Le politiche per il turismo dovrebbero essere complementari con le politiche industriali, così che il turismo non funzioni come settore sostitutivo di settori in crisi: si consideri, a riguardo, la prevalenza di effetti di compensazione che il turismo svolge, in particolare, nel Salento, a fronte non solo della crescente de-industrializzazione dell’area ma anche della crisi dell’agricoltura dopo Xylella. L’aumento dell’occupazione in loco, che deriverebbe da maggiori investimenti pubblici nel settore industriale, spingerebbe le imprese turistiche non solo ad aumentare i salari, ma anche e soprattutto ad accrescere la produttività del lavoro mediante, in primo luogo, l’aumento delle spese per la formazione professionale.
Uno dei problemi del settore, sul quale conviene soffermarsi, riguarda la carenza di personale. Occorre ricordare che si tratta di un fenomeno non esclusivamente meridionale e non solo italiano, che si è accentuato soprattutto a seguito della crisi sanitaria, a partire dalla Cina e che investe nuove modalità di configurazione del rapporto fra tempo libero e lavoro da parte delle giovani generazioni. Si segnalano, a riguardo, le ricerche sociologiche condotte soprattutto da Francesca Coin.
Il problema della carenza di personale dà luogo a polemiche spesso strumentali da parte dei datori di lavoro e rispetto a questo occorre richiamare alcuni dati di fatto. 1) La carenza di personale stagionale è legata alle cattive condizioni di lavoro nel settore, con frequente ricorso al lavoro nero. Si ha qui il paradosso della coesistenza di crescente incidenza di settori ad alta intensità di lavoro poco qualificato e di riduzione del numero e delle funzioni dell’Ispettorato sul lavoro (la riforma Poletti del 2015, con il Jobs Act, mai rivista successivamente, sembra aver peggiorato la situazione, con l’introduzione della figura dell’ispettore unico). 2) Si è di fronte, in molti casi, al rifiuto, comprensibile, da parte di molti giovani della condizione di sottoccupazione intellettuale, in una dinamica del mercato del lavoro locale che vede ridursi la qualità della domanda di lavoro e, al tempo stesso, aumentare la qualità dell’offerta di lavoro, per effetto della scolarizzazione. La prospettiva dell’emigrazione rende sempre più conveniente, per il singolo lavoratore, questa scelta, sebbene sempre meno conveniente per l’economia italiana nel suo complesso, trattandosi di un trasferimento di produttività ad altri Paesi.3) Il fenomeno si accentua anche come conseguenza dell’inflazione e, in assenza di indicizzazione dei salari, del calo delle retribuzioni reali.
Si ricorderà la tesi diffusa gli scorsi anni del reddito di cittadinanza come disincentivo al lavoro. La persistenza o addirittura l’aumento del fenomeno della carenza di personale, anche dopo la soppressione di questa misura, e la presa d’atto della sua dimensione globale certificano che si è trattato di una polemica italiana molto strumentale.
[“La Gazzetta del Mezzogiorno” del 6 giugno 2024]