di Ferdinando Boero
E così, come quasi sempre, anche questa volta ho perso le elezioni. Come da 50 anni a questa parte. Dovrei essere contento e, in effetti, lo sono: ho sempre 20 anni.
Chiedete a un pescatore di 70 anni come va la pesca, vi dirà: male! Cinquant’anni fa sì che andava bene. Uno di 60 vi dirà che 40 anni fa le cose andavano bene. Uno di 50 parlerà di 30 anni fa come periodo d’oro. Fino ad arrivare al pescatore di 20 anni che dirà che le cose vanno male, perché nessun pescatore dirà mai che le cose vanno bene. Cosa hanno in comune queste affermazioni? Coincidono tutte con i 20 anni di chi dà il giudizio. Le cose andavano bene quando avevano 20 anni, anche se i ventenni si lamentano del presente senza rimpiangere il passato. Nel mio caso elettorale vanno male come quando avevo 20 anni, e quindi vanno bene. La mia impressione è che non sia cambiato nulla rispetto a 50 anni fa. Ma, ovviamente, mi sbaglio. Prendiamo la musica, ad esempio.
Due settimane fa ero a Palermo, per il primo convegno del National Biodiversity Future Center. Tra una riunione e l’altra vado in un bar a prendere un caffè. Ci sono tre ragazzi di 20 anni. Uno si lamenta del proprio nome: Rocco. Avendo insegnato a ragazzi (e ragazze) di 20 anni per più di 40 anni, mi sento a mio agio con loro, e quindi intervengo: Rocco non è poi così male, dico. Mi guardano con aria interrogativa. Madonna, ad esempio, ha chiamato così suo figlio. Si guardano ancora più perplessi e Rocco mi dice: ma non l’aveva chiamato Gesù? I tre non conoscono Madonna, la cantante. E la mia affermazione ha comunque messo loro il dubbio che Gesù, in realtà, si chiamasse Rocco. Detto Gesù. Ho sorriso, e ho pagato i loro caffè, scusandomi per l’intrusione. Mondi oramai diversi, con punti di riferimento diversi.