Nato da padre tugliese e madre lombarda, Sponziello, che da giovane ha svolto anche l’attività di fotografo, nel 1941 si iscrisse alla Scuola degli Artefici di Milano, dove ebbe come insegnante Gino Moro, esponente di spicco del postimpressionismo lombardo. Tornato in Puglia nel 1943, l’anno seguente consegue da privatista il diploma di licenza della Scuola d’Arte “G. Pellegrino” di Lecce. In questo periodo conosce Vincenzo Ciardo, che insegnava all’Accademia di Belle Arti di Napoli e aveva l’abitudine di trascorrere le vacanze estive a Gagliano, suo paese natio. E fu proprio Ciardo, che diventa da allora il suo punto principale di riferimento, a presentarlo in occasione della sua prima personale tenutasi nel 1947 nelle sale del Circolo cittadino di Lecce. Nel testo in catalogo Ciardo scriveva, fra l’altro, che Sponziello aveva dimostrato la capacità di cogliere nelle sue opere «l’essenziale» del paesaggio pugliese «sia nel senso formale che in quello poetico».
Nel 1950, in un Panorama dell’arte pugliese, Bodini lo citava già tra i più rappresentativi paesaggisti della regione. L’anno successivo, quasi a conferma di questo giudizio, in occasione della prima edizione del “Maggio di Bari”, Sponziello ottenne il Premio per il Paesaggio pugliese. Dal 1953 al 1989 ha vissuto a Milano dedicandosi all’insegnamento, prima presso il Liceo artistico di Monza e poi presso l’Accademia di Brera (Artefici e Scuola libera del Nudo), partecipando a numerose mostre e conseguendo numerosi premi.
Nel 1983 il Comune di Tuglie organizzò una personale del pittore che rappresentava il suo rientro dopo tanti anni vissuti lontano dalla “piccola patria”. Fu in quell’occasione che lo conobbi direttamente, tramite Gigi Scorrano che l’aveva presentato in catalogo, e ne scoprii il carattere mite e la leggera ironia. Da allora restammo in contatto epistolare e presi l’abitudine di andarlo a trovare ogni estate, spostandomi da Gallipoli, dove villeggiavo, a San Simone, frazione di Sannicola, dove si trasferì definitivamente nel 1989 per trascorrere gli ultimi anni di vita e di lavoro. Dietro mia richiesta, mi fornì un interessante materiale che lo riguardava (cataloghi di mostre, articoli, recensioni varie), e che mi servì per tracciarne un profilo, apparso col titolo L’itinerario pittorico di Cosimo Sponziello. La strada del timo e del pettirosso, sul numero 3, del 1992, della rivista “Sudpuglia”. Nel saggio ricostruivo l’attività di Sponziello dall’esordio fino all’ultima mostra tenutasi a Tuglie nel 1991, attraverso i rapporti avuti sia con alcuni pittori salentini (Ciardo e Suppressa soprattutto), sia con l’ambiente artistico lombardo. Al tempo stesso, ne passavo in rassegna la “fortuna” critica esaminando i principali giudizi espressi, nel corso degli anni, sulla sua opera.
Sponziello rimase molto contento di questo mio lavoro e su un estratto del saggio volle apporre la seguente dedica: «Rivivere anni, ricordi, emozioni… | Al professore Lucio Giannone | la mia gratitudine e un cordiale ringraziamento. | Cosimo Sponziello | Sansimone, 2 ott. ‘92». In segno di gratitudine, mi fece anche dono di uno splendido dipinto, dal titolo Salento. Un pomeriggio d’autunno, datato 1992, nel quale il paesaggio si è come smaterializzato ed è diventato puro luogo mentale, paesaggio dell’anima.
Nell’ottobre del 1998, nella Biblioteca comunale di Sannicola venne allestita un’altra mostra personale dal titolo I sogni della luce. Andai a visitarla e sul “Quotidiano di Lecce”, il 18-19 ottobre di quell’anno pubblicai un articolo, Sponziello la grande forza della luce, nel quale, fra l’altro, scrivevo che col passare degli anni la tavolozza del pittore «si è come alleggerita, i colori illimpiditi. Tutte le suggestioni che Sponziello ha subìto nel corso della sua lunga carriera, dal postimpressionismo al tonalismo, dall’espressionismo all’informale, si sono ora amalgamate e fuse tra di loro dando vita a un linguaggio pittorico affatto originale, di “classica” e nobile compostezza e al tempo stesso intimamente moderno».
Più avanti mi soffermavo sul tema dei paesaggi salentini che costituivano il nucleo di quella rassegna. «Ciò che colpisce subito – osservavo a questo proposito ‒ è un cielo smisurato, incombente, minaccioso che sembra schiacciare i pochi elementi presenti sulla terra (qualche ulivo, una casetta, sparsi cespugli, un sentiero)». E più avanti ancora: «Su questo cielo si aprono squarci improvvisi di rosa o di azzurro dai quali piove una luce quasi metafisica che dà vita alle cose, svelandone l’insolita ricchezza dietro l’apparente povertà. Sono paesaggi intrisi di luce e di emozioni, di materia e di ricordi nei quali Sponziello riesce a ricreare l’atmosfera, la stagione, finanche l’ora precisa, lasciando nello spettatore un senso di indefinibile nostalgia».
In quell’occasione mi mandò la lettera che qui pubblico, manoscritta su un cartoncino, nella quale citava i titoli dei miei scritti a lui dedicati, con i quali – scriveva ‒ «premia il mio cammino e il mio, nostro Salento; che mi è stato sempre e mi è di “lieta compagnia”…»
Anche stavolta l’anziano pittore volle farmi dono di un suo dipinto dal titolo Salento… un mattino…, datato 1995, a cui appose la seguente dedica sul retro: «Al professore Lucio Giannone | … anche solo un sorso d’acqua “pura” | aiuta il “viandante”… | con la sincera cordialità di sempre | Cosimo Sponziello | Agosto 1999».
Tra luglio e agosto del ’99 la Biblioteca comunale di Tuglie organizzò una nuova mostra di Sponziello e a quel periodo risale la foto che qui pubblico e che mi ritrae insieme a lui, in quella che fu l’ultima volta che lo vidi.