Se il percorso della diffusione della nenia natalizia alfonsiana appare lineare, ben documentato e convintamente indiscutibile, qualche ombra di dubbio resta sulla genesi della canzoncina, se frutto esclusivo della creatività poetica del santo oppure un libero rifacimento di un altro testo già in voga, raccolto in una delle tante missioni popolari che il de’ Liguori svolge ininterrottamente negli anni ’30 e ‘40 del Settecento. L’unico dato che spinge ad esplorare questo tema resta legato alla presenza del santo nelle Puglie[7], quando nel 1744 viene annotata e diffusa la prima cantata di una “pastorella” che potrebbe, se non proprio somigliare, avvicinarsi molto alla nenia natalizia alfonsiana. Da qui la necessità di ricostruire l’itinerario missionario pugliese del santo in quegli anni per fornire qualche plausibile risposta all’interrogativo posto.
Ѐ noto che l’area maggiormente battuta dalla predicazione della Congregazione dei Redentoristi in attesa di ricevere da papa Benedetto XIV l’approvazione canonica sia stata soprattutto la Campania, a cui si aggiunge anche la Puglia, con particolare riguardo alla zona appenninica e del Tavoliere[8]. I diversi tentativi messi in opera di erigere stabili residenze in questa parte del Mezzogiorno trovano solo una prima e cordialissima accoglienza a Deliceto, un piccolo casale posto sul versante occidentale della montagna foggiana[9]. In questo centro S. Alfonso trova rifugio anche per occuparsi di altro e in modo particolare di riprendere e completare studi importanti come quello sulla Teologia Morale, un volume poi dato alle stampe negli anni successivi a quel primo soggiorno (1745-47)[10]. La predilezione per quel luogo non sarà mai nascosta dal santo, ripetutamente evocata nel suo epistolario sia per il benessere ambientale goduto sia anche per gli stimoli ricevuti dalle missioni svolte nel circondario e soprattutto nella vasta area della transumanza riconducibile alle pertinenze territoriali della Dogana delle Pecore. Uno degli obiettivi maggiormente perseguiti in quegli anni dalla famiglia religiosa redentorista resta quello di evangelizzare i pastori abruzzesi, i cosiddetti “locati”, che stazionano in quelle contrade da fine settembre all’inizio di maggio successivo per fornire loro il conforto necessario e, con esso, i servizi religiosi di cui erano del tutto sprovvisti, vivendo in aperta campagna, lontano dai centri abitati e dai luoghi di culto (parrocchie, chiese curate, oratori, conventi, ecc.). Deliceto diventa per questa ragione un irrinunciabile avamposto missionario per allargare il perimetro dell’evangelizzazione nella zona di Foggia, dove il santo concentra i suoi maggiori sforzi, facendo leva su pregresse esperienze legate alla presenza di ecclesiastici a lui familiari, come il vescovo di Troia mons. Cavalieri, suo zio per parte materna e il vescovo di Lucera, Domenico Maria de’ Liguori, traslato poi a Cava dei Tirreni. Risale all’inizio degli anni ’30 del Settecento l’episodio che lega in maniera solida il de’ Liguori a Foggia, quando viene chiamato a predicare la novena della Madonna dei Sette Veli o altrimenti detta “Icona Vetere[11]”, rendendosi protagonista di un’apparizione mariana straordinaria, ben raccontata dal suo primo biografo[12], che irradia la sua popolarità in una moltitudine di devoti della città. Tornare a predicare a Foggia, in un ambiente considerato ospitale, mette il de’ Liguori nelle condizioni di occuparsi non solo dei pastori abruzzesi, ma anche di penetrare in altri territori e paesi vicini non ancora toccati dalla sua strategia missionaria[13].
