di Maurizio Nocera
Nell’introduzione all’ultima fatica poetica di Peppino Conte, Sul terzo pianeta del sole (Edizioni del Pescecapone (Serrano di Carpignano Salentino, 2023) Antonio Errico, scrive:
«Sa perfettamente, Peppino Conte, che non si va a capo casualmente, che non si spezza il verso con arbitrio. Quando si va a capo, quando si spezza il verso, vuol dire che è a quel punto esatto che si verifica un volgere di tempo, lo scarto in una sequenza di emozioni, la continuità o la discontinuità di un pensiero, oppure di una condizione dell’essere, o che si sfalda la compattezza di un sentimento, o che si spalanca la voragine “di una paura”» (p. 5).
Parole sante quelle di Antonio che, non solo interpreta appropriatamente il modo di Conte di essere poeta, con uno stile tutto tuo, indicante e concernente emozioni, sentimenti, paure, tentennamenti, ombre e luci di un vivere quotidiano che spesso mortifica l’anima, la quale, poi, trova lenimento solo nel momento in cui egli si siede alla scrivania e i versi gli colano dalla penna come gocce di rugiada al mattino presto quando la frescura domina la terra.
Non da meno è la riflessione sul pensiero poetico del Nostro di Anna Stomeo, che da buona saggista e lettrice di testi (la sua vita ruota intorno al teatro, ed è una delle poche fortunate salentine ad avere acquisito conoscenze teatrali da un gigante del teatro contemporaneo, Eugenio Barba dell’Odin Teatret). Anna scrive: