Non si guardano indietro oppure, se si guardano, non riescono a riconoscere i paesaggi, a decifrarne i codici dei linguaggi, ad interpretare i messaggi. E’ a quel punto che diventa necessario fermarsi a riflettere in che modo sia possibile recuperare i significanti fondamentali, riconoscere i tratti essenziali di una fisionomia culturale. E’ a quel punto che si fa indispensabile conoscere la storia di quella civiltà, e le arti di quella civiltà, che non solo sono parte sostanziale della storia ma che molto spesso la determinano improntandone il sistema simbolico e culturale. E’ difficile, forse impossibile, immaginare una civiltà senza la sua letteratura, la pittura, la scultura, la musica, il teatro, il cinema. Non è mai esistita una civiltà senz’arte. I pittogrammi delle grotte di Badisco, per esempio, ne costituiscono una prova.
Quel luogo chiamato passato alle volte sembra lontano, lontanissimo. A volte sconosciuto. Ma non è mai quello che sembra. Il passato è un luogo vicino. Segue il presente come un’ombra, che a volte è incombente, altre volte è leggera, e accade anche, alle volte, che presenti il conto di quello che si è fatto, che si fa, che non si è fatto, che non si fa, di quello in cui si è creduto, in cui si crede, in cui si è smesso di credere, delle strade giuste, di quelle sbagliate.
Ma per dare risposte bisogna avere conoscenza e coscienza degli eventi e delle cose, della dimensione di realtà e di immaginario, e allora si deve tornare a quel luogo chiamato passato, riattraversare le sue strade, richiamare significati, rielaborarli, compararli con i nuovi, individuare analogie e differenze, analizzarli, sintetizzarli.
Poi si può anche scegliere di non cercare e non dare risposte. Si può anche questo. Accettando, però, la condizione di restare sospesi come in un vuoto di senso, di abitare un’assenza di identità, appartenenza, riferimenti, accettando di accamparsi in una terra di nessuno, di rifiutare la collocazione di se stessi in un contesto che ha un’origine e uno sviluppo, un progresso.
Si può anche questo. Costa anche di meno. La dimenticanza o l’indifferenza costano certamente di meno della memoria e dell’impegno. Si può anche questo. In fondo basta semplicemente scegliere di sottrarre alla propria esistenza quelle ragioni e quei sentimenti che ci fanno pensare nel modo in cui pensiamo, che ci fanno provare le emozioni, le paure, le speranze che proviamo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 9 giugno 2024]