I transumanti continuano a restare una preoccupazione pastorale preminente, che impegna il santo in prima persona e per un periodo non breve, trattenendolo nella zona e trascurando Napoli, dove pure lo attendevano gravosi impegni[14]. All’inizio diventa problematico individuare veri e propri luoghi di culto per officiare i riti religiosi. Nella vasta e in larga parte disabitata area del Tavoliere appare complicato istituire spazi sacri riconosciuti come tali, trattandosi di missioni itineranti, dettate dalle circostanze del momento e mai ripetitive. Da qui la scelta di replicare il modello garganico della grotta di S. Michele Arcangelo, santo a cui i pastori si mostrano molto devoti con un pellegrinaggio all’inizio e alla fine della loro permanenza dauna. I Redentoristi individuano alcune grotte come punti sacrali di riferimento e cercano di utilizzarle per radunare i gruppi di locati della zona per esercitare, senza rischiare la dispersione, la loro attività missionaria. Un espediente certamente provvisorio, ma che nel breve periodo sembra produrre qualche frutto incoraggiante se la Congregazione decide di non abbandonare mai quel territorio fino alla soppressione della Dogana delle Pecore avvenuta nel 1806, senza però rinunciare a mettervi salde radici con l’istituzione di residenze stabili[15].
Secondo una recente ricerca una grotta nelle vicinanze di Deliceto è il luogo in cui de’ Liguori compone e sperimenta nel 1744 “Tu scendi dalle stelle”[16]. Non è una notizia nuova, già divulgata da Oreste Gregorio nel Canzoniere alfonsiano, ma in scritti successivi non confermata dallo stesso autore[17]. Secondo quanto si desume dalle testimonianze raccolte Deliceto viene indicato come sito ideale per coltivare gli studi anche dal primo biografo di s. Alfonso, Antonio Maria Tannoia, che in maniera indiretta retrodata la composizione della nenia natalizia a dieci anni prima della data accertata di Nola, facendola coincidere con il periodo in cui il de’ Liguori fissa la sua dimora nel casale dell’appennino foggiano. In base a questo rilievo si torna ad indicare nella grotta del “Beato Felice da Corsano” di Deliceto, a ridosso del vecchio convento agostiniano della Consolazione affidato ai Redentoristi, il luogo in cui il de’ Liguori tra il 12 e il 24 dicembre del 1744, dopo aver predicato la novena di Natale ai pastori abruzzesi della transumanza, scrive il testo della celebre canzoncina spirituale. Non è stato accertato se in quell’anno la canzoncina viene anche cantata, ma a conforto di questa tesi viene segnalata la scrivania del santo conservata nella chiesa di S. Anna ai Morti nel centro del paese, dove sono state trovate tracce di appunti che potrebbero aver ispirato il de’ Liguori, il cui testo in buona sostanza viene utilizzato per la predicazione ai pastori della zona[18]. Un’indicazione troppo generica per assumere i caratteri di una solida certezza, ma è servita per rimettere in pista l’originaria tesi di Oreste Gregorio, poi superata dalla rilevanza attribuita a Nola nella diffusione della nenia alfonsiana.
Quella di poter contare su residenze stabili per dispiegare al meglio l’evangelizzazione delle masse rurali non riguarda solo la zona del Tavoliere, che pure con ritardo potrà disporre di un’importante sede a Foggia, ma anche dell’entroterra barese toccato dalla transumanza, quali i territori di Barletta e di Minervino Murge per arrivare fin sotto la cintura di Bari con i centri di Corato, Ruvo, Terlizzi, Molfetta e Bitonto[19]. Anche in questa parte della Puglia il de’ Liguori avrebbe voluto assicurare una presenza stabile della sua Congregazione, ma diversi ostacoli frapposti da parte delle autorità politiche impediscono di ottenere il successo sperato. Non si rivelano sufficienti l’apprezzamento e il sostegno dei vescovi della zona, tra cui quello di Bari, di Trani, di Giovinazzo e di Molfetta per concludere positivamente le trattative aperte a Corato, a Ruvo, a Terlizzi ed in altri centri della zona. Deliceto, unica residenza redentorista pugliese, resta in quel decennio di metà Settecento non solo fondamentale per l’approvazione pontificia della nuova famiglia religiosa, ma anche per il ruolo di supporto logistico fornito alle missioni daune e per la felice posizione geografica in cui è posta finisce per diventare strategica, consentendo ai diversi predicatori redentoristi in transito da Napoli in Puglia (e viceversa) di poter disporre di una sosta per rinfrancarsi dal lungo viaggio. In Puglia le campagne missionarie restano prevalentemente itineranti, sulla falsa riga di quelle sperimentate prima del 1732 da S. Alfonso, quando viene chiamato da neo presbitero dalla Congregazione napoletana delle Apostoliche Missioni per svolgere la predicazione nel Salento (precisamente a Nardò[20]), passando poi nel barese, a Polignano, fino ad arrivare a Foggia. La tappa di Foggia si rivela la più interessante, a considerare soprattutto la strategia missionaria messa in campo negli anni ’40 del secolo, con il rapido moltiplicarsi della presenza redentorista nell’area della Dogana delle Pecore e successivamente in quella dei popolosi centri a nord di Bari, tra cui Terlizzi[21].
