di Gigi Montonato
Tra le poesie del poeta tedesco Matthias Claudius (1740-1815), apprezzato per le sue liriche improntate alla quiete e alla pace, ve n’è una in specifico contro la guerra, Kriegslied (Canto di guerra). Di essa abbiamo una traduzione inedita in dialetto salentino dovuta al germanista di Taurisano Francesco Politi (1907-2002), che, per anni è stato docente di Lingua e Letteratura Tedesca e Filologia Germanica alle Università di Bari e di Lecce. Gran traduttore di lirici tedeschi, inglesi e francesi – sue traduzioni sono in Orfeo. Il tesoro della lirica universale, a cura di Vincenzo Errante ed Emilio Mariano, Firenze, Sansoni, 1974 – spesso si dilettava a comporre e fare traduzioni anche in dialetto.
In questo brano il poeta tedesco, che ancora risente della corrente pietistico-religiosa tra Sei-Settecento, emette in lampi d’immagini lo spettacolo turpe e atroce della guerra, a cui gli uomini non possono mettere riparo. Provvedi tu, Arcangelo di Dio! Non vuole uccidere e coprirsi di ignominia come la guerra costringe gli uomini a fare. S’immagina notti insonni e incubi: morti dappertutto, volti diafani coperti di sangue, feriti e moribondi gli appaiono che lo maledicono mentre si contorcono per terra. Mamme padri giovani figlie, in un solo lamento, lo accusano di aver tolto loro la felicità della pace. Per che cosa poi? Di gloria, onore, ricchezza non sa che farsene. Se proprio la guerra deve scoppiare – conclude il poeta – no, non può e non deve accadere per colpa sua.