (Salamanca, Ediciones Universidad de Salamanca, 1978). Il libro portava la seguente dedica nella quale l’autore riconosceva il suo debito nei confronti del grande pensatore basco parlando di una «figliolanza spirituale»: «A Miguel de Unamuno, l’omaggio di una figliolanza spirituale, non con la fides quae creditur, ma con quella qua creditur, un vitorino del Capo di finibusterre, dove si fa più tragicamente visibile Iddio e la Chimera. Melissano (Lecce), 24 aprile 1931».

I quattro atti della commedia sono incentrati su quattro diversi momenti della vita di Teresa, dalla giovinezza alla maturità, fino all’ultimo anno di vita, sulla base dell’autobiografia della santa, che è spesso citata. Teresa e Aldonzo sono due personaggi accomunati dalla costante ricerca di un ideale, religioso per l’una e esistenziale per l’altro. In particolare, la figura di Don Chisciotte, sempre sulla scia di Unamuno, diventa per Corvaglia un simbolo universale dell’idealismo umano, quindi del tutto autonomo rispetto al suo creatore. In conclusione, quest’opera  è un’ulteriore dimostrazione dei fitti rapporti esistenti tra Italia e Spagna in campo culturale, così a lungo e approfonditamente  indagati dal caro amico Vicente durante tutto l’arco della sua attività.

[In Homenaje al Profesor Vicente González Martín maestro, compañero, amigo, Salamanca, Ediciones Universidad del Salamanca, 2024, pp. 81-89].

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