- Proprio alcune missioni svolte nel barese nei primi anni Quaranta del Settecento si rivelano come occasioni propizie per incrociare e conoscere altre canzoncine spirituali, tra cui la nenia natalizia della “Pastorella”, una cantata melodica terlizzese, a cui S. Alfonso sembra si sia ispirato per confezionare negli anni successivi la canzoncina “Tu scendi dalle stelle”[22]. La produzione alfonsiana delle cantate spirituali è numericamente abbastanza ampia. A lui sono state attribuite oltre settanta canzoncine, un numero notevole, sperimentate e diffuse nelle diverse missioni popolari. Non si tratta di melodie sempre originali, ma spesso recuperate dalla tradizione locale e adattate nei contenuti per avere un impatto emotivo più immediato sulle plebi rurali. In più di un’occasione sono servite per scuotere le masse dall’indifferenza e per risvegliare l’interesse verso l’evangelizzazione, come documentato a Nola nel 1754, quando lancia per la prima volta la nenia “Tu scendi dalle Stelle” nel volgare napoletano. Sulla paternità di questa cantata gli storici alfonsiani non hanno mai manifestato riserve, anche se il più accreditato studioso musicale dell’Ordine religioso, Paolo Saturno, abbia riconosciuto il grande merito del santo nel recuperare testi più antichi e rimodularli con linguaggi nuovi e con approfondimenti melodici di grande suggestione emotiva. Si è fermato insomma per prudenza sull’attribuzione certa della nenia natalizia, senza però nulla togliere all’inventiva del de’ Liguori in questa particolare materia[23].
La scelta di utilizzare canti religiosi già in uso nei luoghi visitati fa parte della strategia missionaria alfonsiana[24]. L’esplorazione iniziale dei Redentoristi prima di avviare la predicazione con i riti religiosi connessi va in questa direzione, ovvero quella di acquisire testi già noti alla popolazione locale su cui innestare motivi nuovi per renderli ancora più attrattivi. Una volta venuto in possesso di questi canti il de’ Liguori si esercita ad introdurre forme melodiche più suggestive, a partire dalla rielaborazione del testo in contenuti letterari più comprensibili e più pertinenti all’evento celebrato, privilegiando il canto facile e pieno di sentimento, considerato, non a torto, un efficace repertorio pedagogico per l’istruzione e per l’edificazione religiosa delle plebi rurali. Un recupero in definitiva mirato di queste testimonianze corali di antica tradizione per conseguire un successo nel difficile e faticoso lavoro di evangelizzazione. Le novità che soprattutto il santo innesta sulle cantate locali servono per fornire di un significato inedito il patrimonio di religiosità popolare disponibile già in uso, ma ripetuto stancamente e in maniera eccessivamente ripetitiva da rendere le diverse cantate troppo scontate e poco partecipative[25].
Tra le tante canzoncine spirituali recuperate dal de’ Liguori nel suo lungo itinerario missionario non si può escludere che ci sia anche la “Pastorella” di Terlizzi, se ad un primo sommario esame storico-filologico e musicale appare precorrere i motivi e i ritmi che esploderanno nella più fortunata nenia “Tu scendi dalle stelle”[26]. Non si hanno, come già anticipato, notizie documentarie sulla sua presenza di S. Alfonso nella città del barese, ma non si può negare che questo testo sia giunto nelle sue mani presumibilmente nei primi anni quaranta del secolo, in seguito agli incontri avuti con l’arcivescovo di Bari o in altre missioni popolari celebrate nel nord-barese, a completamento di quelle svolte nella vasta area del Tavoliere. Quello che si può con assoluta certezza documentare è che il canto della “Pastorella” è rilanciato negli eventi natalizi proprio in quegli anni che vedono il canonico Felice De Paù alla guida della chiesa locale, prima come vicario generale della diocesi di Giovinazzo e poi anche come vicario capitolare di quella di Terlizzi[27].
