Buoni affari per la vivaistica e la selvicoltura, ma pessimi per la natura. Che fare, allora? Semplice. Si lascia che la natura faccia il suo corso. E intanto si fa di tutto per eliminare le cause del cambiamento climatico. Una foresta non si riforma in tempi rapidi. Ci vogliono decenni. E non è detto che ritorni come era prima. Probabilmente crescerà una foresta differente, a seconda della disponibilità di semi, del clima e degli animali presenti, inclusi i patogeni e i parassiti. Le condizioni di “domani” non saranno identiche a quelle di “ieri”. Pretendere che la foresta di “domani” sia una replica di quella di “ieri” non va bene. Le poche foreste di “ieri”vanno preservate quanto più possibile, ma non si può pensare di “rifarle” pari pari, se scompaiono.
Nell’arte questo è talmente chiaro! Leonardo ha dipinto la Gioconda. Se la Gioconda viene aggredita da un fungo che ne deteriora il colore va salvata, eliminando l’aggressore, e cercando di ridare al quadro il suo antico splendore. Ma se un incendio brucia la Gioconda che facciamo? Chiamiamo un cinese che ne fa una copia perfetta? E poi la mettiamo al Louvre? I cinesi fanno queste cose: gli dici che quadro vuoi e ti fanno la copia. Se chiamassimo un artista vero, non un copiatore, accetterebbe di “rifare” la Gioconda? e la sua opera sarebbe tanto valida quanto la Gioconda? L’arte evolve: i ritratti di Picasso hanno anch’essi un valore inestimabile, come le Gioconde di Andy Wharol, o quella di Dalì, con i baffi. L’esposizione di una copia, per quanto perfetta, non sarebbe altrettanto valida. Gli artisti di oggi non rifanno le opere di ieri, così come i poeti di oggi non scrivono come Dante.
Torniamo alla natura: deve essere lasciata libera di esprimersi, con “opere” che siano figlie del loro tempo, e non siano repliche dei tempi passati.
Tra le cose che si dovrebbero fare, secondo questa legge, ci sono anche i ripristini delle praterie di posidonia, una pianta marina tipica del mediterraneo. Sembrava che stesse per estinguersi e quindi si parla di ripiantarla. Lei, intanto, ha ricominciato a fiorire e a fruttificare, e i suoi germogli sono sempre più frequenti. Posidonia è tipica del Mediterraneo antico, quando era collegato con l’IndoPacifico ed era tropicale. Il collegamento si interruppe e il bacino quasi si prosciugò, ridotto a stagni caldi e molto salati in cui sopravvissero alcune specie e, tra queste, anche posidonia. Il mare si ricostituì, ma questa volta dall’Atlantico, con specie differenti rispetto a quelle di un tempo. Posidonia sopravvisse ma, soprattutto nella parte settentrionale del Mediterraneo, si riproduceva solo asessualmente: niente fiori, frutti, semi, nuove piante. Ora ha ricominciato a farlo, perché la temperatura è aumentata e questo la favorisce. Lo stesso avviene per le tartarughe marine: sono rettili, stanno bene al caldo. I siti di nidificazione si spostano sempre più a nord e non ci sono mai state così tante tartarughe. Il cambiamento climatico favorisce posidonia e tartarughe. Le gorgonie, invece, non amano il caldo e si registrano eventi di mortalità massiva di questi magnifici invertebrati che fanno vere e proprie foreste animali. Morta una foresta ne cresce un’altra. Diversa da quella di prima. Pretendere che sia la stessa di prima è contronatura. Certo, la natura non si ricostituirà in cinque minuti, ma è così che funziona: ha i suoi tempi. Cerchiamo di viverla in punta di piedi, senza alterarla oltre misura.
Non credo che i nostri rappresentanti abbiano votato contro il ripristino della natura per la sua velleità. Temo che vogliano continuare ad abusare della natura, incuranti delle conseguenze. Potrebbero giustificare la loro negatività per i motivi che ho scritto, ma dovrebbero poi essere inflessibili sugli impatti. E dovrebbero chiedere di non esagerare a ridipingere Gioconde e a riscrivere Divine Commedie: ogni epoca ha la sua arte, e anche la sua natura.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online dell’19 giugno 2024]