Debitori e creditori

di Gianluca Virgilio


Quentin Massys, Il cambiavalute e sua moglie, 1514, olio,
Museo del Louvre, Parigi.

“Un piccolo debito crea un debitore, un grosso debito crea un nemico”.

Seneca, Lettere a Lucilio I, 19, 11.

Mettiamo che un giorno lo Stato-debitore decida di non pagare il suo debito. Che cosa accadrebbe il giorno dopo? I piccoli risparmiatori, depositari di titoli di Stato si ritroverebbero senza il becco d’un quattrino, i ricchi perderebbero un bel po’ di soldi, ma non sarebbero ridotti in miseria, sarebbero salvati dal loro istinto a “delocalizzare” anche il denaro e inoltre rimarrebbero proprietari di molti beni immobili, che potrebbero sempre rivendere sul mercato. I grandi gruppi bancari e industriali e gli Stati creditori barcollerebbero come palazzi scossi da un terremoto, ma alla fine rimarrebbero in piedi. Ci sarebbe una rivolta di popolo, che lo Stato-debitore insolvente dovrebbe fronteggiare come una spiaggia l’arrivo di uno tsunami. Risparmiatori che si sentono derubati, dipendenti pubblici con famiglie a carico senza stipendio, un enorme numero di lavoratori improvvisamente senza lavoro scenderebbero in piazza urlanti e arrabbiati e comincerebbero a menare le mani contro ogni simbolo della loro miseria: le auto di lusso, le banche, le ville dei ricchi, ecc. Uno scenario spaventoso, che abbiamo già visto in Argentina una quindicina di anni fa. Quando il tira e molla tra creditore e debitore avrà teso troppo a lungo la corda, quando il debitore non ce la farà più a pagare, sarà strozzato e non sentirà più l’onta del disonore, allora mollerà la presa e si dichiarerà insolvente, e dall’altra parte il creditore rimarrà con la corda in mano. Il cupio dissolvi del debitore manderà in fumo il denaro del creditore e tutti saranno più poveri.

La ragione di questo possibile patatràc sta tutto nella enorme diseguaglianza economica tra gli uomini che il liberismo selvaggio ha provocato negli ultimi quarant’anni.

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