La figura del canonico Felice De Paù è fondamentale per il recupero e per la diffusione della nenia natalizia terlizzese. Discendente di una nobile famiglia locale, con alle spalle una solida tradizione nel campo degli studi musicali, di cui il padre Gennaro (1668-1750) si rivela attivo protagonista sia come maestro dell’accademia istituita allo scopo sia anche per aver riscoperto e valorizzato cantate che andavano perdendo vigore. Una di queste è la nenia della “Pastorella” che riceve un’attenzione particolare già nel Natale del 1735 in occasione della “recita in canto con testo poetico e musica” promosso e sostenuto dal sindaco della città Tommaso De Gemmis[28]. Un evento che lascia durature tracce per l’impegno del canonico De Paù nella cura della manifestazione, con l’esordio ex novo di un apposito coro polifonico, con una maggioranza di coristi adolescenti. La cantata della “Pastorella”, pur risalente a tempi “immemorabili”, riceve nell’occasione un impulso nuovo e prospettico, finalizzato a solennizzare anche le novene dei natali degli anni successivi per aver conquistato il gradimento della popolazione locale, ammaliata dal ritmo musicale tipico della “ninna nanna” che le mamme meridionali destinano ai loro bambini per addormentarli[29]. Tenendo viva questa antica canzoncina natalizia il De Paù riesce ad attribuire ad essa un significato identitario collettivamente riconosciuto. La sua autorità religiosa resta indiscussa come pure la sua fama di uomo colto. Almeno fino a quando non viene nominato titolare della sede calabra di Tropea (1751) rimane protagonista della vita cittadina. Una promozione, quella episcopale, che deve non solo alla stima del cardinale Lambertini, poi Papa Benedetto XIV, ma anche all’apprezzamento del sovrano Carlo III, che lo segnala, avendone la facoltà, a ricoprire l’incarico in una diocesi meridionale di patronato regio[30]. Al De Pau non mancano altri titoli da vantare nel suo prestigioso curriculum, essendo addottorato in utroque iure, accademico dell’Arcadia, riconosciuto poeta e compositore musicale, a cui vanno aggiunti quelli istituzionali di vicario generale della diocesi giovinazzese e vicario capitolare della concattedrale terlizzese, incarichi questi ultimi che sono largamente preferiti nella selezione dei vescovi settecenteschi[31]. Dal 1732, quando giovane sacerdote appena ventinovenne assume l’incarico di vicario generale, fino alla fine degli anni quaranta del secolo, ancora saldamente alla guida della chiesa di Terlizzi, resta il punto di riferimento più alto nelle vicende ecclesiastiche e, per certi versi, anche civili, del centro del barese[32]. Non sorprende per questa ragione il successo popolare che ottiene nel rimettere sulla scena una cantata, come la “Pastorella”, che segna in maniera indelebile le novene dei natali di tutti quegli anni e tale da irradiarsi fuori dei confini terlizzesi se anche il de’ Liguori, trovandosi presumibilmente tra le mani quella melodia, decide di adattarla con integrazioni e arricchimenti per utilizzarla nelle sue missioni popolari.
- Ѐ stato accertato che la canzoncina natalizia “Tu scendi dalle stelle” sia posteriore alla “Pastorella” terlizzese, a cui il de’ Liguori si sia potuto ispirare nella prima versione napoletana, composta a Nola nel 1754. Passano alcuni anni perché a questa primitiva esibizione si possa sovrapporre la cantata in volgare fiorentino, la cui traduzione è attribuita sempre allo stesso S. Alfonso. I testi nelle due versioni non subiscono variazioni significative e neppure la partitura musicale si allontana dal ritmo originario, tipico della “ninna nanna”, già sperimentato con successo. Un’analisi comparata dei due testi fornisce ulteriori conferme[33]. Il dialogo amoroso tra un gruppo di pastori e il bambinello rappresentato da Gesù regge l’intera trama del canto. Il de’ Liguori si limita ad introdurre aggiustamenti letterari che per un verso alleggeriscono i contenuti dagli eccessivi riferimenti arcadici e per l’altro valorizzano il ritornello, rendendolo accessibile ai tanti analfabeti, per favorire la loro partecipazione al canto corale. Una revisione mirata che assume alla fine i caratteri di una necessaria innovazione letteraria e, in buona sostanza, di un aggiornamento in linea con i gusti musicali dell’epoca. In estrema