«La poesia è il grande medium della riflessione umana e il poeta, perciò, si fa filosofo e sollecita la conoscenza: è un percorso che appartiene a tutti i poeti e che li omologa “senza nome”, ma è anche il punto di arrivo della maturità di ciascun poeta. […] In queste compresenze la poesia ritorna a sanare ferite e a riempire vuoti, ma si rifiuta di suggerire vuoti, e tantomeno di sollecitare rassegnazioni. La poesia è specchio di ciò che accade nella quotidianità del poeta, specchio spesso deformante o volutamente deformato per spostare un po’ più in là le cose banali dell’esistenza e avvicinare lo ‘stupefacente del mondo’, che l’involucro del consueto nasconde». (p. 9 e 13).
Altrettante parole sante sono quelle di Anna Stomeo, che ci dicono di quello «stupefacente mondo» del letterato che ben si adeguano all’essere Poeta dei nostri tempi e in terre come le nostre – il Salento – dove la poesia è metafora del vivere quotidiano.
Le poesie di Peppino Conte non sono inventate là per là, al contrario, sono il “precipitato” sentimentale di notti e altre notti insonni. Essa non è isolata in uno spazio senza tempo, ma è innervata nelle pieghe profonde di un Sud che, come diceva Carmelo Bene, sta a Sud di ogni altro Sud. E questo, bandendo qualsiasi tipo di decadentismo meridionalistico, tipico di tanti altri nostri versificatori, ci dice che dentro i suoi versi troviamo la rinascita di un passato mai seppellito definitivamente, ma che invece si connette con un possibile e indubbio risveglio di antiche nenie cantate dalle nostre nonne.
Il Poeta di Serrano, con i suoi versi, suona tutte le campane possibili e immaginabili, per cui essi, allo stesso tempo, a leggerlo, i suoi versi cantano, suonano, accarezzano, baciano e respirano “sibili lunghi” (Verri).
La luna, spesso evocata da Antonio Errico, è la metafora della vita di Peppino, ma è anche il simbolo attraverso il quale egli non manca di immedesimarsi. Per questo spesso non dorme le ore della notte, preferisce passarle spesso sveglio, guardando la luna e sognando mondi diversi, più spesso di-versi.
Mi viene da pensare alla parola amore, che Peppino spesso evoca in quest’ultima sua raccolta. Come non mai amore dilaga nell’immensità dell’infinito. Il suo infinito. Per il Poeta di Serrano, amore significa mistero del creato, mistero dell’afflato relazionale, che sta come sentimento incommensurabile del vivere qui ed ora. La sua è una poesia che si condensa nella pura bellezza come la bellezza si consuma con «una strana complicità». Scrive:
«un strana complicità/ nella mia magica prigione/ mi cammina odorosa accanto/ e detta i miei versi/ inaccessibili forse a molti// di sera potranno venire da voi/ faranno il turno di notte/ come operai metalmeccanici/ e quando rimanete soli/ si siederanno accanto a voi/ vi racconteranno/ una gran voglia di libertà// saremo tutti noi/ insieme/ a odorare di domani» (p. 15.)
«operai metalmeccanici… voglia di libertà». Verso stupendo di immediata contemporaneità. Prima del Novecento gli operai metalmeccanici non esistevano. È il capitalismo dei nostri tempi che li ha introdotti nelle catene di montaggio. E lì li ha uccisi. Ora Conte dà loro dignità di umani, per di più con la voglia di libertà.
Non mi ero mai accorto quante raccolte poetiche di Peppino Conte di Serrano contenesse la mia biblioteca. Tante. Credo di non sbagliare se dico tutte. E sono tutti libri con dedica.
La mia amicizia, in primo luogo “poetica” ma anche personale, risale a molto tempo fa. Entrambi avevamo in comune l’amicizia e il fare poetico di Antonio L. Verri e, diciamolo pure, tutti noi da lui abbiamo imparato come scrivere e come mettere nero su bianco dei versi su una pagina bianca.
Il primo libro che Peppino mi ha donato è Azzurro, stampato nel 1984 in soli 200 esemplari dalla tipografia “La sorgente” di Castrignano dei Greci. Il mio esemplare è il 155. Un libro bibliofilicamente straordinario: ha la copertina rossa, le pagine interne celeste-cenerino, il formato in-16°. Insomma un gioiello per amanti del libro come il sottoscritto. La dedica: «con immensa stima e tanta amicizia. Giuseppe Conte/ 5.5.84». È dedicato ai figli «Enrico e Marinella». In tutto 15 liriche.
Il secondo libro è Il giardino di Merope (1987), contiene 35 liriche e un esergo di Leonardo Sisnigalli da L’età della luna. La dedica: «per Maurizio/ il segno tangibile di tanta amicizia./ Giuseppe. 30.XI.87».
Il terzo libro è Le occasioni del pescecapone. A stamparlo è la Casa editrice di Parabita “Il laboratorio” di Franca Capoti e Aldo D’Antico, per la collana “Quadrato” a cura di Antonio Errico. È un libro graficamente molto interessante, a partire dalla copertina firmata da uno dei più estroversi e geniali grafici italiani, il leccese Franco Gelli. Si tratta di un libro appunto quadrato come dice lo stesso titolo della collana, formato in-16°, stampato presso la Tipolitografia Martignano di Parabita. Sulla prima costoletta c’è la micro biografia del poeta, che dice: «Giuseppe Conte, 37 anni, nato e residente a Serrano di Carpignano Salentino (Lecce), lavora come bibliotecario presso la Biblioteca Provinciale di Lecce./ Ha pubblicato Azzurro (Castrignano dei Greci, 1984); Il giardino di merope (Castrignano dei Greci, 1987). Collabora a riviste letterarie». La dedica: «A Maurizio/ dopo qualche bicchiere (speriamo) di buon vino. Giuseppe/ 18.3.90».
