di Paolo Vincenti
Sono sempre simpatici questi scismatici. L’arcivescovo Carlo Maria Viganò è ad un passo dalla scomunica. Bisogna dire però che se l’è cercata. Ha fatto di tutto per incorrere nella severa punizione, in verità ancora non attuata ma solo minacciata. Dice Viganò: “Nessun cattolico degno di questo nome può essere in comunione con questa chiesa bergogliana perché essa agisce in evidente discontinuità e rottura con tutti i Papi della storia e con la Chiesa di Cristo”. Questo è vero: Bergoglio, ma già qualche decina di papi prima di lui, non ha ordinato nessuna esecuzione capitale, non ha incarcerato e fatto torturare i sovversivi, non ha avvelenato alcuno a lui sgradito, non ha dichiarato guerre, non ha comandato all’esercito di devastare e confiscare le terre di qualche territorio nemico, non si è accoppiato promiscuamente, non ha seminato figli, mogli e concubine, come i papi della storia. Inoltre, la chiesa bergogliana non è pervicacemente antisemita come in passato. Per il resto, non si può essere d’accordo con Viganò. La chiesa di oggi si muove in continuità con quella del tempo che fu. Stessa untuosa ipocrisia, identica determinazione nel coprire le malefatte dei corrotti, le faide e le beghe interne. Viganò è uno di quei prelati integralisti, e sono tanti nell’ala conservatrice della Chiesa, avversi all’irenismo e ad ogni apertura al secolo, alle esigenze moderne. Egli appartiene al gruppo di estrema destra Quanon, quello dei più inossidabili complottisti e terrapiattisti fra i vari decerebrati che popolano l’ecumene, ovvero i no vax, no global, no tutto.