sintesi non ci sono rotture tra la “Pastorella” messa in scena dal canonico Felice De Paù e “Tu scendi dalle stelle” attribuito a S. Alfonso. Entrambe le canzoncine segnano una continuità nel testo e nella musica tale da sembrare strettamente legate nel richiamo del fascino natalizio. Lo straordinario successo di “Tu scendi dalle stelle” è dovuto innanzitutto alla rapida divulgazione della cantata, già nell’Ottocento non più riconosciuta come una canzoncina natalizia di origine napoletana. In questo successo non va oscurato il lavoro di adattamento del de’ Liguori, il quale comprende che bisogna in via prioritaria emanciparla dal dialetto partenopeo per renderla nella lingua nazional-popolare, una scelta strategica che, se non anticipa certamente accompagna sul versante del sentimento religioso l’unificazione della penisola. Un merito questo che va oltre il problema dell’attribuzione. Se è corretto segnalare il testo antico su cui poggia la revisione di S. Alfonso, va altresì riconosciuto che quel testo il fondatore dei Redentoristi riesce a sfruttarlo al meglio, manipolandolo a sua discrezione, togliendo il superfluo e aggiungendo quel poco che serve per renderlo melodicamente attrattivo. Il de’ Liguori si spende per rompere il muro dell’indifferenza alzato dalle plebi rurali nei confronti dei processi di evangelizzazione attivati con le missioni popolari. Le sue canzoncine spirituali hanno soprattutto questo obiettivo. Dentro questo quadro di riferimento “Tu scendi dalle stelle” diventa un efficace strumento di catechesi di massa, che apre prospettive nuove alla chiesa nel secolo dei lumi, troppo arroccata a difendere il patrimonio dottrinario sotto i colpi del razionalismo e del laicismo imperante.
Nola e Deliceto sono i luoghi che si contendono la ideazione e la sperimentazione del canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”. In entrambi i luoghi si è accertata la presenza del de’ Liguori e questo può aver favorito a restringere a quell’arco temporale l’emersione definitiva della nenia alfonsiana. Sul prima e sul dopo resta aperta la ricerca. Secondo quanto si può desumere anche dagli studi più recenti Deliceto si porrebbe come luogo dell’ideazione (1744), mentre Nola come luogo della prima esecuzione (1554). Questi riferimenti di natura cronologica hanno sin qui trovato un ampio riscontro e tale da suggerire che l’ispirazione del canto avviene in Puglia e che la diffusione inizia in Campania. In base ad un siffatto approdo storiografico la presenza del de’ Liguori in Puglia negli anni Quaranta del Settecento tornerebbe ineludibile per approfondire questo suggestivo tema e per ritornare ad indagare sull’origine della nenia natalizia. L’ideazione della cantata si incrocia in quel periodo con la “Pastorella” di Terlizzi, il cui rilancio da parte del canonico Felice De Paù appare un elemento significativo e comunque non trascurabile per venire a capo della sua origine. Il de’ Liguori nelle diverse “scorribande” missionarie non può aver ignorato un testo così emotivamente attrattivo. Il suo recupero resta strettamente legato agli stessi obiettivi pastorali perseguiti. La “Pastorella” terlizzese, una volta arrivata nelle sue mani, sarà stata certamente sottoposta ad un inevitabile adattamento, seguendo la sensibilità e i gusti letterari-musicali da tempo maturati dal fondatore dei Redentoristi. Non è neppure da escludere che questa revisione possa essere stata compiuta a Deliceto, unica residenza pugliese della famiglia religiosa, dove S. Alfonso trova frequentemente rifugio per godere della quiete e della concentrazione necessarie per mettere a frutto ii suoi diversi interessi di studio. La tesi riproposta e recentemente sostenuta da Cavalletti acquisterebbe una certa rilevanza solo se letta e spiegata all’interno di questo percorso[34]. Deliceto prima ancora di Nola potrebbe aver favorito la messa a punto del materiale canoro raccolto nei luoghi urbani e rurali pugliesi e perfezionato con inediti e significativi aggiustamenti da spingere ad attribuire in maniera acritica al de’ Liguori la stessa paternità di “Tu scendi dalle stelle”.
Sulla paternità relativa all’autore (o autori) dell’originale
nenia natalizia invece il problema resta aperto e solo nuovi documenti
potrebbero dipanare la questione in maniera definitiva[35].