Il quarto libro è Al cormorano bianco di Babele. Con questo libro inizia la collaborazione di Peppino Conte con Antono L. Verri. Si tratta di una cartellina formato 1/16°. Stampata nel 1991 con inchiostri nero e celeste su cartoncino bianco di tipo “murillo”. Le pagine separate corrispondono a delle cartoline anche inviabili, che in tutto sono otto per 6 liriche. Fa parte della collana “Mail-Poetry”, a cura di Francesco S. Dòdaro e Antonio L. Verri, la cui proposta tipografica consiste nello stampare i caratteri mobili su uno sfondo di versi manoscritti dal poeta. Operazione graficamente molto innovativa e intelligente. Le dediche, due, perché su questo libro, oltre al poeta di Serrano, vi ha voluto apporre la sua firma ms. anche il Verri. Ve le propongo: «1° marzo 1991/ ad Ada e Maurizio/ alla disincantata allegria/ alla vera amicizia/ Giuseppe»; l’altra: «Al Saddam del Salento/ all’Osservatore/ all’Ottobrino/ a[ntonio].».
Il quinto libro s’intitola La complicità del pane e fa parte della collana “Pretesti” della Manni editore. La copertina, tratta da un’elaborazione elettronica, ha un titolo saraceno, Mezzaluna turca capovolta sul mare di Otranto, in linea col «Pensionante de’ Saraceni» di Antonio L. Verri. Stampato dalla TM di Manduria nel giugno 1998, contiene 50 liriche.
Il sesto libro, che è un mignon, s’intitola Preghiera imperfetta. Stampato dalle Grafiche Panico di Galatina, è del Natale 1998. È una leggiadria editoriale. Sembra un libretto d’ore di alcuni secoli fa. Il formato 1/32° con capitelli dorici agli angoli delle pagine. È «dedicato a pochissimi amici/ a chi ancora sa stupirsi». Infatti quei pochissimi amici sono in tutto 99 esemplari «non in vendita». Il mio è il n. 73 ed ha questa dedica: «per Maurizio (e un po’ anche per i nostri Antoni). Peppino».
Il settimo libro ha per titolo Di fughe e di pretesti. Fa parte della collana “I menhir” delle Edizioni del Pescecapone (by Giuseppe Conte, Serrano, 2001). Formato 1/32°, è stato stampato dalle Grafiche Panico di Galatina e si compone di tre sezioni: I. Di fughe di pretesti; II. Carte scoperte; III. Preghiera imperfetta. La raccolta si compone di 24 liriche,
L’ottavo libro ha per titolo Le misure del cuore ed è curato da Antonio Errico con un pensiero finale di Franco Simone. Le Edizioni sono sempre quelle del Pescecapone, l’anno il 2003, la stampa le Grafiche Panico di Galatina. In formato 1/16°, ha la sovra coperta firmata dal pittore Luigi Marzo. Il libro è dedicato «a gazzella/ ai suoi alberi rosa/ ai sentieri di bellezza».
Il nono libro ha per titolo l’amata genia che adoro (incontro con Saba. 50 anni dopo). Si tratta diuna riproposta di alcuni testi poetici della raccolta Uccelli del poeta triestino, che Peppino Conte e Alessandro Laporta, entrambi curatori del libro, pubblicano per il Natale 2005 (stampa Grafiche Panico di Galatina). Edizione di 99 esemplari, fuori commercio, numerati e dedicati, soltanto per pochi amici. Il mio esemplare ha la dedica a «Maurizio e Ada. Peppino», è il 21.
Il decimo libro ha per titolo Luoghi. E sogni dispari. Le Edizioni sono quelle del pescecapone. L’anno il 2007, la stampa le Grafiche Panico di Galatina. Formato 1/16° elefante, fa parte della collana “Luoghi” n. 2, con una copertina fotografica firmata da Carlo Elmiro Bevilacqua. La dedica: «A Maurizio, amico dell’anima (del tutto e del nulla). Grande complice. Con affetto, Peppino».
L’undicesima raccolta ha per titolo Il tempo e le sue storie, e fa parte sempre delle Edizioni del Pescecapone, collana “Luoghi” n. 3. La copertina (Torre colombaia, interno) e di Carlo Bevilacqua. Stampata dalle Grafiche Panico di Galatina, marzo 2012. Il libro, formato 1/16° elefante, è introdotto da Luigi Scorrano. In tutto 40 liriche
Il dodicesimo libro ha per titolo Questomare. Le Edizione sono quelle “minime”, come sempre del Pescecapone (2012). La copertina, bellissima, è un disegno di Luigi Marzo, che già altre volte ha firmato le copertine dei libri di Peppino. Formato 1/32°. Il libro è presentato dallo stesso poeta. 111 esemplari numerati, fuori commercio. La motivazione: «per i miei amici in occasione del mio 60° compleanno». Il mio esemplare è il 97 con la dedica seguente: «per Maurizio. Peppino».
La tredicesima raccolta ha per titolo Scelsi il mare (nozioni di presenza), le Edizioni quelle del Pescecapone (2014). La copertina, un di-segno, è firmata da Gianluca Costantini. La dedica, questa volta segnata sulla copertina, dice: «è per Maurizio, anch’egli naufrago in questo nostro mare… di parole. Con antica amicizia. Peppino». L’introduzione (Fabbro di parole) è di Stefano Verdino.
Ovviamente non ho finito la carrellata del conteggio dei libri che di Peppino ho presso la mia biblioteca. Ma ci sarà tempo per un’altra volta.
[“Il filo di Aracne” anno XIX – N, 2, aprile/giugno 2024, pp. 11-13]