La contaminazione del testo alfonsiano con altri analoghi pregressi, a
considerare le ricerche fin qui effettuate non ultima quella di Gaetano Valente[36],
risulta difficile da negare. La versione del de’ Liguori appare largamente
inquinata da queste precedenti esperienze, pur non trascurando le novità
introdotte, che in buona sostanza non sono né marginali e né poco
significative. Nella ricostruzione della nenia alfonsiana il dilemma ancora da
sciogliere resta quanto il santo è debitore ad altri e quanto invece è da
attribuire al suo collaudato estro creativo. Relativamente all’inventiva il de’
Liguori non sembra avere limiti, essendo culturalmente molto attrezzato e
fornito di una solida formazione letteraria. Ciò fa ipotizzare che di suo c’è
molto nel brano conosciuto e giunto sino a noi. Sulla parte musicale-melodica
tuttavia permangono dubbi, dovuti al fatto che non si dispone delle partiture
originali per un riscontro a largo raggio. S. Alfonso ha studiato clavicembalo
e può avere acquisito competenze nell’adattamento musicale del testo, ma su
questo terreno non si hanno prove certe sull’autenticità compositiva della
cantata. Un de’ Liguori compositore resta un tema che non ha ancora trovato una
trattazione esaustiva. Secondo il Tannoia il santo ama scrivere e comporre per
dare poi alle stampe i testi delle canzoncine spirituali, preferendo affidarsi
a musiche semplici e popolari e rifiutando i virtuosismi tipici dell’epoca[37].
Non mira a lusingare l’udito, ma a raggiungere l’interiorità, a mettere l’animo
devoto in contatto con Dio, a fare del canto una preghiera alternativa, “una
melodia essenziale restia ad ogni soverchia fioritura melismatica”[38].
Pur conoscendo queste inclinazioni musicali il de’ Liguori non ha mai stampato
la musica delle sue canzoncine, privilegiando l’utilizzazione e l’adattamento
di melodie preesistenti. Anche la nenia “Tu scendi dalle stelle” sembra
destinata a conservare l’impronta melodica tradizionale, quella trasmessa dal
mondo rurale, in questo caso dalle zampogne dei pastori della transumanza, dove
la semplicità dei versi si coniuga con l’orecchiabilità della musica nella
evocazione del mistero divino e l’essenzialità delle parole fanno un tutt’uno
con le vibrazioni affettive del canto[39].
Su questo versante il de’ Liguori non ha voluto alterare le antiche melodie
secentesche, recuperandole nella loro forma autentica e valorizzandole in
maniera prospettica per fornire soprattutto al popolo analfabeta uno strumento di
preghiera capace di contemplare il mistero dell’Incarnazione.
[1] Il titolo originario è “Canzoncina a Gesù Bambino”, stampata a Napoli l’anno successivo (1755) da parte dell’editore Benedetto Gessari: cfr. O. Gregorio, Canzoniere alfonsiano, Studio critico estetico col testo, Angri, Tipografia Contieri, 1933.
[2] P. Saturno, La tradizione musicale alfonsiana, in Aa.Vv., Alfonso Maria de Liguori e la società civile del suo tempo, Atti del Convegno Internazionale per il bicentenario dalla morte del santo 1787-1987, a cura di Pompeo Giannantonio, Firenze, Olschi editore, 1990, II, pp. 557-98.
[3] S. Alfonso non era a digiuno di musica, avendo da giovane per volere del padre studiato clavicembalo, che in età adulta aveva abbandonato per occuparsi a tempo pieno di missioni e poi di governo pastorale nella diocesi di S. Agatadei Goti: cfr. A.M. Tannoia, Della vita e Instituto del Ven. Servo di Dio Alfonso M.a de’Liguori, Vescovo di S. Agata de’ Goti e Fondatore della Congregazione de’ Preti Missionari del SS. Redentore, I, Napoli 1798.
[4] Cfr. G. Valente, S. Alfonso, mons. Felice de Paù e la nenia natalizia “Tu scendi dalle stelle”, in “Rivista di Scienze Religiose”, XIV, 2000, pp. 17-53.
[5] A. M. Tannoia, Della vita, cit.; secondo Oreste Gregorio la stampa della canzoncina natalizia avviene però l’anno successivo: cfr. O. Gregorio, Canzoniere alfonsiano, cit. Il testo napoletano più diffuso con il titolo “Quanno nascette Ninno” ha creato molta confusione, legandolo direttamente al canto “Tu scendi dalle stelle” e incontrando sulla sua strada altre versioni che possono aver oscurato la prima, quella attribuita a S. Alfonso. Secondo il giudizio dello storico redentorista Paolo Saturno la nenia in volgare napoletano conosciuta nella versione teatrale dei nostri tempi è da attribuire al sacerdote Mattia Del Piano che la pubblica nel 1779, ispirandosi ai “concetti spirituali” della produzione musicale alfonsiana, lasciando aperta però sia la paternità del testo sia anche la partitura musicale. Sulla paternità del testo ultimamente è intervenuto AngeloMichele De Spirito che con argomentazioni apodittiche (non considerando la prova della mancata firma decisiva) lo ha attribuito al de Liguori: cfr. Sant’Alfonso e il più antico canto popolare italiano, in “Spicilegium Historicum congregationis SS.mi Redemptoris”, 63, 2015, pp. 225-52, particolarmente pp. 240 sg.
[6] Ivi e P. Saturno, La tradizione musicale alfonsiana, cit.
[7] Si veda G. Orlandi, S. Alfonso Maria de’ Liguori e la Puglia, in “Rivista di Scienze Religiose”, XI, 1997, pp. 331-50.
[8] Ivi. Negli archivi della Congregazione religiosa non si conservano elenchi, diari e altro di simile sulle missioni popolari compiute da S. Alfonso e questo complica enormemente di mappare tutti luoghi pugliesi coinvolti, come pure di segnalare con precisione gli anni di riferimento.
[9] Ivi.
[10] Ivi.
[11] Ivi, p. 337: Tardivamente di questo fatto prodigioso lascia traccia anche lo stesso S. Alfonso nel 1777 con una relazione inviata ai canonici di Foggia.
[12] Cr. A.M. Tannoia, Della vita, cit., vol. I, pp. 59-60.
[13] Ivi. Sulla strategia missionaria si rinvia al documentato lavoro di R. Telleria, Prima S. Alfonsi palestra missionaria: sodalitium neapolitanum Missionum Apostolicarum, in “Spicilegium Historicum Congregationis SS.mi Redemptoris”, 8, 1960, pp. 432 sg. Per la loro applicazione concreta si veda G. Orlandi, La missione popolare redentorista in Italia dal Settecento ai giorni nostri, in “Spicilegium Historicum Congregationis SS.mi Redemptoris”, 33, 1985, pp. 51-141; per le specifiche ricadute nel Mezzogiorno d’Italia si cfr. D. Capone, S. Alfonso missionario con i suoi redentoristi nel Mezzogiorno d’Italia dal 1732 al 1962, Napoli 1987.
[14] Illuminante rimane l’espressione “i pastori son quelli che mi stanno nel cuore” trasmessa in una delle lettere ai suoi collaboratori: cfr. G. Orlandi, S. Alfonso Maria de Liguori e la Puglia, cit., p. 345.
[15] La Puglia all’inizio sembra avara di residenze, ma prospetticamente ricca di santi della famiglia redentorista: cfr. O. Gregorio, Le Puglie: terra fertile di santi liguorini, in “S. Alfonso”, 7, 1936, pp. 3-6; si veda anche S.J. Boland, A Dictionary of the Redemptorist, Roma, 1987, pp. 82-83.
[16] Si veda G.B.M. Cavalletti, A Deliceto come a Betlemme. La grotta che ispirò la pastorale “Tu scendi dalle stelle” (Natale 1744), Foggia, C. Grenzi, 2024, pp. 128.
[17] O. Gregorio, Canzoniere alfonsiano, cit.
[18] G.B.M. Cavalletti, A Deliceto come a Betlemme, cit.
[19] Ivi e A.M. Tannoia, Della vita, cit.
[20] A Nardò certamente il de Liguori si avvicina alla tradizione musicale locale, raccogliendo testi e partiture relative alla celebrazione della notte di Natale, quando nel monastero delle clarisse si cantano nenie accompagnate dalla presenza di zampogne, cornamuse e tamburelli, accanto ad altri generici “sonatori”. Si è potuto documentare che tali canzoncine natalizie sopravvivono all’estinzione, sebbene la fonte più antica conservata nell’archivio delle monache risalga al 1674:
cfr. L. Cosi, Sorella musica. I sacri concerti di S. Chiara di Nardò nella tradizione musicale delle clarisse di Terra d’Otranto, in Aa.Vv., Per Benigno Perrone di Salice, a cura di Luigi De Santis, Lecce, edizioni Orantes, 1997.
[21] A.M. Tannoia, Della vita, cit.
[22] Sulla missione popolare a Terlizzi del 1744, sebbene sia stata più volte segnalata negli studi degli storici redentoristi apparsi sia nel tardo Settecento sia nell’Ottocento, non si hanno riscontri documentari certi negli archivi locali. Per quell’anno è stata accertata la presenza nel barese di S. Alfonso, che tratta con l’arcivescovo di Bari, mons. Muzio Gaeta, l’apertura di una residenza redentorista nel vasto territorio della diocesi senza tuttavia conseguire l’approdo auspicato. Non è da escludere che il fondatore dei padri redentoristi può aver legato questi incontri con la celebrazione di alcune missioni popolari predicate nei paesi circonvicini, senza lasciare traccia nei diari della congregazione oppure che per motivi diversi si è trascurata la relativa trascrizione o anche è andata perduta la documentazione dell’evento.
[23] P. Saturno, La tradizione musicale alfonsiana, cit. Una prudenza che ha incoraggiato Gaetano Valente a sostenere l’ispirazione, non il plagio, fornito dalla “Pastorella” terlizzese nel recupero e riadattamento della nenia natalizia “Tu scendi dalle stelle”: S. Alfonso, mons. Felice de Paù, cit.
[24] Paolo Saturno sottolinea nel suo pregevole lavoro, prima segnalato, l’attitudine del santo “ad adoperare ovvero a sfruttare melodie preesistenti” nel comporre le sue canzoncine spirituali, arrivando a considerare plausibile la tesi del Valente anche nel saggio redatto con Stefania Nanni: cfr. La musica dei poveri. Alfonso Maria de Liguori, in Aa. Vv., La musica dei semplici. L’altra Controriforma, a cura di Stefania Nanni, Roma, Viella, 2012, pp. 271-74. Un’argomentazione che non trova alcuna condivisione da parte di AngeloMichele De Spirito, il quale fornisce altre argomentazioni per attribuire la nenia direttamente al de’Liguori: cfr. S.Alfonso e il più antico canto popolare italiano, cit.
[25] Ivi e soprattutto Le canzoncine spirituali di S. Alfonso, Roma, Valsele Tipografica, 1982.
[26] Su questo tema si rinvia a G. Valente, San Alfonso, mons. Felice de Paù, cit.
[27] Ivi.
[28] Ivi.
[29] Ivi.
[30] M. Spedicato, Tra il Papa e il Re. Le diocesi meridionali alla fine dell’antico regime, Galatina, EdiPan, 2003.
[31] Ivi
[32] G. Valente, S. Alfonso, mons. Felice De Paù, cit.
[33] Ivi. Convincente si presenta sia l’esame storico sia quello filologico-musicale con puntuali raffronti tra i due testi posti all’appendice del saggio.
[34] B.G.M. Cavalletti, A Deliceto come a Betlemme, cit. L’autore, seguendo le indicazioni del primo biografo di S. Alfonso, fissa a Deliceto nel natale del 1744 la prima emersione di “Tu scendi dalle stelle”, un evento corroborato dalla presenza nel casale pugliese del de’ Liguori dal 12 dicembre in poi impegnato nella predicazione della novena natalizia ai pastori della transumanza.
[35] Secondo AngeloMichele De Spirito la mancata firma nei testi delle canzoncine alfonsiane non può essere considerata decisiva per la stessa attribuzione della nenia natalizia “Tu scendi dalle stelle” in quanto il de’ Liguori non suole apporre il suo nome nelle opere a stampa ideate per il popolo e diffuse nelle missioni: cfr. Sant’Alfonso e il più antico canto popolare italiano, cit.
[36] G. Valente, S. Alfonso, mons. Felice de Paù, cit.
[37] A.M. Tannoia, Della vita, cit. “Armonia e non confusione, pausa e non strapazzo -scrive il primo biografo- godendo il santo di un canto sodo e divoto e detestando un canto non proprio e teatrale”.
[38] P. Saturno, La tradizione musicale alfonsiana, cit.
[39] Ivi.